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Pronto soccorso, organici dimezzati in un ospedale su quattro dal 2026

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Pronto soccorso, organici dimezzati in un ospedale su quattro dal 2026

A partire da gennaio 2026 la rete dei Pronto soccorso italiani entrerà in una fase ancora più critica. Secondo l’indagine della Società Italiana di Medicina d’Emergenza-Urgenza (SIMEU), un PS su quattro avrà meno del 50% dell’organico previsto dagli standard ministeriali. È un dato che, da solo, fotografa la dimensione della fragilità strutturale dell’emergenza ospedaliera: un sistema che assorbe ogni anno oltre 20 milioni di accessi e che, nonostante il peso crescente della domanda, continua a perdere personale.

Pronto soccorso, organici dimezzati in un ospedale su quattro dal 2026

La riduzione degli organici è determinata da pensionamenti non sostituiti, fuga verso il privato, esodo dalle aree più stressanti e carenza di nuovi ingressi nelle scuole di specializzazione. La conseguenza è un aumento del carico individuale e una crescente difficoltà a garantire standard minimi di sicurezza. Con organici dimezzati, spiega SIMEU, il rischio concreto è quello di non riuscire a garantire copertura per i turni critici, soprattutto notturni e festivi.

Il commento di Riccardi: “Servono soluzioni tampone”

Di fronte a uno scenario che appare già compromesso, il presidente Alessandro Riccardi non usa giri di parole: “Si conferma la necessità di ricorrere a soluzioni tampone: prestazioni aggiuntive e reclutamento di professionisti con modalità contrattuali esterne alla dipendenza dal Servizio sanitario nazionale”.
Un ricorso inevitabile, secondo SIMEU, per evitare chiusure temporanee o riduzioni dell’attività, ma che non può essere considerato una risposta strutturale.

L’effetto economico: cresce la spesa per esternalizzazioni
Il rafforzamento dei turni attraverso cooperative, contratti libero-professionali e prestazioni aggiuntive genera un impatto crescente sui bilanci delle aziende sanitarie. Questi strumenti, più costosi rispetto ai contratti dipendenti, sottraggono risorse ad altri capitoli e rischiano di diventare strutturali in assenza di un piano nazionale per l’emergenza.
Le regioni, già alle prese con limiti di spesa e tetti di personale bloccati da anni, devono compensare la riduzione degli organici con interventi che aumentano la spesa corrente, incidono sull’equilibrio finanziario e comprimono la capacità programmatoria.

Una criticità che si intreccia con l’emergenza accessi
La crisi non riguarda solo il personale, ma anche il volume della domanda: il Pronto soccorso rimane la porta d’ingresso principale della sanità pubblica, aggravata da una medicina territoriale ancora incompleta. La combinazione tra organici ridotti e accessi elevati genera un aumento dei tempi di attesa, un peggioramento delle condizioni di lavoro e un fenomeno di burnout sempre più diffuso tra medici e infermieri dell’emergenza.

Rischi operativi nel 2026: tempi più lunghi, sicurezza in bilico
Secondo SIMEU, con organici inferiori al 50% e un flusso costante di accessi, il 2026 potrebbe essere un anno di passaggio particolarmente delicato: i tempi di presa in carico potrebbero allungarsi, aumentare le criticità nei picchi stagionali e diventare più frequenti le situazioni in cui i direttori sanitari sono costretti ad attivare procedure straordinarie per mantenere attivo il servizio.

Un piano nazionale ancora assente
Sul tavolo resta il nodo principale: l’assenza di una strategia di lungo periodo dedicata all’emergenza-urgenza. Le misure tampone – indispensabili nel breve periodo – non sostituiscono un piano che aumenti gli organici strutturali, renda attrattiva la disciplina e permetta alle aziende sanitarie di programmare.
La prospettiva, avverte SIMEU, è quella di un 2026 in cui il Pronto soccorso resterà operativo soprattutto grazie a soluzioni esterne al SSN, con un impatto crescente sui conti pubblici e sul funzionamento quotidiano delle strutture.

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