Come la rivoluzione digitale ha cambiato gli Affari Istituzionali, l’importanza delle piattaforme e il quadro della situazione su questo aspetto cruciale per la diffusione su larga scala di prodotti e servizi innovativi, la sfida per renderle accessibili tali soluzioni a tutti i cittadini, gli eventuali deficit delle pubbliche amministrazioni a orientarsi bene nella rivoluzione digitale, la situazione italiana rispetto a quella degli altri grandi Paesi europei, il ‘dark side’ della digitalizzazione, l’organizzazione di un’attività strategica come gli Affari Istituzionali in un grande gruppo come Vodafone.
Intervista all’Head of Public Affairs & External Affairs Strategies di Vodafone, Paolo Pinzoni
Dottor Pinzoni, la rivoluzione digitale ha cambiato, rispetto all’era analogica, molte delle carte in tavola in ogni assetto: economico, sociale, culturale e così via. Quali cambiamenti ha portato nel campo degli Affari istituzionali? C’è, in questo campo, un “prima” e un “dopo”?
La digitalizzazione ha impresso enormi cambiamenti nel modo di vivere e lavorare di tutti noi. Nel mondo degli affari istituzionali i cambiamenti sono stati significativi, soprattutto nel modo di interagire con gli stakeholder istituzionali. Da tempo la dematerializzazione dei documenti e la rapidità delle comunicazioni digitali avevano accelerato fortemente la raccolta e la condivisione di informazioni ma, dopo la pandemia, ha trovato ampio spazio anche la remotizzazione degli incontri, sia individuali che pubblici. È sempre più comune oggi ricorrere a incontri virtuali in aggiunta o alternativa a quelli fisici. Ciò chiaramente rappresenta un ulteriore fattore di efficienza. Il risvolto della medaglia è che può comportare qualche maggiore difficoltà nella costruzione di un rapporto solido ed empatico con l’interlocutore, oltre a un minor tempo disponibile per adeguate riflessioni su questioni complesse che meriterebbero maggiore approfondimento.
Più volte, in tema di transizione digitale, lei si è soffermato sull’importanza della connettività come fattore abilitante e delle piattaforme, affermando che “mettono in circolo il valore della trasformazione digitale e sono l’elemento fondamentale della diffusione su larga scala di prodotti e servizi innovativi”. Qual è ad oggi lo stato dell’arte per, ad esempio, realizzare una sanità più accessibile, un’agricoltura più sostenibile, una mobilità più sicura?
Negli ultimi anni il continuo calo dei prezzi ha contribuito a diffondere la percezione secondo cui la connettività rappresenti un bene a cui non riconoscere un adeguato valore economico. Oggi la connettività è un bene primario al pari di luce, gas e acqua ed è essenziale per la vita personale e professionale di tutti noi. Un’ulteriore conferma arriva dal ruolo svolto dalla connettività in ambiti che hanno un impatto diretto sulla vita delle persone: ad esempio nella sanità digitale, dove Vodafone mette a disposizione la sua tecnologia e piattaforme per sostenere la digitalizzazione degli ospedali, la telemedicina, visite mediche virtuali al servizio dell’esperienza e della salute dei pazienti. Oppure basti pensare alle soluzioni volte ad efficientare le produzioni agricole in tempi di cambiamento climatico, in cui i servizi di risparmio idrico e di smart agricolture aiutano ad abbattere i costi e a rendere il settore più sostenibile. Oppure, ancora, allo sviluppo di soluzioni tecnologiche in ambito smart cities a favore di cittadini, imprese e pubblica amministrazione, per migliorare e rendere più sicuri ed efficienti ambiti come i servizi alla persona, la mobilità e i trasporti, l’energia e la sicurezza. Non sto parlando di soluzioni futuribili, ma di servizi già sul mercato che stanno registrando una diffusione sempre più rapida.
Talvolta si ha l’impressione che, mentre le aziende ‘volano’ sfornando innovazioni su innovazioni, le pubbliche amministrazioni restino indietro e anche i decisori politici non riescano ad orientarsi bene nel nuovo e tumultuoso mondo digitale. È solo un’impressione o è una realtà?
Dal nostro osservatorio, e grazie ai nostri dialoghi costanti con le pubbliche amministrazioni, credo di poter dire che si tratta solo di un’impressione. Registriamo un forte e crescente interesse per la digitalizzazione e le sue potenzialità, accelerato anche dai fondi stanziati dal PNRR. La sfida non è facile, soprattutto a causa del gap di competenze digitali che molte amministrazioni scontano. Il percorso di cambiamento sembra però ben indirizzato e ciò trova conferma nei dati riportati dall’indice DESI, che ci mostra come l’utilizzo di servizi pubblici digitali abbia registrato una crescita considerevole (+10% in tre anni dal 2020 al 2022).
Nella transizione digitale come è messa l’Italia rispetto ai grandi Paesi europei? Il gap che aveva il nostro Paese si sta riducendo o no?
Pur registrando progressi in termini di diffusione dei servizi a banda larga e di realizzazione della rete, l’indice DESI colloca l’Italia al 18esimo posto su 27 Stati membri dell’Ue. Nonostante l’importanza strategica delle reti di comunicazione per la digitalizzazione del Paese, il settore delle TLC italiano sconta una crescente e duratura fase di contrazione, in gran parte imputabile alla guerra dei prezzi che, insieme al pagamento della maxi rata per le frequenze del 5G (circa 4,5 miliardi di euro), ha impoverito il settore, riducendone i ricavi e i margini. La fase di forte instabilità che attraversano le telecomunicazioni da tempo ha compromesso la capacità di realizzare gli investimenti necessari per lo sviluppo delle infrastrutture, in particolare per la realizzazione delle reti di nuova generazione. Per ripartire è necessario aumentare la sostenibilità economica per gli operatori e fermare la spirale di decrescita. Per recuperare posizioni rispetto agli altri Paesi europei nell’ambito della transizione digitale, l’Italia deve rimettere al centro questo settore così strategico attraverso politiche di rilancio coraggiosi e lungimiranti.
Le Relazioni istituzionali, e più in generale le Relazioni esterne, rappresentano un elemento strategico dell’attività di un’Azienda o di un Gruppo. Come questo settore che lei guida è organizzato in un grande Gruppo come Vodafone?
Credo che per ogni impresa sia importante mantenere sempre aperto un canale di ascolto e dialogo con l’esterno. Ciò chiaramente vale ancor di più per aziende che operano in settori molto regolamentati come quello delle telecomunicazioni. Per Vodafone l’ascolto e il dialogo con l’esterno sono gli strumenti per contribuire a fornire servizi che contribuiscono a migliorare la vita delle persone. Come azienda europea e globale abbiamo diversi livelli di rappresentanza di interessi che garantiscono la continuità di un dialogo a livello internazionale e nazionale. Per questo le relazioni istituzionali sono collocate in una più ampia Direzione, che comprende le direzioni di affari regolamentari, ICT security e Security Operations, proprio per garantire il miglior impatto possibile dell’azione esterna di Vodafone.
Qualche consiglio a un giovane che vuole lavorare nelle Relazioni Istituzionali. Quali studi, quali attitudini, quali esperienze privilegiare?
La passione per il mondo istituzionale e per il contesto politico è la chiave per intraprendere una carriera nel nostro settore. Il lavoro è molto peculiare e diverso da un’attività lavorativa di stampo tradizionale perché segue scadenze ed eventi che dipendono dall’esterno e sono difficilmente pianificabili. Per questo le caratteristiche ideali sono una grande flessibilità e duttilità, unite ad altre ‘soft skills’, come capacità comunicative, empatia e sensibilità, insieme a competenze specifiche e formazione che possono spaziare da materie umanistiche a conoscenze giuridiche ed economiche. Probabilmente condizionato dalla mia esperienza passata, ritengo anche di particolare importanza l’aver mosso qualche passo nelle istituzioni prima di arrivare in azienda. Vivere il mondo politico-istituzionale in modo diretto aiuta, infatti, a comprenderne le dinamiche e il linguaggio, permettendo di calarsi appieno dei panni dell’interlocutore.