Da Shakespeare a Whitehead, le università britanniche stilano la blacklist della letteratura
- di: Barbara Bizzarri
Se avessi la possibilità, sì insomma se fossi un milionario alla Zio Paperone versione pescebaleno mi trasferirei armi e bagagli su un’isola deserta e ogni tanto mi affaccerei a vedere cosa combina il consesso umano per compiacermi, del resto tanta persuasione occulta dovrà pure servire al mio sollazzo. Invece mi tocca stare qui e annotare da tutt’altro punto di vista l’ottusità che ci sovrasta e che a breve farà un sol boccone di tutti noi: dati gli eventi attuali non è detto che sia un dispiacere. L’ultima, ma solo in ordine temporale, dimostrazione di ciò che ci attende arriva dall’Inghilterra dove le università, per proteggere i propri teneri studenti da contenuti ritenuti troppo “impegnativi” ovvero “crudeli” e “violenti” hanno sconsigliato oltre mille opere, secondo un'indagine del Times. I titoli includono alcuni degli autori inglesi più influenti, tra cui William Shakespeare, Geoffrey Chaucer, Jane Austen, Charlotte Brontë, Charles Dickens, Agatha Christie e perfino il romanzo vincitore del Premio Pulitzer 2017 The Underground Railroad di Colson Whitehead, che è stato rimosso definitivamente da una lista di lettura dei corsi presso l'Università dell’Essex per aver descritto la schiavitù.
Le università britanniche stilano la blacklist della letteratura
Agli studenti di letteratura inglese dell’Università di Aberdeen è stato detto che possono rinunciare alle discussioni in un modulo su Geoffrey Chaucer e la scrittura medievale poiché il corso “comporta impegno su argomenti emotivamente gravosi”, quasi che nella vita reale si fosse forniti di avvertenze su quanto ci aspetta. Pretendere di proteggere le persone da idee difficili è utopico se fatto in buona fede, e in malafede parrebbe un tentativo di formare generazioni non soltanto di analfabeti ma anche di potenziali suicidi che non saranno in grado di reggere l’urto di qualsiasi cosa si riveli più impegnativa emotivamente del manuale di istruzioni della lavatrice. Come si può pensare di cancellare il passato descritto nei testi e di ignorare i cambiamenti che sono avvenuti, se non per formare schiere di automi? Ai laudatissimi studenti inglesi resterà da studiare soltanto Barbapapà visto che anche Tom e Jerry se le danno ogni volta di santa ragione con una cattiveria di cui sono capaci soltanto i bambini che, difatti, si divertono moltissimo. Incuranti della violenza oscena che la realtà propina ai suoi protetti tutti i giorni, dalle amene letture davvero splatter reperibili in ogni dove fino ai videogiochi e ai social in cui si dragano minorenni, i blasonati atenei britannici se la prendono con Marlowe & company e raschiano il fondo del ridicolo, anche se ci sarebbe da piangere.
In effetti, perché studiamo la letteratura?, chiederei parafrasando il sempre ottimo professor Keating, per chi ne ha ancora memoria. La risposta, sia per la poesia che per la letteratura è la stessa: “perché siamo membri della razza umana, e la razza umana è piena di passione. La poesia, la bellezza, il romanticismo, l’amore: sono queste le cose che ci tengono in vita”. Se ci tolgono le opere immortali della letteratura è per cancellare il nostro posto nel mondo, dietro uno spesso velo d’ipocrisia che si chiama politicamente corretto. Un uomo privato della sua memoria storica è un essere ridotto alle sue più basilari funzioni biologiche, del tutto sprovvisto dei mezzi e degli strumenti che offre lo studio della letteratura, primi fra tutti la libertà di opinione e soprattutto la capacità di esercitare il pensiero critico. Sir Roger Scruton, professore di filosofia ed estetica, sosteneva che lo studio dell'alta cultura fosse essenziale per una società umana.
Nel suo libro del 2007 Culture Counts, scrisse: “La cultura di una civiltà è l'arte e la letteratura, attraverso le quali risale alla coscienza di se stessa e definisce la sua visione del mondo”. L’alta cultura non è un deposito di informazioni fattuali, quanto piuttosto una fonte di conoscenza emotiva “su cosa fare e come sentire”. Chi possiede una biblioteca non sarà mai solo, dichiarava Cicerone, perché i libri sono gli unici amici che non tradiscono. Cancellare i classici della letteratura dai programmi universitari è vandalismo culturale, anche se le università ormai sono già vandalizzate da tempo. Si narra che Alessandro il Grande dormisse con un coltello e l’Iliade sotto il cuscino, mentre adesso in più atenei ne sconsigliano la lettura. Trova le differenze: unisci i puntini.