Il bilancio, nel quarto anno della sua attività, della prestigiosa Scuola Politica “Vivere nella Comunità”, un’iniziativa unica e gratuita che ha subito lasciato un segno, tanto che oggi ci sono tentativi d’imitazione; la mission di offrire un’opportunità di formazione, politica e culturale, a giovani di talento, puntando su competenza e meritocrazia, mettendo in contatto questi giovani con le migliori figure del nostro Paese, creando quindi un nuovo ceto dirigente. L’importanza della multidisciplinarietà, come la Scuola si finanzia, come si prevede sarà tra dieci anni. Intervista con il Prof. Paolo Boccardelli, Presidente Supervisory Board Scuola di Politica “Vivere nella Comunità” e Direttore centro ricerca Luiss.
Scuola Politica "Vivere nella Comunità": grande successo del progetto formativo di alto livello
Insieme a Pellegrino Capaldo, Sabino Cassese e Marcello Presicci lei ha fondato la prestigiosa Scuola Politica “Vivere nella Comunità”, di cui è in corso il quarto anno di attività. La Scuola è nata dall’idea del Prof. Pellegrino Capaldo di offrire un’opportunità di formazione, politica e culturale, a giovani di talento, puntando su competenza e meritocrazia, mettendo in contatto questi giovani con le migliori figure del nostro Paese. Insomma, preparare un nuovo ceto dirigente capace, moderno, dotato di visioni ampie, con lo spirito dei civil servants. Qual è il bilancio sull’attività della Scuola - rigorosamente apartitica e gratuita - che si può fare finora?
Il bilancio è senza dubbio positivo. La Scuola ha ricevuto nei primi tre anni quasi 1700 richieste di partecipazione. Sono stati formati ad oggi 105 studenti (35 per ogni edizione) e ci apprestiamo a offrire, con l’inizio della quarta edizione, una opportunità di formazione politica e culturale ad altri nuovi 40 giovani di talento. Quest’anno abbiamo ricevuto più di 800 domande, segnale questo del perdurante successo dell’iniziativa e della grande intuizione di progetto formativo capace di rispondere al rinnovato interesse dei giovani verso la cosa pubblica.
La Scuola Politica “Vivere nella Comunità” è e resta un unicum, tuttavia stanno nascendo Scuole di formazione simili alla vostra che cercano di emularvi. Quali sono le ragioni di questa tendenza alla crescita?
Si tratta di una tendenza che si colloca in un contesto caratterizzato, negli ultimi anni, da una crisi dei partiti, da un forte tasso di astensionismo e di sfiducia nei confronti della politica, ma in cui le nuove generazioni mostrano di avvertire l’esigenza di portare un contributo attivo alla società con idee, impegni, progetti innovativi che possano avere un impatto reale e tangibile.
C’è una voglia crescente di partecipazione, di impegno attivo. È la chiave della Scuola Politica e delle altre iniziative analoghe che stanno nascendo, ispirate al concetto di formazione apartitica e multidisciplinare.
Solo un nuovo ceto dirigente capace e competente potrà ridare fiducia nella politica e nelle istituzioni democratiche. Formazione e selezione è il binomio essenziale.
Lei, oltre che docente, nella Scuola è Presidente del Supervisory Board di indirizzo tecnico, scientifico e accademico, al quale spetta la definizione del programma didattico e delle aree tematiche della Scuola. Il board supervisiona inoltre la scelta dei docenti e le collaborazioni con altri enti, fondazioni e istituzioni, sia nazionali che internazionali. Con lei nel Board siedono altri personaggi di altissimo livello come, solo per fare alcuni nomi, Francesco Profumo, Marta Cartabia, Bernardo Giorgio Mattarella, Stefano Lucchini e così via. In genere andate d’accordo o ci sono conflitti?
Tra tutti noi membri del Supervisory Board c’è accordo e comunanza di valori e obiettivi.
Si tratta di un comitato eccezionale di autorevoli figure accademiche, istituzionali e del mondo dell’impresa, accomunati dall’idea di creare un valore per la comunità, puntando sulla forza della competenza e sul servizio allo Stato. Un impegno condiviso nel formare la classe dirigente di domani.
Ciò ci permette di proseguire insieme nel progetto intrapreso a partire dal 2019, tenendo fede all’intuizione e alla mission dei promotori e fondatori, cercando al contempo di individuare ogni anno una serie di proposte innovative, sia per quanto riguarda l’offerta formativa che più in generale l’ampia attività seminariale, di confronto e networking.
Come si finanzia la Scuola, visto che la frequenza - per i giovani che vengono ammessi - è gratuita?
La Scuola si finanzia grazie al contributo della Fondazione Nuovo Millennio e al sostegno delle imprese e delle fondazioni coinvolte come membri fondatori.
Il costo per ogni partecipante viene coperto dalle borse di studio erogate dalle aziende e fondazioni che sostengono il progetto, tra cui Intesa Sanpaolo, Ferrovie dello Stato, Generali, Fondazione CRT, A2A, IREN, Fondazione ANIA, Cassa Depositi e Prestiti, Fondazione Compagnia di San Paolo, Istituto per il Credito Sportivo, Engineering, AIMUW, ANSA, Milano Investment Partners.
Una delle caratteristiche peculiari della Scuola Politica è la multidisciplinarietà, in genere carente nelle Università italiane. Un punto, quello sulla multidisciplinarietà, su cui al momento del lancio della Scuola avete insistito molto.
La Scuola Politica “Vivere nella Comunità” ha deciso sin dalla sua istituzione di proporre un sensibile cambiamento - pur complementare ai percorsi accademici - nei processi di formazione del ceto dirigente, caratterizzati per decenni da una forte specializzazione disciplinare.
I problemi che si presentano oggi sono complessi, destrutturati e interdisciplinari. Non si può prescindere dalla formazione di una classe dirigente in grado di analizzare, comprendere e gestire le grandi sfide odierne e di farlo al servizio delle Istituzioni, del Paese e della nostra comunità. Occorre formare dei civil servant che abbiano non solo comprovate competenze politiche, ma anche manageriali, economiche, civiche, sociali e comunicative.
Lo scopo della Scuola Politica è proprio quello di rafforzare le competenze dei partecipanti, aumentando la capacità di analisi e di comprensione della realtà odierna, fornendo loro gli strumenti per diventare una classe dirigente adeguatamente preparata alle sfide del nostro tempo, al di là dei colori politici.
A tale fine, il percorso formativo offre ai giovani iscritti l’opportunità di approfondire non solo le loro competenze “hard”, ma anche le componenti “soft”, quali l’intelligenza emotiva, il pensiero laterale, l’attenzione al bene comune e l’atteggiamento inclusivo nelle decisioni, imprescindibili per gestire al meglio la cosa pubblica e risolvere i problemi quotidiani della comunità.
Facciamo un salto in avanti. Come immagina sarà - o come spera che sarà - la Scuola Politica “Vivere nella Comunità” tra dieci anni?
Immagino una ampia e consolidata comunità di alumni che metta le loro competenze al servizio del Paese, partecipando alle funzioni istituzionali e alle grandi imprese di interesse strategico. Dopo il percorso formativo ci deve essere la possibilità di impiegare le risorse, affinché queste non siano disperse con la tanto evocata “fuga dei cervelli”.
Mi aspetto poi una comunità aperta, e che la Scuola possa lavorare a rete insieme a tante altre iniziative simili che abbiano la voglia di contribuire alla formazione del futuro ceto dirigente. Il nostro Paese ha bisogno di un’iniziativa più sistemica, in cui siano condivisi i citati valori alla base della Scuola Politica “Vivere nella comunità”, ovvero quelli della competenza e del servizio allo Stato.
Immagino inoltre una Scuola che faccia lavorare la propria comunità, intesa come studenti e docenti, alla produzione di idee e soluzioni per risolvere i problemi dell’agenda del Paese, tra cui la povertà educativa, le differenze tra il nord e il sud, le differenze intergenerazionali. Una comunità capace di sviluppare programmi che siano in grado di generare benessere, inclusione sociale, occupazione, sviluppo economico, e ridurre le disuguaglianze e differenze esistenti.
Mi aspetto infine una Scuola che sia un vero e proprio think thank, un laboratorio di idee e soluzioni da proporre all’attenzione dei partiti, e della politica in generale, affinché possano cogliere spunto da questa elaborazione per poter basare i loro programmi per il futuro e informare l’azione pubblica.