Più prestazioni erogate, nuove regole e piattaforme digitali: la premier annuncia il recupero e promette l’abbattimento delle code. Ma la partita si gioca tra misure nazionali e capacità delle Regioni.
A Bari, davanti alla platea del centrodestra, Giorgia Meloni ha scelto un tema sensibile: le liste d’attesa. L’annuncio è secco: “Con i provvedimenti presi, quest’anno il Servizio sanitario ha garantito più prestazioni; se le Regioni collaborano, le code scendono”, ha detto la presidente del Consiglio, rilanciando l’obiettivo di un recupero strutturale a fine anno.
Cosa significa “più prestazioni”
Dietro lo slogan c’è un mix di leve operative. La cornice prevede piattaforme digitali interoperabili per monitorare tempi e priorità, il rafforzamento degli organici e incentivi economici per aumentare l’offerta nelle fasce serali e nei fine settimana. Il nodo è trasformare il recupero da sprint a routine di sistema, evitando che, smaltita l’onda, le liste tornino a gonfiarsi.
Le leve nazionali: personale, orari, trasparenza
Tre gli snodi che fanno la differenza:
- Personale: via i vecchi vincoli che frenavano le assunzioni, con l’obiettivo di stabilizzare il lavoro e ridurre il ricorso a soluzioni tampone.
- Più ore di attività: agenda estesa per diagnostica e visite nei periodi critici, remunerata con regole fiscali più leggere sulla produttività aggiuntiva.
- Trasparenza: una piattaforma nazionale che raccoglie i dati regionali, rende visibili i tempi e consente di spostare il paziente dove l’attesa è minore.
Dove si vince (e dove si inciampa)
Funziona quando i CUP aprono agende dedicate e distinguono i percorsi tra primo accesso e controlli, quando la priorità clinica è rispettata (U, B, D, P) e quando la comunicazione con i cittadini è chiara: si prenota, si viene richiamati, si spostano le prestazioni se un’altra sede libera prima. Si inciampa quando i sistemi informativi non “parlano” tra loro, quando mancano tecnici di radiologia, anestesisti, cardiologi, o quando le strutture non riescono ad ampliare gli orari.
Il test pugliese
Non è un caso che il messaggio arrivi in Puglia. Qui, le aziende sanitarie hanno aggiornato il monitoraggio dei tempi ex ante e pubblicano dataset aperti sui tempi di attesa. L’obiettivo è mettere in fila i colli di bottiglia per diagnostica pesante (risonanze, TAC, ecografie complesse) e specialistica ad alta domanda (oculistica, cardiologia, ortopedia), e spingere sulla presa in carico per i pazienti cronici per evitare prenotazioni duplicate.
La promessa politica
Il messaggio della premier è ambizioso: “L’obiettivo è abbattere le liste d’attesa; la strada è tracciata e i numeri stanno migliorando”. La scommessa, però, non è aritmetica. Perché erogare più prestazioni non basta, se la crescita è assorbita dall’inappropriatezza o da prenotazioni improprie. Serve che le priorità cliniche vengano rispettate e che la cabina di regia nazionale intervenga dove l’inerzia regionale persiste.
Che cosa guardare nei prossimi mesi
- Dati mese per mese: tempi reali per le 43 prestazioni monitorate a livello nazionale e scostamenti rispetto agli standard.
- Personale davvero assunto: quanti medici, infermieri e tecnici in più entrano stabilmente e in quali reparti.
- Orari estesi: numero di sedute aggiuntive effettivamente svolte e impatto sui tempi.
- Smistamento intelligente: quante prestazioni vengono riprenotate in sedi con attesa minore e in che tempi.
Il punto
Se la macchina regge, le code calano davvero: più offerta, migliori processi, trasparenza dei tempi. Se, al contrario, i nodi su organici e tecnologie non si sciolgono, l’annuncio rischia di restare un mezzo traguardo. La differenza la farà la costanza dei numeri, non la retorica dei comizi.