Un attacco aereo israeliano ha colpito un edificio vicino all’ospedale Kamal Adwan, nel nord di Gaza, causando la morte di 50 persone, tra cui cinque medici. Mentre il conflitto si intensifica, le accuse di crimini e intimidazioni coinvolgono anche Sara Netanyahu, moglie del premier israeliano, alimentando una tensione che ormai si estende ben oltre i confini della Striscia.
Raid israeliano vicino a un ospedale a Gaza: 50 morti, tra cui 5 medici
Gaza è ancora una volta il teatro di un massacro. L’ultimo raid israeliano ha colpito un edificio adiacente all’ospedale Kamal Adwan, lasciando dietro di sé cinquanta corpi, tra cui quelli del pediatra Ahmad Samour e del tecnico di laboratorio Israa Abu Zaidah. È un bilancio che parla di vite dedicate alla cura e alla sopravvivenza, spezzate dalla brutalità di un conflitto che sembra non avere più alcun limite morale o geografico.
Le forze israeliane, nel giustificare le loro azioni come parte di un’operazione contro il terrorismo, non fanno che alimentare una spirale di morte e disperazione. Il direttore dell’ospedale ha descritto una situazione al limite: pazienti evacuati nel cortile, contatti persi con il personale rimasto all’interno, e una paura crescente che nulla e nessuno possa essere davvero al sicuro.
Nel frattempo, la tensione esplode anche in Cisgiordania e oltre i confini israeliani. A Jenin, il Primo Tenente delle forze di sicurezza palestinesi, Ibrahim Jumaa Al-Qaddoumi, è stato ucciso durante scontri armati. L’Autorità Nazionale Palestinese si trova schiacciata tra l’accusa di collaborare con Israele e il confronto con le Brigate Jenin, sostenute dalla Jihad Islamica. È un teatro di conflitti interni che si somma alla tragedia di Gaza, alimentando una guerra fratricida sotto gli occhi del mondo.
Non mancano le ombre che si allungano sulla politica israeliana: il procuratore generale chiede l’apertura di un’indagine contro Sara Netanyahu, accusata di interferenze e intimidazioni in un caso di corruzione contro il premier. È un tassello che si aggiunge a un mosaico di instabilità e sospetti che scuotono non solo la regione, ma anche i palazzi del potere di Tel Aviv.
E mentre gli allarmi antimissilistici risuonano in piena notte, come nell’attacco degli Houthi dallo Yemen, si palesa una verità amara: questo conflitto ha ormai assunto proporzioni globali, coinvolgendo alleanze e rivalità che superano i confini del Medio Oriente.
Gaza rimane il simbolo di un’umanità sofferente e abbandonata. Tra le macerie del Kamal Adwan, però, non si leggono solo le storie di vite spezzate, ma anche il silenzio assordante di chi potrebbe agire e sceglie di non farlo. La pace, come sempre, sembra un miraggio in un deserto di violenza e indifferenza.