La premier giapponese rompe gli equilibri storici sul nucleare e accende la tensione con la Cina sullo Stretto di Taiwan.
Una mossa di rottura sul fronte della sicurezza
Con una dichiarazione alla commissione Bilancio, la premier Sanae Takaichi (foto) ha aperto alla possibilità di riconsiderare i tre principi non nucleari del Giappone. Una scelta che segna una potenziale svolta nella postura strategica del Paese.
Takaichi ha indicato che quei principi rimangono “orientamento politico”, ma non ha garantito il loro futuro status. Questo intervento arriva mentre Tokyo rivede la propria Strategia di sicurezza nazionale, in un momento in cui l’Asia-Pacifico è attraversata da pressioni crescenti.
Sul fronte Taiwan, la premier ha aggiunto che un eventuale attacco cinese rappresenterebbe una “minaccia alla sopravvivenza”, formula che può autorizzare un coinvolgimento militare giapponese. Una dichiarazione che ha fatto infuriare Pechino.
Il vecchio tabù: cosa sono i tre principi non nucleari
Enunciati nel 1967, i tre principi stabiliscono che il Giappone non debba possedere, produrre né consentire l’introduzione di armi atomiche. Sono considerati la colonna morale della politica di sicurezza nazionale, alla luce delle tragedie di Hiroshima e Nagasaki.
Il Paese, tuttavia, ha sempre contato sul “ombrello nucleare” degli Stati Uniti, una contraddizione che riemerge oggi in un contesto di maggiore instabilità globale.
La discussione non è più teorica: sondaggi recenti mostrano una popolazione più divisa, con una parte che considera necessario un aggiornamento della dottrina.
Takaichi e l’ambiguità strategica
Durante un’audizione alla Camera bassa, Takaichi ha dichiarato: “Non posso stabilire in anticipo come tali principi saranno formulati in futuro”.
Una frase che ha fatto scattare l’allarme: la premier, considerata un’esponente di punta della destra conservatrice, ha più volte criticato in passato la rigidità delle restrizioni sul nucleare.
In un suo libro del 2024, aveva definito “irrealistico” vietare l’introduzione di armi nucleari statunitensi in caso di necessità strategiche. La sua attuale posizione appare dunque in linea con quel pensiero.
Taiwan: frase shock e diplomazia in collisione
Le parole della premier su Taiwan hanno generato una tempesta immediata. Definire un attacco cinese come una minaccia diretta alla sopravvivenza del Giappone significa aprire la porta al coinvolgimento delle Forze di autodifesa, anche in forma militare.
In risposta, la Cina ha convocato l’ambasciatore giapponese a Pechino, accusando Takaichi di interferenza negli affari interni e di voler destabilizzare la regione.
I media ufficiali cinesi sono stati ancora più duri: editoriali hanno accusato Tokyo di tentare di far “rivivere il militarismo bellico”, ripercorrendo “errori della storia”.
Reazioni e timori nella regione
Il mix di nuova assertività su Taiwan e possibile revisione della dottrina nucleare sta ridisegnando la percezione del Giappone nella regione.
Washington osserva con attenzione, mentre Corea del Sud, Russia e Paesi del Sud-est asiatico temono un effetto domino: una potenziale corsa agli armamenti in un’area già calda.
Una società divisa: memoria atomica contro paure attuali
La società giapponese appare spaccata. I movimenti pacifisti e i sopravvissuti alle bombe atomiche difendono con fermezza i tre principi.
Al contrario, una parte dell’opinione pubblica riconosce che il panorama strategico è cambiato e vede nella deterrenza rafforzata una necessità più che un’opzione.
Per Takaichi, la sfida sarà mantenere equilibrio tra un passato che non può essere dimenticato e un futuro che appare sempre più incerto.