Le ragioni del successo della più grande università europea e, negli ultimi anni, del suo continuo miglioramento nei ranking internazionali, facendone uno degli atenei più prestigiosi al mondo; le quattro missioni dell’Ateneo; come la Costituzione italiana intende la triade merito, capacità uguaglianza; la spinta su innovazione e ricerca; l’occasione del PNRR; la robusta dimensione internazionale dell’Ateneo; le caratteristiche che fanno di un capo di università un buon capo di università. Faccia a faccia con la Prof.ssa Antonella Polimeni, Magnifica Rettrice di Sapienza Università di Roma.
Sapienza: l’Università più grande d’Europa che scala i ranking
Dati alla mano, Sapienza è la più grande università presente in Europa e i risultati scientifici e didattici raggiunti, insieme alla sua reputazione, la collocano, nei ranking internazionali, tra gli atenei più prestigiosi al mondo. Da qualche anno, poi, questo posizionamento nei ranking internazionali è continuamente migliorato e non di poco. Rettrice Polimeni, quali gli elementi chiave di questo successo e quali scelte strategiche, negli ultimi anni, hanno determinato la decisa crescita nei ranking?
Gli ottimi posizionamenti ottenuti dalla Sapienza nei ranking internazionali sono il risultato di un percorso che parte da lontano. Il nostro Ateneo conta su un capitale umano di assoluta eccellenza, formato da docenti e ricercatori che portano alto il nome dell’Italia nel mondo. La scelta strategica della Sapienza continua a essere quella di valorizzare al meglio le risorse di cui dispone, sia le risorse umane sia il vasto patrimonio culturale e scientifico del quale fanno parte, per esempio, ben 19 musei di grande interesse storico. Il valore aggiunto della nostra università sicuramente è dato anche dalla ricchezza e dalla varietà dell’offerta formativa che garantisce l’interdisciplinarietà dei percorsi di studi. Mi piace segnalare che alla Sapienza le scienze pure si sposano con le scienze umanistiche. Un esempio per tutti è il corso di laurea in Filosofia e Intelligenza artificiale, istituito lo scorso anno, che ha ricevuto un grande interesse da parte degli studenti e che restituisce in maniera plastica le potenzialità della contaminazione interdisciplinare. Ma molti degli oltre trecento corsi che proponiamo afferiscono ad ambiti altamente innovativi o legati al tema della sostenibilità.
Nella sua prolusione in occasione dell’inaugurazione dell’Anno Accademico 2023-2024 (il 721° dalla fondazione), intitolata “La costellazione delle libertà costituzionali come guida all’azione di Sapienza”, è entrata nel dettaglio delle quattro missioni dell’Ateneo. Ce le può sinteticamente descrivere a livello generale?
Le università costituiscono il livello più alto della formazione e aprono al mondo del lavoro qualificato: a loro compete la responsabilità di formare nuove generazioni, che abbiano comprensione piena del valore dei loro gesti in ogni ambito. Esse rappresentano quindi uno spazio privilegiato in cui l’inclusione deve essere praticata, assimilata e messa a frutto. Accanto alla didattica, alla ricerca e al dialogo col territorio - la cosiddetta Terza Missione - questa del rendere concreta l’inclusione e di superare le diseguaglianze si configura come una vera e propria Quarta Missione dell’Università. Non si tratta di una missione autonoma rispetto alle tre precedenti, bensì di una modalità trasversale di impegnare l’Università a rafforzare il nesso causale tra crescita e inclusione, lotta alle disuguaglianze e valorizzazione delle diversità, affinché tutte e tutti possano usufruire di percorsi di realizzazione individuale e di crescita sociale fondati sulla piena accessibilità alla conoscenza e alla cultura.
Le pari opportunità senza distinzione di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali, sancite dall’art. 3 della Costituzione, come espressione del principio di uguaglianza, hanno quindi sì la finalità di valorizzare il merito e le capacità individuali, ma al contempo di garantire il processo di crescita dell’intera collettività.
Innovazione e ricerca, su cui Sapienza spinge molto. Fare un quadro esaustivo è impossibile dato lo spazio a disposizione, ma può fornirci le coordinate dell’impegno su questo fronte e i risultati più significativi finora ottenuti? E per quanto riguarda la ricerca di base?
L’impegno dell’Ateneo per sostenere la ricerca si traduce principalmente nella politica di sostegno ai progetti scientifici portati avanti in tutti gli ambiti e a tutti i livelli, con particolare attenzione alla ricerca di base. Nel triennio 2020-2022, oltre 151 milioni di euro sono stati stanziati per i bandi “Medie e grandi attrezzature scientifiche”, “Grandi scavi”, “Convegni seminari e workshop”, “SEED PNR”, assegni di ricerca e borse di dottorato; spiccano altresì i finanziamenti PNRR M4C2 e PNC Salute, per un totale di circa 192 milioni di euro. Altrettanto rilevanti i bandi che supportano le attività di ricerca e cooperazione internazionali che, nel medesimo triennio, sono stati destinati a progetti per l’incentivazione alla partecipazione ai programmi di ricerca europea e per attività di cooperazione e collaborazione scientifica, per un totale di circa 13 milioni. A luglio il Cda dell’Ateneo ha integrato per circa 4 milioni di euro i finanziamenti per la ricerca scientifica, che si vanno ad aggiungere ai 14 milioni di euro stanziati nell’ultimo anno. Tale incremento consente di implementare il fondo di garanzia per la partecipazione a progetti di ricerca, mentre circa un milione di euro sarà destinato a incrementare le risorse destinate al Bando ricerca scientifica 2023 e ai progetti Horizon Europe.
C’erano molte attese, e anche una tensione molto positiva, nel mondo delle università italiane, circa l’opportunità offerta dai finanziamenti del PNRR. In generale, fino a un anno fa non c’era convegno, non c’era call, non c’era dibattito in cui non ci fosse al centro il PNRR e le sue grandi opportunità, mentre oggi i dibattiti, le call, i convegni e così via sono drammaticamente calati, quasi scomparsi. Non c’è il rischio, restando alle Università italiane, che questa caduta di tensione possa portare a non sfruttare, o a sfruttare molto meno di quanto sarebbe possibile e auspicabile, queste opportunità? Su tale partita Sapienza come è messa?
Sapienza, andando a interpretare lo spirito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, ha avuto il ruolo fondamentale di connettivo, ha coordinato lo sforzo di mettere a sistema competenze, prerogative e opportunità. È nato così il progetto Rome Technopole, un ecosistema di innovazione a carattere regionale creato per alimentare la filiera di ricerca, formazione e innovazione, in sinergia con il mondo imprenditoriale, nell’ambito di tre direttrici tematiche ad alta priorità per il Lazio: la transizione energetica, la transizione digitale e i settori legati al biopharma e alla salute.
Il progetto ha messo insieme diverse realtà: le Università del Lazio, Unindustria, gli enti di ricerca, le diverse realtà del tessuto produttivo, la Regione Lazio e il Comune di Roma. A ottobre, con il via libera di Roma Capitale, è partita anche la realizzazione del primo lotto della sede del polo tecnologico nell’area di Pietralata, per circa 7.500 mq. Il progetto farà da volano per l’intero territorio guidando Roma, e più in generale il Lazio, lungo percorsi di rinnovata capacità competitiva e verso mercati di interesse strategico.
Sapienza ha una robusta dimensione internazionale, con numerosissime collaborazioni e sinergie. Può farci il punto?
Ci confrontiamo quotidianamente con molte università internazionali favorendo la mobilità di docenti e studenti in entrata e in uscita. I numeri parlano chiaro: 1.100 accordi internazionali istituzionali e oltre 600 protocolli esecutivi interdipartimentali o interfacoltà. Sono quasi 2mila gli studenti, provenienti da 87 Paesi diversi, che scelgono la Sapienza come meta per lo svolgimento del programma Erasmus, mentre sono più di 1.500 i nostri studenti che si recano all’estero. Sicuramente l’Italia, e Roma in particolare, sono di forte attrattiva per gli studenti stranieri, grazie alla storia e alla cultura millenaria del nostro Paese.
Quali sono, a suo parere, le doti che fanno di un Rettore o di una Rettrice un buon capo d’ateneo?
Come rettrice della Sapienza cerco di relazionarmi con tutti, dai docenti al personale tecnico-amministrativo, bibliotecario e sanitario, e naturalmente con gli studenti su cui ripongo grandi speranze per lo sviluppo dell’Ateneo. Ho sempre sostenuto che le decisioni sono frutto di un lavoro comune e che l’ascolto e il dialogo debbano essere sempre privilegiati, impegnandosi a ricercare le istanze di sintesi e di integrazione tra le diverse sensibilità e competenze. L’idea è di costruire un luogo di confronto aperto alle nuove sfide e capace di coniugare l’eccellenza con l’accoglienza di una platea enorme di utenti e interlocutori.
In definitiva, perché una studentessa o uno studente dovrebbe scegliere Sapienza? E come immagina e spera che sarà, facendo un balzo in avanti, Sapienza tra dieci anni?
Perché la Sapienza è una grande Università e non solo nei numeri, perché ha sulle spalle oltre 7 secoli di tradizione ma al tempo stesso è un’università moderna e in continua evoluzione. Non a caso il motto della nostra università è: “Il futuro è passato qui”. Tra dieci anni spero che la Sapienza sia ancora più inclusiva e accogliente per tutte le persone della nostra comunità.