Enzo Peruffo: "Formare menti agili, flessibili e pronte a governare i cambiamenti "
- di: Redazione
Intervista al professor Enzo Peruffo, membro del comitato scientifico della Scuola Politica "Vivere nella Comunità" e Ordinario di Strategie d’impresa presso l’Università Luiss Guido Carli.
Prof. Peruffo, lei è uno dei membri del comitato scientifico della Scuola Politica "Vivere nella Comunità", il prestigioso progetto formativo in cui figurano grandissimi personaggi del nostro Paese come i professori Cassese, Amato, Profumo, Mattarella, Giovannini, Cartabia. Nelle vesti di accademico, Professore di Strategia d’Impresa alla Luiss Business School, cosa significa per Lei essere coinvolto in questa iniziativa?
Da accademico, credo fortemente nelle iniziative di alta formazione in generale e nella loro centralità per il futuro delle nuove generazioni. In qualità di Professore di Strategia, credo che la natura sociale di tutti gli istituti di formazione sia la premessa chiave del ragionamento strategico, per sostenere contemporaneamente la creazione di valore a vari livelli – per il singolo discente, per la classe e per la comunità tutta -. Su questo punto ci ispiriamo sicuramente all’università di Berlino, al cosiddetto “modello Humboldtiano” che vede l’università come comunità, capace di coniugare ricerca e didattica nel nome del progresso della nazione e della selezione della classe dirigente. Il nome della Scuola, “Vivere nella Comunità”, non è casuale. La comunità a cui ci riferiamo è una comunità capace di guardare ben oltre i confini nazionali, globale e interconnessa in cui i paesi cooperano, dialogano e seguono regole uniformi per raggiungere sinergicamente un risultato, affinché il valore del tutto sia sempre maggiore della somma delle sue parti. Le menti che formeremo saranno futuri leader nelle rispettive organizzazioni, che daranno voce a quegli obiettivi orientati verso un mondo di unità. In questo ambito, l’unità è intesa in senso lato alla Dani Rodrik, e può essere considerata come un processo di “disruptive innovation”: per funzionare a ogni livello è necessario vincere il “trilemma” e allineare democrazia, autodeterminazione nazionale e globalizzazione economica.
Il presupposto per garantire il funzionamento di questo modello di unità e comunità è che tutti rispettino le stesse regole e siano in grado di garantire benefici condivisi. Riflettendo le idee di Pellegrino Capaldo, fondatore e presidente della Scuola, e di Marcello Presicci, Segretario Generale, l’obiettivo è di istruire i nostri studenti attraverso la trasmissione di conoscenze, la creazione di nuove competenze e la condivisione di esperienze in un ecosistema egualitario e meritocratico, che possa assicurare la nascita di una classe dirigente proveniente da qualsiasi estrazione sociale.
All’interno della Scuola Politica “Vivere nella Comunità” lei fa parte della Commissione Esaminatrice. Quali sono secondo lei le peculiarità che un giovane deve possedere per prendere parte a questo percorso di studi così strategico?
Il futuro del mondo del lavoro è cambiato e il cambiamento è stato paradigmatico: ha interessato tutti i settori e tutti gli ecosistemi. Curriculum accademici di spicco e referenze lavorative eccellenti sono un punto di partenza. Motivazione e spirito d’iniziativa rappresentano elementi necessari. In linea con l’ultimo report del World Economic Forum, ai giovani che si affacciano oggi sul mondo del lavoro è richiesto un insieme di abilità, conoscenze, attitudini e mindset ben più complessi: menti agili, flessibili e pronte a governare i cambiamenti e le trasformazioni che interessano il mondo; menti che siano capaci di sviluppare un pensiero analitico e critico e di comunicare con un linguaggio comune e condiviso. Rimangono, infine, sempre più centrali la consapevolezza e lo sviluppo delle proprie soft skills. Quando si fa riferimento a tali abilità, mi piace sottolineare la natura di “life skills” perché trasversali e trasformative, nonché necessarie al proprio sviluppo personale e professionale. Nella prima edizione abbiamo incontrato centinaia di candidati altamente validi, e sulla base degli input ricevuti dal Supervisory Board della Scuola presieduto dal prof. Paolo Boccardelli, abbiamo selezionati i migliori 30 profili. Devo riconoscere che è stato un esercizio sfidante vista la qualità delle candidature ricevute. Ancora una volta, le nuove generazioni hanno dimostrato di essere all’altezza del futuro che le aspetta.
Da Professore lei forma centinaia di studenti ogni anno all’interno della Luiss. Quanto è importante al giorno d’oggi la formazione interdisciplinare? Che consigli vorrebbe dare ai giovani che desiderano frequentare un percorso universitario e post-universitario?
La formazione interdisciplinare è la chiave d’integrazione tra competenze e conoscenze in una combinazione bilanciata di modelli teorici e applicazioni pratiche. Oggi le sole relazioni causa-effetto non sono più attuali, e specialmente per una tematica come quella politica, non ci si può limitare a una formazione storica e al paradigma passato-presente-futuro senza estendere le riflessioni ai contesti, alla pluralità di temi e di azioni che li influenzano. Anche la trasmissione delle informazioni è cambiata, saper comunicare e saper ascoltare sono chiavi di lettura che riflettono le esigenze della politica al tempo del digitale: sono necessari degli strumenti di ascolto attivo. L’interdisciplinarità in quest’ottica è la soluzione alle lacune informative ed è l’abilitatore di una nuova esperienza formativa che sia fluida, scorrevole e senza soluzioni di continuità. D’altronde il mondo è in continua evoluzione e l’accademia non ne è esente: il futuro dell’industry dell’Higher Education si avvicina e ha già scardinato alcune prerogative della didattica “tradizionale” che ha visto come protagonisti l’unilateralità e la verticalità. Le offerte formative vanno ridisegnate per andare incontro ai nuovi trend dell’higher education, in termini di personalizzazione della formazione, per rispondere alle esigenze formative di ogni singolo partecipante, di modularità e flessibilità, per riuscire a conciliare gli impegni formativi con le esigenze personali e professionali. Oggi la reale crescita è orizzontale, abbraccia tanti temi e l’interdisciplinarità è la chiave per raggiungerla. Allo stesso modo, sono state abbattute le barriere docente-discente, il docente indossa le vesti di moderatore, la lezione è guidata dagli stessi studenti che alimentano il dialogo in un ambiente di contaminazione reciproca, favorendo momenti di peer- e self-learning. L’apprendimento è immersivo ed esperienziale, e il consiglio che vorrei dare a tutti i giovani, prima di intraprendere nuove avventure formative, è quello di non rifuggire dalla condivisione delle conoscenze e competenze, ma di valorizzare il confronto tra colleghi e con i docenti, per diventare un modello da seguire per le nuove e le vecchie generazioni.
La crisi pandemica che attraversiamo sta alimentando una disruption radicale e tutti siamo chiamati ad adattarci a una “nuova normalità”. Quale crede che sarà il futuro che attende le nuove generazioni, quali saranno i risvolti strategici e di governance post pandemia, anche alla luce del nuovo Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza?
La recente crisi pandemica ha evidenziato la forza dei cambiamenti che ci stanno attraversando e le aree di miglioramento del nostro sistema Paese, ben riassunte nelle sei missioni presentate dal Premier nell’ultimo Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. In primis rivoluzione digitale e transizione green che stanno cambiando i driver di valore delle aziende e degli individui, aprendo nuove opportunità di business in un mondo di sostenibilità e digitalizzazione. Ancora, gli investimenti in infrastrutture, nell'istruzione, nelle politiche del lavoro e in Sanità, tessere di un mosaico che a regime dovrebbe consegnarci una nuova Italia pronta a recitare un ruolo di protagonista in Europa, in collaborazione con gli alleati storici. Il “new normal” è qui e sta trasformando profondamente le agende di leaders e policy makers. Nella nuova normalità ci è richiesto di allontanarci dal comfort e dall’accoglienza dei sempre varcati family patterns, invertire la rotta della path dependency, e intraprendere strade meno battute, a volte controintuitive, con lo sguardo fisso al futuro. E così anche quando parliamo di Strategia, il noto “Competitive Advantage” è oggi rimpiazzato dall’ “Uncertainty Advantage”: la capacità di un’azienda di creare le condizioni di sopravvivenza in un clima di rischio e incertezza, senza tentare di sradicarlo, ma mostrando resilienza e agilità. Se la strategia richiede di trasformare le crisi in opportunità, di anticipare i rischi, di reagire con velocità e produrre valore, anche i sistemi di governo e l’organizzazione sono chiamati a dare il loro contributo: saranno necessari procedure e processi, l’analisi avanzata di dati e analytics a supporto delle decisioni e infine impegno, buonumore e fiducia nel futuro. L’augurio è che l’attuale PNRR possa divenire un successore dell’ERP - Piano Marshall, una precondizione al miracolo economico, in termini di modernizzazione e sviluppo, ma anche di diffusione di una nuova imprenditorialità e integrazione. Con questi obiettivi in mente e con il giusto mindset, tutti saremo attori del futuro. D’altronde De Gasperi ci ha insegnato che “Politica vuol dire realizzare”, e sono certo che le generazioni che formeremo si mostreranno all’altezza di questa promessa.
Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi – ex studente del Prof. Capaldo -, in passato ha suggerito di investire nella formazione dei giovani e di rafforzare le competenze delle future classi dirigenti. È una delle missioni della vostra Scuola Politica. In che modo secondo lei si formano i nuovi “civil servants?”
È noto a tutti che l’Italia è una nazione di contraddizioni, è sempre stata percepita come un paese con un alto potenziale, ma caratterizzata da prestazioni insoddisfacenti; su questo, mi ispiro anche alle riflessioni del Professor Cassese, membro fondatore di questa iniziativa che ci accomuna. Da un lato, abbiamo un numero di laureati molto basso rispetto agli altri Paesi europei e dall’altro i nostri cervelli in fuga sono fortemente apprezzati all’estero, ricoprendo posizioni di grande valore. Abbiamo reti infrastrutturali migliorabili, ma al contempo siamo stati in grado di costruire l’Autostrada del Sole in soli 8 anni.
Queste e tante altre contraddizioni caratterizzano il nostro paese e la classe politica che abbiamo l’ambizione di creare è una classe di “civil servants” che sia preparata all’analisi, alla comprensione e alla risoluzione delle sfide odierne e di quelle che verranno. I civil servants del futuro devono essere uniti nella loro diversità individuale, non avendo paura di guardare oltre, con determinazione, passione e coraggio, verso un mondo caratterizzato da inclusione delle diversità e non da mera integrazione, promuovendo un processo di continuo miglioramento e cambiamento in contenuti, metodi, approcci, strutture e strategie. La passione politica e la passione civile saranno il motore dei civil servants, promuovendo il raggiungimento dell’obiettivo comune di far ripartire il Paese.