Anticipazioni, note ufficiali e numeri che fanno discutere: la vigilia della nuova puntata di Report si trasforma in un caso nazionale. Il programma annuncia un’inchiesta sugli smart glasses di Meta; l’Autorità per la protezione dei dati contesta la ricostruzione e invita a non mandare in onda il servizio. Nel mezzo, il nodo cruciale: come si tutelano i dati quando la videocamera è sul nostro volto.
(Foto: il giornalista Sigfrido Ranucci, anima di Report).
Cosa sappiamo finora
Secondo le anticipazioni del programma, il primo modello di occhiali intelligenti sarebbe finito sotto esame per profili di privacy riferiti sia a chi li usa sia a chi viene ripreso. Gli uffici tecnici dell’Autorità avrebbero ipotizzato una maxi-sanzione, poi ridimensionata dal collegio. Un incontro istituzionale avvenuto nell’autunno 2024 tra un componente del Garante e il responsabile per le relazioni di Meta in Italia è indicato come spartiacque temporale, mentre nel racconto emergono percentuali sul fatturato usate per calcolare l’ammenda.
La replica dell’Autorità
La posizione ufficiale è netta: l’inchiesta viene bollata come «destituita di fondamento» e priva di basi giuridiche solide. L’Autorità ribadisce che non si configura alcun danno erariale e che la discussione interna ha riguardato una fattispecie nuova e complessa, affrontata con valutazioni collegiali. Tradotto: nessuna pressione indebita, ma una scelta di merito su una tecnologia in rapida evoluzione.
Le parole di Report
Il conduttore Sigfrido Ranucci respinge l’appello a fermare la puntata e rivendica il perimetro del servizio pubblico: “Siamo di fronte all’ennesimo tentativo di bloccare la messa in onda di un’inchiesta”. E ancora: “Noi raccontiamo fatti e documenti; le ipotesi sul possibile danno erariale sono state formulate da membri dell’Autorità, non da noi”. Il messaggio è all’attacco: l’informazione deve poter verificare come le decisioni vengono prese quando in gioco ci sono multe milionarie e la protezione dei dati di milioni di persone.
Perché gli smart glasses dividono
Gli occhiali con videocamera integrata amplificano il problema della ripresa non consensuale nello spazio pubblico: a essere potenzialmente registrati non sono solo gli utenti, ma chiunque capiti nel campo visivo. I garanti europei da anni chiedono indicatori visivi chiari quando i dispositivi sono in modalità ripresa, limitazione dei dati e minimizzazione delle funzioni che possono profilare terzi inconsapevoli. Per questo le scelte sanzionatorie non sono meri tecnicismi: orientano il mercato e fissano lo standard di accountability.
I numeri al centro del caso
Al di là delle polemiche, la questione ruota su tre snodi: l’ampiezza iniziale della sanzione proposta, il suo dimezzamento (o più) in sede collegiale, e il criterio percentuale adottato per commisurare la multa al giro d’affari. È su questi passaggi che si misurerà la trasparenza del procedimento: quali violazioni erano state ipotizzate? Quali misure correttive o impegni hanno pesato nella valutazione finale? Esistono elementi sopravvenuti che giustifichino il cambio di rotta?
Domande aperte
- By design e by default: quali garanzie tecniche sono oggi pretese per limitare la ripresa di terzi non consenzienti?
- Segnalazione visiva: gli occhiali indicano in modo inequivocabile quando registrano?
- Conservazione e condivisione: dove finiscono i filmati, per quanto tempo, e con quali controlli di accesso?
- Calcolo delle sanzioni: quali parametri, correttivi o attenuanti hanno inciso sul quantum?
Il punto di equilibrio che manca
Tra innovazione e diritti, l’asticella si sposta in fretta. Se le Autorità chiudono troppo, rischiano di soffocare lo sviluppo; se allentano, lasciano zone grigie che l’industria colma a proprio vantaggio. Per questo il caso degli occhiali di Meta diventa un banco di prova: spiegazioni puntuali e documenti accessibili possono raffreddare il clima, mentre silenzio e veti alimentano sospetti e polarizzazione.
La posta in gioco
Non è solo la puntata di una trasmissione. È il precedente regolatorio che può orientare il mercato delle wearable camera e dire se, in Italia, chi innova deve mettere in conto obblighi stringenti e verificabili o se bastano impegni volontari. Qualunque sia l’esito, una cosa è certa: l’opinione pubblica pretende chiarezza. E, quando si parla di occhi elettronici sul mondo reale, la chiarezza è la prima forma di tutela.