Comunicazione, 19° Rapporto Censis: "Per il 68,3% degli utenti con l’IA non sapremo più distinguere il vero dal falso"

- di: Barbara Leone
 

Nell’era biomediatica, alcuni mezzi sono in grado di raccogliere intorno a sé un vasto pubblico e di rispondere alle diverse preferenze ed esigenze comunicative di ciascuno. E’ quanto emerge dall’analisi del sistema dei media che viene proposta nel 19° Rapporto sulla comunicazione presentato del Censis - promosso da Intesa Sanpaolo, Mediaset, Rai, Tv2000 e Windtre -, che è stato presentato ieri a Roma da Giorgio De Rita, Segretario Generale del Censis, e discusso da Deborah Cocco, Head of Institutional Sponsorships di Windtre, Roberta Lucca, Direttore Marketing della Rai, Monica Mondo, conduttrice di Tv2000, Gina Nieri, Consigliere di Amministrazione di Mediaset e Fabrizio Paschina, Responsabile della Direzione Comunicazione e Immagine di Intesa Sanpaolo.

Censis: "Per il 68,3% degli utenti con l’IA non sapremo più distinguere il vero dal falso"

Dal Rapporto si evince innanzitutto il ruolo predominante della televisione: nel 2023 a guardarla è complessivamente il 95,9% degli italiani (+0,8%). La percentuale dell’utenza è la somma di più componenti: la stabilità del numero di telespettatori della tv tradizionale (il digitale terrestre: +0,9% rispetto al 2022), una lieve crescita della tv satellitare (+2,1%), il continuo rialzo della tv via internet (web tv e smart tv passano al 56,1% di utenza, ovvero oltre la metà della popolazione, con un +3,3% in un anno) e il boom della mobile tv, che è passata dall’1,0% di spettatori nel 2007 al 33,6% di oggi (più di un terzo degli italiani). La radio continua a rivelarsi all’avanguardia all’interno dei processi di ibridazione del sistema dei media. Complessivamente, i radioascoltatori sono il 78,9% degli italiani, con una lieve flessione da un anno all’altro (-1,1%). Ma se la radio ascoltata in casa attraverso l’apparecchio tradizionale subisce un piccolo calo passando al 45,6% di utenza (-2,4% rispetto al 2022), l’autoradio si attesta al 69,1%, confermandosi su livelli prepandemici. Per quanto concerne l’ascolto delle trasmissioni radiofoniche via internet con il pc (18,2% degli utenti) e con lo smartphone (24,1%), si registra una crescita importante nel lungo periodo (rispettivamente +10,6% e + 20,5% dal 2007 ad oggi), ma un calo nel breve (rispettivamente -2,2% e -5,0% tra il 2022 e il 2023). Tra il 2022 e il 2023 si registra un consolidamento dell’impiego di internet da parte degli italiani (l’89,1% di utenza, con una differenza positiva di 1,1 punti percentuali), e si evidenzia una sovrapposizione quasi perfetta con quanti utilizzano gli smartphone (l’88,2%) e molto prossima a quanti sono gli utilizzatori di social network (82,0%).

Per i media a stampa, invece, si accentua ulteriormente la crisi ormai storica, a cominciare dai quotidiani cartacei venduti in edicola, che nel 2007 erano letti dal 67,0% degli italiani, ridottisi al 22,0% nel 2023 (con una differenza pari a -3,4% in un anno e a -45,0% in quindici anni). Si registra ancora una limatura dei lettori dei settimanali (-1,7%) e dei mensili (-2,8%). Anche gli utenti dei quotidiani online diminuiscono al 30,5% degli italiani (-2,5% in un anno), mentre sono stabili quanti utilizzano i siti web d’informazione (il 58,1% come già nel 2022, ma cresciuti del 21,6% dal 2011). Nel 2023 si arresta l’emorragia di lettori di libri: gli italiani che leggono libri cartacei sono il 45,8% del totale (+3,1% rispetto allo scorso anno ma -13,6% rispetto al 2007). La ripresa non riguarda i lettori di e-book, che non si sbloccano, rimanendo stabili al 12,7% (-0,6%).

Tra i giovani (14-29 anni) si registra un consolidamento nell’impiego delle piattaforme online. Il 93,0% utilizza WhatsApp, il 79,3% YouTube, il 72,9% Instagram, il 56,5% TikTok. In lieve flessione tra gli under 30, oltre a Facebook (passato dal 51,4% del 2022 al 50,3%), anche Spotify (dal 51,8% al 49,6%) e Twitter (dal 20,1% al 17,2%). Colpisce la discesa di due piattaforme partite bene ma che nel tempo hanno arrestato la loro corsa: Telegram (passato dal 37,2% del 2022 al 26,3%) e Snapchat (dal 23,3% all’11,4%). L’andamento della spesa delle famiglie per i consumi mediatici tra il 2007 (l’ultimo anno prima della grande crisi economica e finanziaria internazionale scoppiata nel 2008) e il 2022 evidenzia come, mentre il valore dei consumi complessivi ha subito una drastica flessione, senza ancora ritornare ai livelli antecedenti il 2008 (ancora -2,3% in termini reali è il bilancio alla fine del 2022), la spesa per l’acquisto di telefoni ed equipaggiamento telefonico ha segnato anno dopo anno un vero e proprio boom, di fatto moltiplicando il valore per più di otto volte in quindici anni (+727,9% nell’intero periodo, per un ammontare che supera gli 8,7 miliardi di euro), quella dedicata all’acquisto di computer, audiovisivi e accessori ha conosciuto un rialzo rilevantissimo (+215,8%), mentre i servizi di telefonia e traffico dati hanno conosciuto un assestamento verso il basso per effetto di un radicale riequilibrio tariffario (-26,9%, per un valore comunque prossimo a 13,6 miliardi di euro sborsati dalle famiglie italiane nell’ultimo anno) e, infine, la spesa per libri e giornali ha subito un vero e proprio crollo: complessivamente -38,2%.

Dell’Intelligenza Artificiale si parla molto, non tanto per i suoi impieghi, quanto per gli effetti che potrà avere nel futuro. Infatti, il 74,0% degli italiani ritiene che i suoi sviluppi siano al momento imprevedibili. In percentuali pressoché analoghe vengono espressi giudizi sia ottimistici che pessimistici sugli effetti che l’Intelligenza Artificiale potrà produrre. Tra gli ottimisti, il 73,2% pensa che le macchine non potranno mai sviluppare una vera forma di intelligenza come gli umani, tra i pessimisti si colloca il 63,9% che teme che sarà la fine dell’empatia umana. Allarmisti anche quanti credono che aumenteranno le notizie non verificabili, di conseguenza non sapremo più distinguere il vero dal falso, con grandi rischi per le democrazie (68,3%) e quanti pensano che sarà la fine della privacy dei cittadini perché saremo tutti controllati dagli algoritmi (66,3%).

L’attenzione al modo in cui deve essere usato il linguaggio per evitare di creare disagio alle persone ha portato alla nascita del politically correct. Il 76,9% della popolazione è favorevole a una regolamentazione del linguaggio dei media quando si parla dell’aspetto fisico delle persone, il 74,0% nel caso di differenze religiose e di genere, il 73,7% quando si tratta di orientamento sessuale, il 72,6% se è coinvolta l’identità di genere, il 72,5% in rapporto alle differenze etniche e culturali. Inoltre, per il 75,8% della popolazione i media non dovrebbero mai usare espressioni che da alcune categorie di persone possono essere ritenute offensive o discriminatorie. Ben diversa la situazione quando si esce dal mondo dei media e si passa alla vita quotidiana: il 69,3% degli italiani risulta infastidito dal fatto che ci sia sempre qualcuno che si offende se si pronuncia qualche frase ritenuta inopportuna.

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