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Ornella Vanoni, l’ultimo applauso alla signora della musica

- di: Marta Giannoni
 
Ornella Vanoni, l’ultimo applauso alla signora della musica

Dalle canzoni della mala a “Che tempo che fa”, il viaggio libero e irriverente di una voce che ha attraversato settant’anni di Italia, senza mai smettere di reinventarsi.

(Foto: Ornella Vanoni quando ha ricevuto la laurea honoris causa).

Ornella Vanoni è morta nella sua casa di Milano nella tarda serata di ieri, venerdì 21 novembre a 91 anni, per un arresto cardiocircolatorio. I soccorritori del 118 sono arrivati quando la cantante si era già spenta, poco prima delle 23. Finisce così, in una notte qualunque di Milano, la vita di una delle interpreti più riconoscibili e amate della musica italiana, capace di attraversare più di sette decenni di storia con una voce che sembrava farsi ogni anno più ruvida, ironica, vera.

Nata nel capoluogo lombardo il 22 settembre 1934, cresciuta in una famiglia agiata, figlia di un industriale farmaceutico, Vanoni ha fatto della sua milanesità – un po’ snob, un po’ sarcastica, profondamente sentimentale – un marchio di fabbrica. Negli ultimi anni scherzava spesso sulla morte, con una leggerezza disarmante. Per il suo novantunesimo compleanno aveva rivendicato il diritto a restare indomabile e, poche settimane prima di morire, ospite in televisione, ironizzava perfino sulle bare “da regalare alle coetanee”, trasformando l’argomento più cupo in una battuta di spirito.

La ragazza di Brera e il Piccolo Teatro

La storia di Ornella Vanoni comincia davvero al Piccolo Teatro di Milano, quando, nei primi anni Cinquanta, si iscrive all’Accademia d’arte drammatica fondata da Giorgio Strehler. È lì che si forma, da attrice prima che da cantante: impara il tempo scenico, l’ascolto, la misura delle pause. Strehler la vuole con sé, la dirige, la sprona, la ama. Tra palco e vita privata nasce un legame intenso, tormentato, che segnerà per sempre il suo sguardo sul teatro e sull’arte.

Fuori dalle prove, Ornella è la ragazza che passeggia a Brera, quartiere destinato a diventare il suo baricentro affettivo: passo deciso, sguardo fiero, sigaretta tra le dita, una naturale eleganza che non ha bisogno di etichette. Proprio dal teatro nasce la trasformazione che la porterà verso la musica: le “canzoni della mala”, brani ispirati al mondo della malavita milanese, che porta sul palco con un’intensità quasi teatrale. Quei pezzi poetico-drammatici, ruvidi e lirici insieme, la trasformano in un’icona anomala nel panorama della canzone italiana del dopoguerra.

Gino Paoli, gli amori sbagliati e la libertà di pagare il prezzo

Nel 1960 entra nella sua vita Gino Paoli. È un incontro che cambia tutto: l’arte, i dischi, la biografia. Nasce un amore travolgente, pieno di strappi, ma anche una collaborazione artistica destinata a lasciare un segno. Da quel rapporto e da quell’entourage nascono brani che faranno la storia: “Senza fine”, “La musica è finita”, “Domani è un altro giorno”, “Una ragione di più”. L’intreccio fra vita privata e canzone diventa il tratto distintivo di una narrativa musicale che parla d’amore senza censurare le ferite.

Paoli resterà per sempre l’amore simbolo, quello di cui Ornella parlerà fino alla fine con una lucidità quasi feroce, ricordando la passione, ma anche gli sbagli e i silenzi. Nel 1985 i due tornano insieme sul palco per la tournée “Vanoni–Paoli Insieme”, che riempie teatri e palasport e diventa un doppio album live entrato di diritto nella storia della musica italiana.

Nello stesso periodo, però, Ornella compie una scelta che lei stessa definirà un errore: sposa l’impresario teatrale Lucio Ardenzi, dal quale avrà il figlio Cristiano. Il matrimonio naufraga in pochi anni. Con la sua brutalità onesta, Vanoni racconterà spesso quanto quella decisione fosse in contrasto con ciò che provava davvero. L’idea di fondo resta la stessa, anche a distanza di decenni: meglio pagare il prezzo della verità che vivere una vita addomesticata.

Sanremo, i successi e l’arte di scandalizzare senza volgarità

Tra anni Sessanta e Settanta Ornella Vanoni entra stabilmente nel pantheon della canzone italiana. Partecipa a più edizioni del Festival di Sanremo, conquista posizioni di vertice con brani come “La musica è finita”, “Casa bianca”, “Eternità”, e nel 1999, con “Alberi”, riceve un premio speciale alla carriera. Intanto l’elenco dei successi si allunga: “Tristezza”, “Dettagli”, le reinterpretazioni dei classici brasiliani, “La voglia la pazzia l’incoscienza l’allegria”, ma soprattutto “L’appuntamento”, che nel 2004 trova una seconda giovinezza come colonna sonora cinematografica, portando la sua voce anche a un pubblico internazionale.

Vanoni è una delle poche artiste capaci di giocare con la propria immagine senza banalizzarla. Nel 1977 posa nuda per l’edizione italiana di Playboy, che dirige per un periodo, e chiede in cambio non denaro, ma una scultura di Arnaldo Pomodoro. È un gesto che racconta bene la sua natura: usare il corpo e il carisma, ma sempre all’interno di una visione estetica e culturale precisa, mai ridotta a semplice provocazione.

Cinquant’anni di palco, Duomo pieno e premi Tenco

Il 2008 è l’anno dei cinquant’anni di carriera. Esce l’album “Più di me”, una raccolta di duetti con colleghi e amici – da Mina a Eros Ramazzotti, dai Pooh a Jovanotti, da Lucio Dalla a Gianni Morandi – che rilancia il suo repertorio presso il pubblico più giovane e ottiene un grande successo commerciale. Il giorno dopo la pubblicazione, Milano le rende omaggio con un concerto in piazza Duomo davanti a una folla oceanica, in cui la città riconosce ufficialmente in lei una delle sue voci-simbolo.

Nel corso della sua vita Vanoni riceve più volte il riconoscimento del Club Tenco: è l’unica donna e la prima artista italiana a vincere due Premi Tenco, ai quali si aggiungono una Targa Tenco e, nel 2022, un “Premio Tenco Speciale” creato appositamente per lei. È la consacrazione definitiva della sua statura nel mondo della canzone d’autore, spesso restio a riconoscere alle interpreti femminili la stessa autorevolezza riservata ai cantautori.

Negli anni Duemila e Duemilaventi Ornella non si limita a celebrare il passato: incide nuovi dischi, reinventa vecchi brani in chiave jazz, partecipa a progetti collettivi e iniziative benefiche. In più occasioni sceglie di mettere la propria voce al servizio di campagne sociali, dimostrando che la militanza, per lei, resta una parola concreta e non un semplice vezzo da intervista.

L’ultima stagione: Caracalla, la tv e l’ironia sulla morte

L’ultima stagione della sua vita è tutt’altro che un crepuscolo. Il 7 giugno 2024 tiene un concerto speciale alle Terme di Caracalla, a Roma: quasi un’ora e mezza di musica, ospiti come Fiorella Mannoia, Malika Ayane, Drusilla Foer, Ditonellapiaga e Mario Lavezzi, e un pubblico che si alza in piedi per applaudirla mentre chiude lo show con “Sapore di sale”. È la dimostrazione che, anche oltre gli ottant’anni, Ornella Vanoni resta una presenza scenica potentissima.

In televisione diventa presenza ricorrente nel talk “Che tempo che fa”. Ogni sua apparizione è un piccolo evento: racconti di vita, frecciate politicamente scorrette, riflessioni sulla vecchiaia, sulla solitudine, sull’amore. Il pubblico più giovane la scopre così, attraverso clip condivise sui social, e la elegge a simbolo di una terza età che rifiuta di farsi zittire.

Proprio in tv Ornella torna spesso sul tema della fine. In una delle ultime interviste, con il suo tono inconfondibile, sintetizza il proprio pensiero con una frase che sembra un testamento laico: “Sono una donna libera, non mi sono mai lasciata imbrigliare da niente e da nessuno, e ho pagato tutto con gli interessi.” È il riassunto perfetto di una vita vissuta senza sconti.

Milano, la politica e le battaglie di una diva irregolare

Se la musica è il centro, la vita di Ornella Vanoni non si esaurisce nel repertorio discografico. Nel corso degli anni dichiara più volte la propria simpatia per una certa tradizione socialista del dopoguerra e non esita a esporsi su temi civili e politici. Nel 2011 accetta di candidarsi al consiglio comunale di Milano in una lista civica, un’esperienza breve ma significativa: ancora una volta sceglie di non restare spettatrice.

Accanto alla politica c’è il rapporto duraturo con il mondo della moda e dell’arte: amica e musa di stilisti come Gianni Versace e Giorgio Armani, vicina a figure come Arnaldo Pomodoro, Vanoni è un ponte tra canzone, teatro, design e costume italiano del Novecento. La sua immagine, con i capelli ricci, le spalle nude, gli abiti sartoriali, diventa parte dell’iconografia del Made in Italy nel mondo.

Un funerale semplice e le ceneri in mare

Secondo i primi racconti diffusi dopo la sua morte, Ornella Vanoni avrebbe espresso il desiderio di un funerale sobrio, della cremazione e della dispersione delle ceneri in mare. Una scelta coerente con il suo carattere: niente trionfi di Stato, poche formalità, uno sguardo ironico anche sul proprio congedo. È l’ultimo gesto di libertà di una donna che ha sempre detestato la retorica.

Un’eredità che non finisce

Che cosa resta oggi di Ornella Vanoni? Resta, innanzitutto, la voce: un timbro riconoscibile in una nota, capace di mescolare malinconia e ironia, rigore e sensualità. Resta un repertorio che attraversa la storia della musica italiana, dalle canzoni della mala alla bossa nova, dal pop d’autore alle sperimentazioni jazz. Le sue canzoni continuano a raccontare l’amore quando morde e quando consola, a mettere in musica la fragilità senza trasformarla in lamento.

Resta anche l’immagine di una donna che ha osato sbagliare in pubblico, parlare di amori finiti, di depressione, di solitudine, di politica, senza rifugiarsi nel mito della diva inavvicinabile. Per molte artiste più giovani, Vanoni è stata – ed è – un modello di autenticità, un esempio di come si possa essere sofisticate senza rinunciare alla verità di ciò che si è.

Infine, resta la consapevolezza che, in fondo, Ornella Vanoni non se ne va davvero. Le sue canzoni, da “Senza fine” a “L’appuntamento”, continueranno a girare in radio, nelle playlist digitali, nei film, nelle serate tra amici. È la forma più concreta di immortalità che la musica conosca. E forse è proprio questo il suo ultimo regalo: ricordarci che sì, la vita è fragilissima, ma una canzone – se è fatta bene – può andare davvero oltre il tempo.

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