Annalisa Stupenengo (Landi Renzo Group): "Basta con le quote rosa garantite"

- di: Redazione
 

E’ vero che la presenza di donne che ricoprono ruoli apicali è in costante aumento, ma è anche vero che è ormai obsoleto il concetto di ‘quote rosa’, ovvero una percentuale riservata alle donne. Bisogna invece valorizzare la meritocrazia anche per le donne, al netto del ruolo ricoperto. Per Annalisa Stupenengo, Ceo di Landi Renzo Group, sarà così più facile coltivare una delle vere caratteristiche del ruolo della donna, come offrire un punto di vista diverso sullo stesso tema, una prospettiva diversa che può fare la differenza per il business dell’azienda.

Annalisa Stupenengo (Landi Renzo Group): "Basta con le quote rosa garantite"

Ingegner Stupenengo, lei è Amministratore Delegato e Direttore Generale di un importante Gruppo, come “Landi Renzo”. Non sono molte le donne che, in Italia, arrivano a cariche apicali come quelle che lei riveste, eppure sembra che, negli ultimi tempi, qualcosa si stia evolvendo positivamente. Premesso che ‘non è mai abbastanza’, si trova d’accordo con questa affermazione?

Se guardiamo allo scenario globale sicuramente stiamo assistendo a un trend positivo e in crescita, e i numeri lo confermano: oggi la presenza di donne che ricoprono ruoli apicali è in costante aumento, rappresentando un segnale positivo capace di sostenere il cambiamento in atto. Un recente studio condotto a livello globale da McKinsey & Company ha infatti mostrato come negli ultimi otto anni la quota di donne che rivestono cariche C-Level è aumentata al 28%, dal 17% registrato nel 2015 e dal 22% nel 2018. Al contempo, in Italia c’è ancora da lavorare su questo fronte. Affinché il nostro Paese partecipi attivamente a questo slancio positivo, non dobbiamo più ragionare con il concetto delle quote rosa garantite, ma dobbiamo applicare un percorso di reale valorizzazione della meritocrazia anche per le donne, al netto del ruolo ricoperto.

Le risulta che a una donna riesce più facile creare empatia nelle relazioni di lavoro, e nel ‘Team building’? O si tratta di un’immagine stereotipata?

Le donne non sono più empatiche nelle relazioni di lavoro. Casomai vorrei sottolineare come tra le varie caratteristiche, siano in grado di portare un punto di vista diverso sullo stesso tema; in questo senso, introducendo questo tipo di valore aggiunto, contribuiscono a migliorare l’ambiente lavorativo. Si tratta infatti di una prospettiva diversa che può fare la differenza per il business dell’azienda. E’ questo il vero elemento differenziante di noi donne, che va coltivato in modo strutturato e meritocratico per permettere a chi ha le capacità di emergere.

Il tema del “fare squadra” merita invece un approfondimento in più, perché credo sia dove davvero si debba ancora lavorare tanto per promuovere una presenza sempre più ampia nei ruoli apicali e per questo richiede ancor più attenzione.

Devo ammettere che in questo ambito noi donne spesso falliamo, complice sia la difficoltà del vivere le fragilità costruendone la propria forza, sia il fatto che più si sale verso ruoli di alta responsabilità, più sono rarefatte le posizioni libere. Dovremmo imparare a migliorarci in questo e a supportare le nuove generazioni con esempi più motivanti e di sponsoring, anche interno alle aziende.

In che modo la presenza delle donne nei processi decisionali delle aziende si traduce positivamente sui risultati dell’azienda?

Personalmente considero la presenza delle donne in azienda e nei processi decisionali come una realtà di fatto con cui interagiamo quotidianamente e che ovviamente può e deve essere ulteriormente migliorata. In questo senso vorrei sottolineare come le aziende possano ottenere grandi risultati non solo attraverso un coinvolgimento attivo delle donne, ma soprattutto coltivando la diversità in senso allargato; mi riferisco alle religioni, etnie, culture, diverse abilità e che ogni giorno possono contribuire a fare la differenza in ufficio e che ho avuto il privilegio di poter vivere in prima persona durante i molti anni vissuti in tanti diversi paesi ricoprendo ogni volta i ruoli più disparati.

Quali sono, a suo giudizio, gli ostacoli che ancora si frappongono a una vera uguaglianza di genere?

In Italia possiamo sicuramente migliorare ancora molto. Incentivare il diritto alla famiglia non significa negare il diritto lavoro; non ho mai sentito chiedere ad un uomo come intende conciliare entrambi gli ambiti. Inoltre esistono stereotipi quasi ancestrali molto difficili da sradicare… la mamma che sta a casa, il papà che viaggia per lavoro. La recente accelerazione del mercato del lavoro, trainata dalla nascita di nuovi ruoli, ha contribuito a rendere obsoleti certi modelli e devo ammettere che queste dinamiche sono facilitate anche un certo tipo di comunicazione efficace sempre più frequente. A questo proposito mi vengono in mente alcune pubblicità che, anche se promosse da aziende private, un tempo avremmo chiamato “pubblicità progresso” e che oggi rientrano in certi giustissimi obiettivi che le aziende si pongono in ambito di Sostenibilità.

Quali sono i principali key-points per coniugare attività d’impresa con obiettivi di Sostenibilità sociale?

Credo che uno degli elementi chiave della responsabilità sociale d’impresa sia coltivare una cultura aziendale dove gli spazi e i tempi permettano di coniugare lavoro e famiglia. Ogni azienda conosce le proprie caratteristiche e può e deve attrezzarsi al meglio. Un esempio possono essere gli asili aziendali, un modo relativamente semplice di supportare le lavoratrici madri in una delle fasi più complesse, ovvero il momento in cui una donna deve sentirsi nelle condizioni di poter mantenere un livello di competitività elevato senza per questo sentire ridotto o calpestato il proprio spirito materno. In questo senso,  gli asili possono offrire un aiuto non solo da un punto di vista concreto, considerando gli aspetti logistici e organizzativi, ma anche psicologico, contribuendo a una maggiore serenità delle lavoratrici.

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