Roberto Olivi (BMW Italia): "Sarà la letteratura a salvare il marketing"

- di: Redazione
 
Le dinamiche del nuovo ecosistema della comunicazione, le loro potenzialità ma anche i loro rischi, l’assoluta necessità di essere aperti e per questo l’importanza della lettura dei libri, lo storytelling come comunicatore di emozioni da gestire con cura, la convinzione che sarà la letteratura e salvare il marketing e molto altro ancora. Intervista a Roberto Olivi, Direttore Relazioni Istituzionali e Comunicazione di BMW Italia S.p.A.

Intervista a Roberto Olivi, Direttore Relazioni Istituzionali e Comunicazione di BMW Italia

Dottor Olivi, lei nel 2018 ha pubblicato il libro ‘La comunicazione è un posto dove ci piove dentro - Perché i libri salveranno il marketing’ (Editore La Nave di Teseo). A proposito ha affermato: ‘In uno scenario guidato da Internet, email, sms e WhatsApp molto spesso ho l’impressione che ci stiamo dimenticando di una cosa: sono tutti mezzi, non contenuti. Quando vedo comunicati stampa scritti male, siti incomprensibili ed email sgrammaticate, penso che ci sia qualcosa di sbagliato e di irrimediabilmente distorto’. Sarà la letteratura a salvare il marketing?
Io penso che la letteratura offra una opportunità unica: quella di vivere molte vite allo stesso tempo e di poter acquisire conoscenze e competenze che non potremmo mai accumulare in un’unica esistenza. In un mondo che diventa sempre più complesso, dove fisico e digitale si mescolano sempre di più, è necessario trovare dei punti fermi, delle stelle polari capaci di aiutarci a creare una mappa in grado di guidarci e di indirizzarci. Pensiamo a quello che Luciano Floridi intende con “on life” e con l’esperienza che ognuno di noi vive quotidianamente, dove l’io reale diventa una specie di tutt’uno con quello digitale che abita nei social e online tanto da generare un altro universo, il “Metaverso”, dove si muove in parallelo ma senza una effettiva distinzione dell’identità. Non è facile non perdersi in uno scenario così complesso e mutevole. E sicuramente la pandemia ha aggiunto ulteriori elementi di frammentazione e discontinuità con quello che era il nostro vissuto precedente. In tutto questo io credo che la lettura e la capacità di ascoltare e di approfondire sia tornata centrale. Oggi dobbiamo essere in grado di “surfare” leggeri sulla superficie per avere la possibilità di guardare lontano e vedere cosa accade intorno a noi. Ma la differenza la fa chi riesce a scendere in profondità ed offrire una prospettiva diversa. La letteratura ci aiuta a fare questo.

Sempre a proposito di libri, dice spesso che ‘sono la sua passione’. Cosa legge in particolare? Ha detto anche che ‘leggere libri è fondamentale per essere aperti’ e che ‘essere aperti è fondamentale’ per il mestiere che svolge. Cosa significa in concreto per lei ‘essere aperti’?
Leggo di tutto. Romanzi, saggi, gialli, fumetti. Ovviamente anche molti giornali e riviste. Il mio libro preferito in assoluto sono le “Lezioni americane” di Italo Calvino. Un testo incredibile, senza tempo. Essere aperti significa avere la capacità di esplorare nuovi sentieri, essere curiosi di conoscere le persone, di cercare la diversità come elemento di arricchimento e di crescita.

L’ecosistema della comunicazione sta attraversando un mutamento profondo, caratterizzato sempre più dalla necessità di quella che viene definita ‘comunicazione integrata’. Qual è il suo concetto di ‘comunicazione integrata’? Quali le opportunità e i rischi? E come è cambiata e sta cambiando la professionalità richiesta a un comunicatore nell’era della digitalizzazione sempre più spinta?
La comunicazione oggi non è comunicazione se non è integrata. E quando parlo di integrazione non intendo soltanto a livello di mezzi da utilizzare. Questo è scontato. L’integrazione vera è quella che nasce a livello strategico all’interno dell’azienda, coinvolgendo in primis tutti gli stakeholder del processo. Per essere efficace verso l’esterno la narrazione di una strategia, di un’attività o di un prodotto deve avere radici salde all’interno. Deve scaturire da un progetto a più mani che assorba e trasmetta l’identità del brand o dell’azienda. Che entusiasmi per primi i collaboratori e poi si proietti all’esterno, sfruttando tutte le piattaforme a disposizione da quelle classiche (conferenze, comunicati, campagne di adv) a quelle più moderne (i profili social dei collaboratori). Ovviamente questo approccio può richiedere più tempo all’inizio, ma le potenzialità sono straordinarie. In tutto ciò, il comunicatore ha un compito fondamentale: disegna la mappa, unendo i puntini indicati da tutti coloro che partecipano al processo.

Collegandoci alla domanda precedente, molti esperti del settore affermano che, nel nuovo ecosistema della comunicazione, i brand hanno bisogno di uscire dalla loro ‘comfort zone’ per andare incontro al pubblico. A suo parere, cosa significa - o dovrebbe significare - tutto ciò in concreto in termini di strategie comunicative, di linguaggio, di approccio?
Noi come azienda sin dall’inizio della pandemia abbiamo riportato al centro l’uomo. Noi giorni più duri del 2020 abbiamo fatto un passo indietro e abbiamo lasciato parlare per noi il nostro brand ambassador Alessandro Zanardi. Da lì è iniziato il nostro nuovo approccio che va alla ricerca di un nuovo umanesimo, che cerca il contatto diretto con le persone tanto che a Milano in pieno centro abbiamo recentemente aperto The House of BMW, un luogo di incontro e di confronto. Una casa appunto.

Più nello specifico, come è cambiata e sta cambiando con l’avanzare della digitalizzazione la comunicazione dell’automobile?
La nostra è cambiata con coerenza e fedeltà ai nostri valori. La metafora di questa evoluzione sta nella trasformazione del Logo BMW: dalla ferma solidità e consistenza, ad un nuovo logo inspirato dalla voglia di adattarsi e amalgamarsi con il mercato di riferimento. Rinunciando ad un approccio ideologico e mettendo in gioco le qualità di comunicazione per entrare in sintonia con i nuovi scenari di mercato, adattandosi senza mai snaturarsi e perdere le certezze. Il messaggio oggi deve davvero essere personalizzato e individuale e questo nasce dal dialogo e dal confronto, dalla voglia di stabilire relazioni con passione, emozione ed entusiasmo.

Elemento chiave della comunicazione è la reputation. Come si conquista, e come si mantiene, nel nuovo ecosistema comunicativo? E qual è l’atteggiamento che un comunicatore deve tenere quando esce una notizia che, potenzialmente, mina la reputation dell’azienda o dell’Istituzione per cui lavora?
Noi in Italia siamo molto attenti da sempre al tema della reputazione e lavoriamo da anni con RepTrack per monitorare e analizzare il nostro posizionamento sul mercato. Nel corso dell’ultimo decennio siamo sempre stati nella top ten tra le aziende con un indice che ci colloca su un livello di eccellenza. Anche lo scorso anno abbiamo ottenuto risultati di altissimo profilo che nascono da un approccio integrato dove tutti i driver contribuiscono: prodotti e servizi, citizenship, workplace, leadership, governance, innovazione. Oggi solo chi ha una reputazione eccellente sta sul mercato da protagonista. È altrettanto evidente che mantenere una reputazione eccellente è una grande sfida e una grande responsabilità. Ma se costruisci una reputazione forte, una notizia negativa può essere affrontata con un approccio diverso perché gli stakeholer ti concedono il beneficio del dubbio e ti danno la possibilità di replica, fidandosi di te.

Durante la fase più acuta della pandemia da Covid-19 la comunicazione di BMW Italia non si è mai interrotta e ha scelto di spingere su valori ed emozioni, dando un messaggio di speranza per superare una fase così difficile. Siamo al tema dello storytelling e lei ha affermato che ‘il tema dello storytelling guida il mondo della comunicazione negli ultimi anni’. Ma fare un buon storytelling non è facile. Quali sono le sue coordinate di base in materia?

Lo storytelling per funzionare deve essere vero. La narrazione, oggi, non può prescindere da elementi di ancoraggio alla realtà. Gli stakeholder sono attentissimi alle storie e percepiscono immediatamente se il racconto non è coerente con i valori della marca o dell’azienda. E le nuove generazioni lo sono ancora di più. Sbagliare può significare non soltanto perdere business, ma danneggiare la reputazione.

Ha dichiarato in un’intervista che ‘BMW ti permette di fare tante cose nella comunicazione’ grazie a una gamma sterminata rivolta un po’ a tutte le fasce, di età e non solo. Che significa di preciso ‘tante cose’?
Io lavoro in BMW da vent’anni ormai. Ho avuto l’opportunità di fare il lancio della MINI nel 2001, poi di occuparmi di marketing e successivamente di corporate communication per il Gruppo. Ogni giorno è un’esperienza intensa e un’emozione, perché posso immergermi in mondi molto diversi: quello dell’inclusione sociale con il nostro progetto di CSR SpecialMente, quello del prodotto, quello dell’innovazione, quello dell’arte e della cultura. Ho il privilegio e l’opportunità di passare dalla nuova BMW iX elettrica a Leonardo da Vinci, da Lucca Comics al Teatro alla Scala. E ogni giorno imparo qualcosa di nuovo e incontro persone straordinarie.

È Direttore sia della Comunicazione che delle Relazioni istituzionali di BMW Italia. La comunicazione di per sé si rivolge a platee ampie, potenzialmente a tutti, mentre le relazioni istituzionali hanno di per sé la caratteristica di essere personali e puntiformi, sebbene a rete. Si sente, visto che ha entrambe le responsabilità, una sorta di Giano Bifronte o vede anche delle sinergie tra i due mondi?
Non c’è contraddizione o contrapposizione perché al centro ci sono sempre le persone, le relazioni e lo storytelling. Ritorna il tema dell’umanesimo e della professionalità. Oggi più che mai, anche nel dialogo istituzionale, sono fondamentali.

Una comunicazione inclusiva rispetta tutti i suoi destinatari. Però, a volte il dialogo tra emittente e destinatario risulta a favore del primo, che cerca di imporre il proprio punto di vista senza valutare peculiarità ed esigenze dell’interlocutore. Cosa rappresenta per lei il concetto di ‘inclusivity’ e come renderlo concreto nel campo della comunicazione?

Suggerisco a tutti un’esperienza straordinaria che io ho la fortuna e il privilegio di fare attraverso le attività del nostro programma di responsabilità sociale d’impresa. Quello di passare una giornata con le ragazze e i ragazzi di progetti come la Scuola di sci per disabili di Salice d’Ulzio o gli atleti della boccia paralimpica. Ti danno una lezione di linguaggio inclusivo straordinaria e ti insegnano che l’inclusione comincia proprio dal corretto utilizzo delle parole. Ecco perché la letteratura salverà molto più del marketing. Ci aiuterà a creare un mondo migliore. Tutti insieme.
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