Patuelli (ABI): "Il macigno che pesa sull'Italia è il debito pubblico"

- di: Redazione
 
Antonio Patuelli ha ricevuto il Premio per aver ridato slancio e centralità all’Associazione Bancaria Italiana (ABI), tutelando gli interessi degli istituti bancari, ma inquadrandoli sempre nell’interesse generale del Paese, senza derive corporative. Per aver contribuito a gestire il riassetto del mondo bancario italiano e la ricapitalizzazione degli istituti di credito in momenti molto difficili, con il risultato che oggi le banche italiane sono di gran lunga più solide. Infine, per aver affrontato la grande trasformazione del mondo del credito, e i suoi impatti sulle competenze e sull’occupazione, con grande apertura.

Patuelli (ABI): "Il macigno che pesa sull'Italia è il debito pubblico"

Il rapido aumento dei tassi di interesse ha creato non pochi problemi ai conti dello Stato, con un maggiore esborso per il pagamento del servizio del debito pubblico. Presidente, in una recente intervista lei ha chiesto un tetto al debito pubblico: come considera la manovra del Governo?
Il debito  pubblico italiano sta crescendo  ininterrottamente dal 1967 e, di conseguenza, bisogna fissare un tetto. Da molti anni il dibattito è incentrato sul rapporto fra debito e Pil, fra deficit e Pil: è un parametro importantissimo, fondamentale, ma gli interessi si pagano sulla cifra assoluta, non sulla percentuale rispetto al Pil. Quindi bisogna trovare il modo per bloccare questa crescita all’infinito, scelta che auspico: porterebbe una ulteriore credibilità sui mercati internazionali all’Italia e ridurrebbe anche lo spread. Il tasso BCE è il secondo più alto in un ventennio di storia dell’Euro, ma tutto sommato è meno alto del tasso  di sconto della Gran Bretagna e degli Stati Uniti d’America, per non parlare di altre zone del mondo, a cominciare dal Sud America. Però l’inflazione incomincia ad arretrare, quindi le prospettive dei grandi esperti di finanza internazionale indicano che, nei prossimi mesi, non ci dovrebbero essere altri aumenti in Europa del tasso di sconto. Alla fine del secondo semestre del 2024 potrebbe verificarsi perfino l’inizio di una riduzione. 

Che impatto ha avuto finora il rincaro del costo del denaro sui crediti deteriorati delle banche?
Cosa si prevede su tale fronte se i tassi BCE resteranno elevati a lungo o se, come è possibile, dovessero ancora aumentare?  Il rischio della crescita dei crediti deteriorati c’è, è un rischio reale sul quale Andrea Enria, Presidente della Vigilanza unica della BCE, aveva anticipato dei moniti già da diversi mesi. Le banche operanti in Italia sono emerse da un decennio di difficoltà, affinando molto  le proprie tecniche, anche con la severità delle norme inserite nel secondo decennio di questo nuovo millennio dalla BCE. Il rischio sussiste, però viene gestito con la grande potenza e le regole severe della BCE, prudenza delle banche commerciali, regole severe comunitarie, e quindi non ci dovrebbe essere una esplosione come quella che abbiamo visto 7-8 anni fa, però la tendenza è la crescita delle difficoltà, anche se più graduale.

Molte associazioni di categoria lamentano una stretta del credito in concomitanza con la crescita del costo del denaro. Secondo queste associazioni, il credito sarebbe anche meno accessibile, soprattutto per le Pmi. È così? 
Quando aumentano i prestiti, famiglie e imprese si indebitano di più, quindi l’indicatore non è  di trionfalismo, non è che quando le persone e le  imprese  si  indebitano,  siamo tutti contenti che  l’indebitamento  generale  cresca.  E se  l’indebitamento  generale non  cresce, non  dobbiamo fare dei  funerali.  Negli anni passati c’è stata una forte capacità delle imprese, soprattutto al termine della pandemia e nel 2021, anno del grande rimbalzo, ma con un trascinamento positivo anche nel 2022, di accantonare le proprie riserve di liquidità. È chiaro che, nel momento in cui il denaro costa, le imprese, prima di chiederlo in prestito, utilizzano il proprio. D’altra parte, le famiglie sono abituate a mutui a tasso fisso  a costi infimi e conseguentemente  sono  più attente, sono più guardinghe nel comprare casa, leggono i giornali, vedono che fra un paio di semestri i tassi dovrebbero incominciare a scendere e quindi non corrono a fare acquisti e a stipulare mutui. Dobbiamo osservare il quadro nell’oggettività, non nel semplicismo degli indicatori.
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