Siria: sospensione del diritto di asilo, il fragile equilibrio dell’Europa
- di: Cristina Volpe Rinonapoli

L'Italia, insieme a una parte significativa dell’Europa, decide di sospendere le procedure di asilo per i cittadini siriani. La motivazione ufficiale è chiara: la guerra civile è terminata, la situazione in Siria sembra stabilizzarsi, e non ci sono al momento segnali di una nuova crisi migratoria. Ma basta davvero questa giustificazione per comprendere ciò che sta accadendo?
Siria: sospensione del diritto di asilo, il fragile equilibrio dell’Europa
Le dichiarazioni dei ministri Tajani e Piantedosi, pur nella loro rassicurante compostezza, tradiscono un nervosismo palpabile. Il livello di allerta è massimo, spiegano, nonostante si escludano scenari di immigrazione irregolare o terrorismo nell’immediato. È una mossa preventiva, una scelta temporanea per monitorare gli sviluppi. Eppure, le parole tradiscono un altro significato: l'Italia non è sicura di ciò che verrà. Non lo è mai stata, di fronte alla complessità del Medio Oriente.
La Siria di oggi non è in pace, è solo in silenzio. Un silenzio fatto di macerie, di un regime che si è ripreso ciò che resta del Paese, e di potenze regionali che continuano a giocare partite ciniche sulla pelle di un popolo stremato. Israele, con i suoi recenti attacchi aerei e l’avanzata delle truppe, non fa che aggiungere un altro capitolo al lungo conflitto geopolitico che vede la Siria come terreno di battaglia. E mentre l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani denuncia le incursioni, la comunità internazionale resta spettatrice, incapace di articolare una risposta.
In questo scenario, la sospensione delle domande di asilo appare più come un segnale di impotenza che di controllo. L’idea che i profughi possano tornare in Siria è, nella migliore delle ipotesi, una pia illusione. Dove dovrebbero tornare? In città distrutte, in villaggi svuotati, in un Paese dove le milizie e le forze straniere continuano a dettare legge? Parlare di rientri volontari in un contesto simile significa ignorare la realtà sul terreno.
Eppure, c'è un rischio ancora più grande: la scelta di sospendere l’accoglienza rischia di cristallizzare l’idea di un’Europa chiusa, incapace di guardare oltre i suoi confini. Le decisioni condivise con altri Paesi europei sembrano più il risultato di un'ansia collettiva che di una vera strategia comune. L’Europa non sa cosa fare con la Siria, e questa incertezza si traduce in una politica che preferisce non vedere, non sentire, non agire.
Nel frattempo, la Siria resta un puzzle irrisolto. Un Paese che, per alcuni, non è più in guerra, ma che continua a essere teatro di sofferenza e instabilità. Un Paese che, come spesso accade, è il riflesso delle fragilità e delle contraddizioni di chi osserva da lontano, senza mai intervenire davvero. L'illusione della tregua non è altro che una pausa, un filo sottile destinato a spezzarsi al primo colpo di vento. E quando accadrà, saremo ancora qui a parlare di emergenze, di crisi e di soluzioni che non arrivano mai.