Fondi UE, Mattarella: "Dal Governo risposte veloci e concrete"
- di: Diego Minuti
Quando, nel corso di un incontro di routine, come se ne fanno quando c'è alle porte un appuntamento politico importante, soprattutto in sede comunitaria, si ''apprende'' - come usano dire i quirinalisti - che è emersa la ''necessità di dare risposte concrete e in tempi rapidi all’impiego dei fondi europei per la ripresa economica dopo l’emergenza sanitaria'' c'è poco da interpretare. Significa soltanto che il presidente della Repubblica ritiene che da parte del Governo occorre una risposta quanto più rapida ed efficace possibile in ordine a come si intende utilizzare i fondi che arriveranno da Bruxelles per aiutare la nostra economia ad uscire dalla crisi determinata dall'emergenza sanitaria.
Verrebbe da dire che Sergio Mattarella, l'uomo grigio - viene da sorridere pensando che lo è definito così - che centellina le sue sortite, che crede in un ruolo di garante e non da 'player' della politica italiana, sta confermandosi come il vero garante della nostra democrazia, che da parte dell'opposizione viene ritenuta a rischio per l'impeto decisionista di Giuseppe Conte.
Il premier forse si è convinto che, non essendoci probabilmente alternativa al suo governo, pena delle elezioni che potrebbero stravolgere l'attuale quadro politico, tutto gli sia concesso, che possa muoversi in totale autonomia rispetto a chi, in seno alla maggioranza, pretende una collegialità che al momento, almeno a guardare dall'esterno, non sembra esistere.
Nel sottolineare che le risposte sull'uso dei fondi europei devono essere veloci e concrete Mattarella ha forse chiesto a Conte di sbrigarsi e di farlo elaborando, in tempi più brevi di quello ipotizzati (settembre), un piano per rendere l'aiuto comunitario un volano per la nostra derelitta economia.
Abbiamo interpretato male il senso dell'intervento del presidente della Repubblica?
Non lo si può escludere, ma non ci sarebbe certo da scandalizzarsi se Mattarella avesse, metaforicamente, tirato le orecchie a Conte sollecitandogli di finire di specchiarsi, novello Narciso, nello stagno e di lavorare non come il campione di ciclismo che stacca tutti in salita e giunge solitario al traguardo, ma come facente parte, primus inter pares, di una squadra.
Non sappiamo se la Storia (quella con la 'S' maiuscola) si occuperà e in che modo di Giuseppe Conte e dei governi che ha guidato. Il giudizio, infatti, cambia di prospettiva a seconda della militanza dei commentatori.
Ma su un punto forse tutti saranno concordi, sull'assoluta mancanza di 'galateo' nella comunicazione della Presidenza del Consiglio. Il ricorso ripetuto agli annunci, alle conferenze stampa in solitario, alle comunicazioni cui non sono seguite spiegazioni; le risposte che tradiscono un nervosismo esagerato sono indicatori di una strategia comunicativa che forse poteva andare bene quando si curavano i rapporti con la stampa di un partito o di un movimento.
Oggi, almeno per Conte, questo non può essere il canone assoluto. Da lui, che dovrà decidere come distribuire decine e decine di miliardi, ci si aspetta chiarezza e non show mediatici che forse fanno piacere a chi gli sta accanto, anzi di lato, ma non gli fanno certo un buon servizio, acuendo i contrasti con quei colleghi di esecutivo - non quelli pentastellati, che sono contiani non potendo essere altro - che si stanno chiedendo cosa abbia veramente in testa.