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Scioli (Starting Finance): "Abbiamo portato la conoscenza della finanza ai giovani"

- di: Redazione
 
Scioli (Starting Finance): 'Abbiamo portato la conoscenza della finanza ai giovani'

L’intervista racconta il percorso del fondatore di Starting Finance, Marco Scioli, che oggi guida un team di 40 persone e si interroga su come creare un contesto in cui il talento diventi valore collettivo. Starting Finance nasce per avvicinare i giovani alla finanza, rendendola accessibile e concreta, superando la percezione elitaria diffusa in Italia. Il successo del progetto si manifesta in eventi molto partecipati, come l’Investment Meeting, dove formazione e intrattenimento si fondono. Accanto a questo, ha creato anche il Vesta, una squadra di calcio pensata come laboratorio di innovazione. La finanza, sostiene, non è un mezzo per arricchirsi rapidamente, ma uno strumento per costruire. Il suo consiglio ai giovani è di partire dalle passioni, non dai trend.

Scioli (Starting Finance): "Abbiamo portato la conoscenza della finanza ai giovani"

Ha raccontato che a Disneyland, a undici anni, si è posto per la prima volta una domanda economica. Oggi, da imprenditore, qual è la domanda che si fa ogni giorno appena entra in ufficio?
A undici anni mi chiedevo quanti biglietti avesse venduto il ‘signor Disney’. Era un’osservazione semplice, infantile, ma già rivolta a comprendere come funzionano i meccanismi economici.
Oggi, a distanza di anni e con un’azienda vera da guidare, quella domanda si è trasformata. Quando abbiamo lanciato Starting Finance eravamo in due, Edoardo ed io, e facevamo tutto: scrivevamo post, organizzavamo eventi, contattavamo i partner, curavamo il brand. Ogni giorno era una corsa a risolvere problemi pratici: ‘Che contenuto pubblichiamo?’, ‘Come possiamo arrivare a più persone?’, ‘Come organizziamo l’evento di domani?’.
Oggi la mia domanda quotidiana è diversa. Con un team di 40 persone da guidare, mi chiedo: come posso far sì che queste persone lavorino al meglio, che siano motivate, che condividano la visione?
Come costruire un contesto in cui il talento individuale diventi valore collettivo?
Il mio compito è diventato creare cultura, facilitare connessioni, prendere decisioni strategiche. Ma la domanda di fondo è rimasta simile: come facciamo a generare valore, ogni giorno?

L’Italia è tra gli ultimi Paesi in Europa per alfabetizzazione finanziaria. Secondo lei, perché continuiamo a ignorare un problema che riguarda il benessere delle famiglie e l’efficienza del sistema-Paese? È colpa della scuola, della politica o della cultura?
La ragione principale è culturale. In Italia, la finanza è percepita come qualcosa di complicato, distante, quasi elitaria. È vista come una materia ‘da banchieri’, non come uno strumento di cittadinanza.
Eppure ogni nostra scelta - prendere un mutuo, andare a cena fuori, risparmiare o investire - ha una base economica. E ignorarla significa agire inconsapevolmente.
Con Starting Finance abbiamo cercato fin dall’inizio di cambiare questa mentalità. Quando si riesce a far percepire la finanza come qualcosa che riguarda la propria vita, l’interesse nasce spontaneamente. Lo vediamo ogni giorno con la nostra community, che oggi supera i due milioni di persone: c’è una fame silenziosa di conoscenza, che aspetta solo di essere attivata.

Starting Finance è passata dai contenuti sui social a corsi in aula, eventi da migliaia di persone e partnership istituzionali. Ma qual è stata, davvero, la prima scintilla che le ha fatto dire: “qui stiamo rivoluzionando qualcosa”? Ricorda un momento preciso?
Sì, è stato un evento all’università Luiss, ancora prima che Starting Finance fosse un’azienda. Avevamo una piccola community su Facebook e decidemmo di testarla con un incontro dal vivo. Prenotammo un’aula da 30 posti, sperando di riempirla.
Quella sera arrivarono oltre 300 persone. Rimasi senza parole. Capimmo che l’interesse c’era, era vero, tangibile. Capimmo che Starting Finance non era solo un progetto universitario: poteva diventare un’infrastruttura culturale, un mezzo per democratizzare la finanza. Quella giornata ha segnato un prima e un dopo.

Nel 2024 lo Starting Finance Investment Meeting ha portato migliaia di giovani a parlare di finanza con Carlo Cottarelli, Binance, Eni e Consob. Nel 2025 siete pronti a raddoppiare. Che cosa attrae davvero i ragazzi in un evento che un tempo sarebbe stato considerato “da addetti ai lavori”?
L’idea è stata semplice, ma dirompente: rovesciare il format classico. In molti eventi finanziari si respira un’aria chiusa, autoreferenziale. Noi volevamo aprire le porte.
Abbiamo trasformato l’Investment Meeting in una giornata di formazione e intrattenimento, dove i giovani non ascoltano soltanto, ma partecipano. Confronti diretti, sessioni live, giochi, contenuti pratici. Gli sponsor propongono esperienze, non stand noiosi.
E poi i relatori – manager, economisti, imprenditori – si trattengono dopo il palco per dialogare con il pubblico. È questo contatto umano che fa la differenza. Un giovane che partecipa si sente protagonista, parte di una community. Non viene per sentire una lezione, ma per vivere un’esperienza.

Ha fondato anche Ventive e una squadra di calcio ambiziosa, il Vesta. Cosa accomuna una startup fintech e un progetto sportivo? C’è un filo conduttore imprenditoriale o è solo voglia di mettersi alla prova?
Le mie due passioni sono sempre state la finanza e il calcio. Starting Finance è la mia risposta alla prima. Il Vesta è la risposta alla seconda.
La scintilla è nata quando, con Gian Luca Comandini – che oggi guida il progetto operativamente – e Riccardo Carnevale, ci siamo detti: ‘Perché non portiamo nel calcio dilettantistico quello che abbiamo imparato nelle startup?’.
Abbiamo creato una squadra che non è solo una squadra. È un laboratorio di innovazione: campo all’avanguardia, attenzione all’educazione, uso strategico dei social, coinvolgimento delle famiglie. Abbiamo portato la tecnologia anche nei settori giovanili e introdotto percorsi di alfabetizzazione digitale e finanziaria.
Il filo conduttore è sempre lo stesso: innovare per rendere accessibile, creare comunità attorno a un progetto.

Molti giovani si avvicinano oggi al mondo della finanza senza sapere da dove partire: personal finance, trading, private equity, fintech… Cosa consiglierebbe a un ventenne che vuole capire “che tipo di finanza fa per lui”? Conta di più orientarsi sulle proprie attitudini o seguire i trend di mercato? E c’è un errore che vede fare spesso agli esordienti?
L’errore più diffuso è pensare che la finanza sia un modo veloce per fare soldi. È una narrazione fuorviante, alimentata anche dai social. La realtà è diversa: la finanza è uno strumento per costruire, non per scommettere.
Il mio consiglio è: orientati su ciò che ti appassiona davvero. I trend cambiano, ma le attitudini restano. Se ti incuriosisce la finanza personale, inizia da lì. Se ti attira il fintech esplora quel mondo.
Noi lavoriamo con studenti, ma anche con aziende: da Tim a Deloitte, portiamo percorsi di educazione finanziaria anche a manager e dipendenti. E ovunque riscontriamo le stesse domande, le stesse incertezze. La verità è che l’educazione finanziaria è una competenza trasversale, che riguarda tutti. E può essere appresa a qualsiasi età.

Dalla gestione dei contenuti social alla leadership su un team di 40 persone, il suo ruolo è cambiato radicalmente. Quanto è difficile passare dall’essere “dentro l’operatività” al diventare “regista del sistema”? Cosa ha imparato nella transizione da startupper a manager? E quale parte del vecchio lavoro le manca ancora? Alla fine, è più faticoso convincere un investitore o motivare una squadra?
All’inizio eravamo operativi su tutto: Edoardo ed io ci alternavamo tra la scrittura e le grafiche, e ci dividevamo Roma per consegnare le magliette. Era un lavoro artigianale, nel vero senso della parola.
Oggi il mio ruolo è cambiato: sono passato da ‘giocatore’ a ‘allenatore’. Non posso più fare tutto, ma posso far funzionare il sistema. Devo capire chi mettere in campo, come far dialogare i reparti, come far crescere le persone.
Mi manca il contatto quotidiano con la community. Quel confronto diretto era un’energia costante. Ma oggi l’impatto è più grande, e richiede visione, non solo operatività.
Tra convincere un investitore e motivare una squadra, la seconda è più difficile. Un investitore decide su dati e prospettive. Una squadra è fatta di persone, emozioni, dinamiche complesse. E tenerla coesa, motivata, coinvolta ogni giorno è una sfida continua, ma anche la più gratificante.

Bene, saremmo arrivati in fondo: c’è qualcosa che pensa sia rimasto fuori?
Sì, un tema che spesso viene trascurato: il ruolo delle aziende nell’educazione finanziaria.
L’ultima indagine di Banca d’Italia dice che l’87% dei lavoratori italiani vorrebbe ricevere formazione economica sul posto di lavoro. È un segnale enorme.
C’è chi pensa che l’educazione finanziaria riguardi solo la scuola o l’università. Ma anche le aziende possono essere luoghi fondamentali di consapevolezza e benessere. Offrire percorsi di alfabetizzazione economica significa investire nel welfare, nella produttività, nella serenità dei dipendenti.
Che le aziende scelgano Starting Finance o altri partner, poco importa. L’importante è che inizino a fare la loro parte. Perché comprendere come funzionano soldi, investimenti e decisioni economiche non è un privilegio: è un diritto.

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