Conte spiazza anche gli alleati, lo stato di emergenza oltre la fine di luglio
- di: Diego Minuti
“Ragionevolmente, ci sono le condizioni per proseguire lo stato di emergenza per il Coronavirus dopo il 31 luglio”: una frase buttata lì, come se stesse dicendo la cosa più scontata di questo mondo, visto che lo spettro del Covid-19 si aggira ancora per molte regioni d'Italia, reclamando il quotidiano tributo di vittime.
Le parole del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che in un altro contesto (magari quello, ipotetico, in cui, davanti agli spaventosi effetti della pandemia, maggioranza ed opposizioni, per una volta nella vita, siano d'accordo e quindi capaci di trovare una intesa sui provvedimenti) , sarebbero passate senza manco essere ricordate, oggi rimbombano nelle sale della politica perché significano che il governo potrà continuare a fare ricorso ai Dpcm per proseguire a “governare” la crisi, presumibilmente fino al 31 dicembre. Un periodo lunghissimo, forse anche necessario, ma che non può non determinare qualche perplessità, peraltro fondata, visto l'uso ripetuto, forse anche esagerato dei Decreti.
Per chiarire meglio, i Decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, adottati in virtù del dichiarato stato di emergenza che autorizza la speditezza dell'azione del governo, non devono passare dalla Camere e, quindi, dal dibattito che i loro contenuti probabilmente dovrebbero affrontare.
Ora, dato per scontato che, come si dice, “il momento è solenne”, la decretazione fatta così rischia di allargare, semmai se ne avvertisse il bisogno, il solco che vede divisi Governo e centrodestra, così come sta accadendo sin dall'esplodere dell'emergenza. Oggi, però, con la significativa differenza che dal Partito democratico e da Italia Viva (che, lo si chiarisce a scanso di equivoci, fanno parte della maggioranza) si levano anche alcune voci discordanti, nel senso che qualcuno preferirebbe, sia pure nel rispetto delle prerogative del primo ministro, un passaggio alle Camere, almeno per dare qualche spiegazione.
Stefano Ceccanti, capogruppo dei Democratici nella commissione Affari costituzionali, ha detto che "se il Governo vuole prorogare lo stato di emergenza venga prima in Parlamento a spiegarne le ragioni". Parole sulle quali è in sintonia anche Marco Di Maio, di Italia Viva. "Se ci sono le condizioni e le necessità di prorogare lo stato di emergenza, c'è un dovere che il Presidente del consiglio ha prima degli altri: recarsi in parlamento".
Insomma, per farla breve, l'annuncio dato dal presidente Conte non solo non trova d'accordo due delle forze di maggioranza, quanto, per come pare di capire, né Pd né Italia Viva erano a conoscenza di quanto stava per dire il primo ministro, in occasione dei test del Mose.
Ma, come ormai consuetudine nella politica italiana, maggioranza ed opposizioni sembrano non volere rispettare il loro ruolo. Quindi, se Pd ed Italia Viva danno l'impressione di avere preso male l'annuncio di Conte, dentro il centrodestra (e, paradossalmente, anche all'interno di Forza Italia) ci sono posizioni contrastanti.
Matteo Salvini si dice nettamente contrario al prolungamento dello stato di emergenza, sostenendo che “gli Italiani hanno dimostrato buon senso, meritano fiducia e rispetto, adesso vogliono vivere, lavorare, amare (sì, ha detto proprio 'amare', ndr). Con tutte le attenzioni possibili, la libertà non si cancella per decreto".
Dichiarazioni che non hanno avuto corrispondenza in quelle dell'onorevole Deborah Bergamini, di Forza Italia (“Una necessità condivisibile”, ha detto riferendosi alla decretazione emergenziale, aggiungendo però che “ciò che non permetteremo è che a questa proroga corrisponda un'ulteriore esclusione del Parlamento dalle decisioni vitali per il Paese"), trovando invece una sponda in quelle del capogruppo al Senato, Annamaria Bernini ("Basta alla logica dei pieni poteri al premier").
In questo situazione politicamente caotica, in cui tutti fanno allegramente quel che gli pare, sfuggendo alla logica delle alleanze, la sola certezza che si coglie è che Giuseppe Conte ha, ancora una volta, preso una decisione - o soltanto l'ha anticipata - precorrendo i tempi e, in questo modo, certo non consolidando la sua maggioranza che ora, in ogni caso, approverà il provvedimento, pur se non sembra condividerlo, quanto meno per la gestazione che ha avuto.