Sabato, quando ancora il ''liberi tutti'' non è realtà, a Roma (destra estrema) ed a Milano (Gilet arancioni) ci sono state due manifestazioni, non autorizzate, in cui nemmeno tantissime persone (poche decine) si sono riunite, molte senza mascherina ed urlando (e quindi, presumibilmente, sparando schizzetti di saliva sui vicini) a sostegno di tesi, in materia di lotta al Covid-19 e ai suoi effetti, contro i vertici dello Stato.
Lo spunto è stata la crisi da Coronavirus sulla cui genesi (soprattutto a Milano) sono state sparate fesserie che - cito due personaggi di Antonio Albanese - Alex Drastico e Cetto Laqualunque avrebbero etichettato come ''minchiate''.
Le manifestazioni, sebbene sotto lo stretto controllo delle forze dell'ordine, hanno potuto svolgersi quasi senza alcuna azione di contrasto o contenimento e questo, proprio questo, deve lasciare perplessi. Perché in un Paese che vive blindato (nei due sensi: dall'esterno e dall'interno); in cui da mesi la gente si fa carico del rispetto di misure fortemente limitative delle libertà personali; in cui famiglie hanno sopportato con cristiana rassegnazione separazioni che talvolta, dolorosamente, non hanno consentito di accompagnare i propri morti al cimitero o in chiesa.
Ancora, in un Paese in cui è stato vietato di passeggiare lungo le spiagge, di camminare - nel caso di fidanzati, coniugi, amici - vicini, ponendo almeno in un metro il minimo di distanziamento sociale; dove per andare a comprare i pannolini o gli omogeneizzati per i bimbi, i generi alimentari necessari le persone sono state costrette a mettersi in fila per ore, con la bocca serrata da mascherine, per osservare alla lettere gli ''inviti''; dove decine di esercizi commerciali non sopravviveranno alla crisi perché i divieti sono stati tali, tanti e di estremo rigore che la gente ha anche perso l'abitudine di andare nel negozio sotto casa per comprare una bottiglia di latte.
Ecco, in questo Paese strano, strambo, surreale, strabico, nonostante questi divieti, ad un triste signore in giacca arancione è stato consentito di raccogliere accanto a se alcune decine di scalmanati, uniti solo dalle urla e dalle accuse, senza che le forze dell'ordine siano intervenute, con la necessaria determinazione, per sciogliere la manifestazione.
Il signore in questione si chiama Antonio Pappalardo, generale dei carabinieri in congedo (ovvero, oggi è un civile) ed ex sottosegretario (costretto, per un problema giudiziario, alle dimissioni dopo due settimane dal giuramento) che nutre il suo ego ponendosi alla guida di tutti i possibili movimenti di protesta e finendo sulle pagine di cronaca per episodi che è poco definire sconcertanti. Come quando, nel 2016, davanti a Montecitorio con alcuni dei suoi sodali, cerco di ''arrestare'' l'onorevole forzista Osvaldo Napoli che si limitò a sorridere consapevole dell'assurdità di quella situazione e certamente condizionato dalla sua estrema educazione, nota a tutti.
Tacendo della sua intenzione (dicembre 2017) di arrestare il presidente della Repubblica per usurpazione di potere politico, rivolgendosi poi a Mattarella - da siciliano a siciliano - per esprimergli il suo disappunto per non avere ricevuto nemmeno una telefonata dal Quirinale.
Ora è arrivato forse il momento di chiedersi se cose del genere possano essere ancora accettate, come se facessero parte del Dna del nostro Paese. Possiamo veramente pensare che lasciare a chicchessia qualsiasi la facoltà di minacciare i rappresentanti delle nostre Istituzioni sia una dimostrazione di democrazia? Se un comune cittadino andasse davanti ad uno dei luoghi simbolo del nostro sistema politico bloccando un deputato o un senatore, ma anche un semplice funzionario o l'ultimo degli inservienti dichiarandolo in stato di arresto per farneticanti accuse, state certi che nel giro di pochi minuti verrebbe fermato e, in seguito, o arrestato (violenza privata, tentato sequestro di persona, le prime due ipotesi d'accusa che vengono alla mente) o mandato al Tso (il trattamento riservato a chi soffre di problemi psichiatrici). Non è accaduto nulla. Antonio Pappalardo ha continuato nei suoi tentativi di affermazione politica, con risultati non entusiasmanti, pur ritenendo sempre di essere l'unico in grado di salvare la Patria.