Siria: il grido silenzioso delle madri di Sednaya

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Sednaya non è solo il nome di un carcere. È il simbolo di un’intera nazione che, negli ultimi anni, ha lottato con fantasmi di un passato mai sepolto e di un presente che non lascia scampo. Nel regime di Bashar al-Assad, il carcere di Sednaya rappresenta una sorta di buco nero: una struttura dove si intrecciano segreti di Stato, violazioni dei diritti umani e il destino incerto di migliaia di vite.

Siria: il grido silenzioso delle madri di Sednaya

Le “madri dei fantasmi” – così vengono chiamate le donne che da anni cercano i loro figli scomparsi – sono oggi l’equivalente delle Madri di Plaza de Mayo del Medio Oriente. Come le donne argentine che, sfidando la dittatura militare, marciavano in cerchio reclamando i loro figli desaparecidos, queste madri siriane rappresentano una resistenza silenziosa e implacabile contro l’oppressione del regime. “Non ci fermeremo finché non avremo risposte”, afferma Amal, una delle donne che presidia il piccolo ufficio legale di Damasco dove gli avvocati cercano di ricostruire i frammenti di vite perdute.

Sednaya è l’eco di un regime che ha perso il contatto con il suo popolo, un luogo dove la dignità umana si dissolve dietro porte blindate. Eppure, quelle madri rappresentano la resistenza più pura: un amore capace di sfidare la paura, la repressione, il silenzio.

Ma questo grido si scontra con un’altra realtà, quella geopolitica. Nella comunità internazionale, si tende a mantenere una posizione ambigua. Il conflitto siriano è diventato un groviglio di interessi tra potenze regionali e globali. Le denunce dei diritti umani si perdono nel calcolo strategico, mentre il popolo siriano paga il prezzo più alto.

Le madri di Sednaya continueranno a cercare. Non solo i loro figli, ma anche una verità che nessun regime potrà cancellare. Come le madri argentine, queste donne sanno che il potere può tentare di insabbiare i crimini, ma la memoria collettiva è più forte di qualunque dittatura. “I regimi passano, ma la memoria resta. E un giorno, qualcuno dovrà rispondere per tutto questo dolore.”

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