Circo Massimo, uno Stato inerme contro la violenza di strada
- di: Diego Minuti
Presi, com'erano, a lanciare proposte nuove ed originali (dimissioni del governo di Giuseppe Conte; andare al voto prima possibile), forse Matteo Salvini e Giorgia Meloni non hanno potuto seguire i telegiornali o leggere i quotidiani e, quindi, accorgersi che sabato scorso, a Roma, al Circo Massimo, centinaia di persone, unite - hanno detto gli organizzatori - solo dalla comune passione per il calcio, hanno scatenato incidenti la cui gravità è stata sotto gli occhi di tutti.
Se avessero preso una posizione netta, precisa, inequivocabile e quindi anche generosa contro chi ha calpestato la legge, Meloni e Salvini si sarebbero trovati in buona compagnia. Perché l'intero arco costituzionale (come, qualche decennio fa, si chiamavano i partiti che avevano una rappresentanza parlamentare) si è schierato con durezza contro questi soggetti, che, seppure con provenienza geografica e di fede calcistica diversa, erano accomunati dalla dichiarata appartenenza allo schieramento fascista.
Ma i leader di Fratelli d'Italia (a proposito, gli autoconvocati del Circo Massimo si sono definiti ''ragazzi d'Italia'') e della Lega forse non hanno ritenuto giunto il momento di marcare una netta chiusura contro queste frange della destra estrema, forse perché potrebbero pure essere utili quando si tratterà di contare i voti delle politiche. Ma, al di là del côté politico, c'è un altro aspetto che forse è ancora più inquietante, e riguarda l'autorizzazione concessa alla manifestazione del Circo Massimo, di cui tutti, ma veramente, tutti sapevano in anticipo quale sarebbe stato l'epilogo.
Ognuno fa il suo mestiere ed i neofascisti - che rialzano la testa nei periodi in cui la crisi sociale riesplode, creando nuovi poveri che si aggiungono a vecchi disperati - hanno voluto organizzarsi per una manifestazione che desse loro la possibilità di una prova muscolare. Come a dire, noi siamo qui e rappresentiamo il vero italiano.
Ok, ci può stare.
Ma c'è da chiedersi come nulla sia stato fatto per evitare una manifestazione che era stata presentata al meglio solo con il suo logo ideale ''Merde, arriviamo'', laddove ''merde'' è, al plurale, tutto ciò che rappresenta lo Stato, a cominciare da poliziotti, carabinieri e finanzieri, ma anche la libertà d'espressione e di informare, che ha nei giornalisti i suoi protagonisti.
Mi chiedo se, al Viminale o in altri Palazzi che decidono, ci fosse qualcuno che aveva il minimo dubbio su quanto sarebbe accaduto. Ma è stato lasciato fare, perché, ha sostenuto qualcuno, la Costituzione garantisce la libertà di parola e di pensiero. Ma quando parola e pensiero vengono veicolato con pietre, bottiglia, catene, mazze e bombe carta siamo ancora in clima di libertà d'espressione? E come è stato possibile che, in quell'esplosione di circa violenza, sono state ravvisate responsabilità penali solo per due di questi ''ragazzi d'Italia'', peraltro già rimessi in libertà a distanza di poche ore.
Sono arrivati in gran numero dal Nord, già provvisti di armi improprie ed ordigni (oppure c'è qualche negozio di souvenir che li vende dalle parti del Circo Massimo?) probabilmente nel portabagagli di autovetture o pullman. C'è da stare sicuri che di perquisizioni preventive ne sono state fatte, ma visto l'esito forse non erano molto accurate.
Quello che dobbiamo chiedersi, non solo per quanto accaduto al Circo Massimo, ma in occasione di tutte le manifestazioni motivate dalla violenza che ha mille colori, tutti da censurare, è se lo Stato è ancora disposto a non prevenire simili atti. Se la manifestazione del Circo Massimo è stata una prova generale, non ci vorrà molto per capirlo.