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Calcio, Haaland travolge l’Italia: 4-1 Norvegia e azzurri ai playoff

- di: Vittorio Massi
 
Calcio, Haaland travolge l’Italia: 4-1 Norvegia e azzurri ai playoff
Haaland travolge l’Italia: 4-1 Norvegia e azzurri ai playoff
San Siro ammutolito, la Norvegia vola al Mondiale e Gattuso ammette: “Dobbiamo chiedere scusa ai tifosi”.
 
(Foto: la delusione per la batosta dell'Italia).

Quattro gol presi in casa, la qualificazione diretta al Mondiale 2026 che sfuma e l’ennesima repesca da affrontare con il fiato corto. A San Siro la serata che doveva rilanciare la nuova Italia di Gennaro Gattuso finisce in un incubo firmato Erling Haaland. La Norvegia ribalta lo 0-1 iniziale, vince 4-1 e stacca il biglietto per gli Stati Uniti, Canada e Messico dopo ventotto anni di assenza dalla Coppa del mondo.

In un Meazza pieno con oltre 70 mila spettatori, gli azzurri partono forte, vanno avanti con Pio Esposito e chiudono il primo tempo tra gli applausi. Ma nella ripresa cambia tutto: pareggio di Antonio Nusa, poi lo show di Haaland con una doppietta in pochi minuti e il sigillo finale di Jørgen Strand Larsen. L’Italia finisce al secondo posto del Gruppo I e dovrà passare ancora dalla porta stretta dei playoff per non mancare il terzo Mondiale consecutivo.

Un primo tempo d’illusione, l’Italia sembra padrona del gioco

La serata inizia come meglio non potrebbe per la Nazionale. Gattuso conferma l’idea di un’Italia aggressiva, schierata con un 3-5-2 molto coraggioso: Donnarumma in porta, difesa con Mancini, Bastoni e Di Lorenzo, corsie affidate a Dimarco e Politano, in mezzo la qualità e i chilometri di Barella, Locatelli e Frattesi. Davanti la coppia nuova di zecca Retegui – Pio Esposito, chiamata a sporcare le linee di passaggio norvegesi e attaccare la profondità.

L’avvio è feroce: l’Italia pressa alta, recupera palloni in zona offensiva, costringe la Norvegia a buttare via molti palloni. L’idea, anche psicologica, è chiara: far capire subito che la squadra di Ståle Solbakken non potrà limitarsi a difendere il vantaggio in classifica. E al 12’ la pressione paga. Su una combinazione veloce a destra, il cross di Politano viene spizzato da Retegui e Pio Esposito si fa trovare pronto in area: controllo e conclusione sotto la traversa, San Siro esplode, l’Italia è 1-0 e sembra davvero crederci.

Per mezz’ora gli azzurri comandano. Barella detta il ritmo, Dimarco trova spesso il fondo, Retegui lotta con i giganti nordici. L’Italia sfiora il raddoppio almeno un paio di volte, mentre la Norvegia si affaccia solo con una conclusione alta di Nusa. I numeri premiano la squadra di casa: più tiri, più possesso, più duelli vinti. Ma, come spesso accade alle Nazionali in difficoltà, dietro la buona prestazione si nasconde una fragilità che emergerà in tutta la sua durezza dopo l’intervallo.

La ripresa ribalta il copione: Nusa accende la rimonta, poi il tornado Haaland

Rientrando dagli spogliatoi si ha subito la sensazione che qualcosa sia cambiato. La Norvegia sposta il baricentro in avanti, alza un pressing più coraggioso, accorcia le distanze tra i reparti. L’Italia, al contrario, abbassa il ritmo e perde pulizia tecnica. È il preludio al ribaltone.

Al 63’ arriva l’episodio che riapre la partita: su una bella azione manovrata dei norvegesi, la palla arriva sul sinistro di Antonio Nusa dentro l’area. Il talento del Club Brugge incrocia sul secondo palo, Donnarumma non ci arriva e il Meazza si ammutolisce: 1-1. Da quel momento l’inerzia è tutta scandinava.

L’Italia non riesce più a risalire il campo con continuità, i cambi non ribaltano la situazione e ogni palla persa diventa una potenziale transizione per gli ospiti. Lì, in campo aperto, entra in scena la stella più attesa. Tra il 78’ e l’80’ Erling Haaland firma una doppietta da centravanti totale: prima attaccando l’area per chiudere, di sinistro, un cross dalla destra, poi approfittando di una difesa scoperta per fulminare Donnarumma ancora una volta.

Con quei due gol il bomber del Manchester City porta a 16 reti il suo bottino nelle qualificazioni e trascina la Norvegia a una campagna perfetta con otto vittorie in otto partite, sei punti sopra l’Italia al traguardo del girone. Nel recupero, il poker di Strand Larsen – bravo a saltare Mancini e battere ancora il portiere azzurro – completa il quadro di una serata che, sul tabellone luminoso, diventa un 4-1 quasi umiliante per la storia della Nazionale.

Norvegia, fine dell’attesa: un Mondiale 28 anni dopo

Per la Norvegia, la notte di Milano è molto più di una semplice partita. Il 4-1 di San Siro certifica il ritorno al Mondiale a ventotto anni dall’ultima partecipazione, Francia 1998. Il gruppo che ruota attorno a Haaland e Martin Ødegaard conferma quanto già fatto intravedere nelle precedenti gare del girone: fisicità, organizzazione, letture tattiche lucide e una struttura pensata per esaltare il proprio centravanti.

Già pochi giorni prima, il netto 4-1 all’Estonia aveva portato i norvegesi a un passo dalla qualificazione, con doppietta di Haaland e di Sorloth e un bilancio complessivo di 36 gol segnati nel gruppo. Contro l’Italia arrivava il sigillo definitivo, con una prestazione che nella ripresa ha assunto i contorni di una dimostrazione di forza.

Dal punto di vista psicologico, il salto è enorme: dopo anni di delusioni e di classificazioni mancate ai grandi tornei, la generazione guidata dal numero 9 del City riesce dove altre avevano fallito. Nel dopo partita, un emozionato Ødegaard – infortunato e fuori dal campo ma presente nel gruppo – ha spiegato in tv quanto contasse questa qualificazione per un Paese rimasto troppo a lungo ai margini del calcio che conta.

“È qualcosa che abbiamo sognato per anni. Abbiamo attraversato momenti difficili, ma abbiamo continuato a crederci e oggi raccogliamo il frutto di un percorso perfetto”, ha raccontato il capitano, sottolineando quanto questa Nazionale sia passata attraverso sconfitte, critiche e cambi generazionali per arrivare al Mondiale con una marcia trionfale.

Italia, terza repesca di fila: una ferita che pesa sulla storia

Se in casa norvegese è festa grande, per l’Italia è il risveglio da un incubo che si ripete. La sconfitta di San Siro non costa “solo” il primo posto nel girone: condanna gli azzurri alla terza repesca consecutiva per qualificarsi al Mondiale. Nel 2018 la Nazionale finì dietro la Spagna e fu eliminata dalla Svezia, nel 2022 chiuse il girone alle spalle della Svizzera e poi scivolò contro la Macedonia del Nord. Ora, con l’ennesimo secondo posto, l’Italia dovrà giocarsi tutto in una nuova lotteria a eliminazione diretta.

Per una Nazionale quattro volte campione del mondo, costretta a guardare in tv Russia 2018 e Qatar 2022, l’idea di un’altra esclusione rappresenterebbe una crisi storica, non solo sportiva. E San Siro ha percepito il peso di questo scenario: i fischi finali non sono stati solo per la prestazione, ma per la paura di rivivere vecchi fantasmi.

Guardando la partita nei dettagli, il quadro parla chiaro. L’Italia mostra un primo tempo di buona qualità, ma nella ripresa si scioglie sul piano atletico e mentale. I cambi non alzano il livello, la squadra non riesce più a gestire i tempi della pressione e si allunga, lasciando metri enormi alle ripartenze norvegesi. L’errore non è solo individuale, è collettivo: distanze, raddoppi, coperture preventive, tutto si sfalda nel momento più caldo.

La sconfitta arriva pochi mesi dopo il ko di Oslo, sempre contro la Norvegia, che aveva già complicato il cammino nel girone. Anche allora gli azzurri avevano sofferto l’impatto fisico e la qualità delle accelerazioni nordiche. Il 4-1 di Milano non è un episodio isolato, ma l’ultimo capitolo di un pattern preoccupante: quando il livello si alza e la partita diventa “vera”, l’Italia fatica a reggere l’urto.

Gattuso si espone: scuse pubbliche e responsabilità

Nel dopo partita Gennaro Gattuso non cerca alibi. Sa che un 4-1 casalingo, in una gara da dentro o fuori per la qualificazione diretta, è un colpo durissimo per l’immagine della Nazionale. In tv e in conferenza stampa il commissario tecnico sceglie una linea molto netta.

“Il 4-1 è un risultato pesante: nel primo tempo abbiamo fatto una grande gara, ma nella ripresa abbiamo smesso di essere squadra. Ai nostri tifosi possiamo solo chiedere scusa”, ammette Gattuso, prendendosi in pieno le responsabilità di una serata da dimenticare.

Il tecnico sottolinea la differenza di fisicità tra le due squadre: la Norvegia schiera diversi giocatori oltre il metro e novanta, domina le seconde palle, sporca ogni duello aereo. Ma allo stesso tempo riconosce che non può bastare come spiegazione. “Dobbiamo trovare in fretta le soluzioni. I playoff non sono un incidente, ma l’unica strada che ci rimane per andare al Mondiale. L’obiettivo è arrivare fino in fondo e prenderci il posto che vogliamo, ma bisogna cambiare passo”, insiste il commissario tecnico.

La sensazione è che, oltre alla parte tattica, si apra un tema mentale: l’Italia sembra portarsi dietro il peso degli ultimi fallimenti mondiali. Il gol del pareggio norvegese non è solo un episodio, è la scintilla che accende paure antiche. E sulle spalle di Gattuso, arrivato dopo il cambio in panchina, pesa adesso la missione più delicata: trasformare una squadra ferita in un gruppo capace di reggere la pressione dentro partite ad eliminazione diretta.

La lezione tattica dei nordici: organizzazione, seconde palle e cinismo

Al netto dell’onda emotiva, Italia–Norvegia racconta anche una sfida di modelli calcistici. Da una parte un’Italia che cerca di tornare protagonista partendo dal gioco, dal pressing alto, dal palleggio aggressivo. Dall’altra una Norvegia che ha imparato a incastonare il talento di Haaland e Nusa dentro una struttura molto chiara: blocco compatto, transizioni rapide, attenzione maniacale sulle palle inattive e sulle seconde palle.

Nel primo tempo il piano azzurro funziona: l’Italia sfonda sugli esterni, trova spesso superiorità numerica e costringe i difensori norvegesi a correre all’indietro. Ma nella ripresa Solbakken corregge l’assetto, alza il pressing sui portatori di palla azzurri e libera più rapidamente Nusa e l’asse che porta a Haaland. Il risultato è una squadra capace di colpire appena si accende la luce del proprio bomber.

La statistica più impressionante non riguarda solo il punteggio di San Siro: con questa vittoria, la Norvegia chiude il girone con otto vittorie su otto, un margine di sei punti sull’Italia e un differenziale reti ampio, alimentato dai tanti gol di Haaland nel corso della campagna. Numeri che raccontano una Nazionale non più “promessa”, ma realtà consolidata.

Per l’Italia il confronto è impietoso ma utile. L’ultimo quarto d’ora del match è un piccolo manifesto delle differenze: mentre gli azzurri cercano di reagire più con nervi che con idee, i norvegesi restano lucidi, scelgono i momenti in cui affondare e chiudono definitivamente la partita con il contropiede che porta al 4-1 di Strand Larsen.

Cosa resta: orgoglio ferito e una strada in salita verso il Mondiale

Quando l’arbitro fischia la fine, San Siro resta sospeso tra fischi, applausi isolati per chi ci ha provato e un silenzio pesante. L’orgoglio è ferito, ma la storia non è finita. La vittoria norvegese manda gli azzurri ai playoff: sarà lì che questa generazione si giocherà tutto, consapevole che un altro fallimento segnerebbe in modo indelebile il calcio italiano.

Gattuso dovrà lavorare su più piani: recuperare energie fisiche, ritrovare certezze tattiche, ma soprattutto liberare la squadra dal peso psicologico degli ultimi anni. Il primo tempo contro la Norvegia dimostra che l’Italia può ancora costruire un’identità credibile; la ripresa, però, racconta che non basta mezz’ora buona per tornare tra le grandi.

Intanto, da Milano a Oslo, le immagini fanno il giro del mondo: da una parte Haaland che festeggia con i compagni sotto il settore norvegese, bandiere rosse che colorano un angolo del Meazza, cori per un ritorno al Mondiale atteso da quasi tre decenni. Dall’altra, volti scuri in maglia azzurra e un Ct che, a testa bassa, pronuncia le parole che il Paese si aspettava.

“Non ci sono scuse. Dobbiamo chiedere scusa ai nostri tifosi, lavorare in silenzio e presentarci ai playoff con un’altra faccia”, conclude Gattuso. La Norvegia vola verso il mondo, l’Italia ha ancora una montagna da scalare.

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