Norvegia, instant karma! Norges Bank brucia 174 miliardi di dollari nel primo semestre 2022

- di: Barbara Bizzarri
 
Saranno stati gli strali lanciati sul Paese dopo la soppressione inutile e ingiustificata di Freya, la trichechina simbolo del fiordo di Oslo, e chissà che ne direbbe John Lennon che sugli effetti immediati del karma ha anche scritto una canzone, fatto sta che dopo un anno d’oro in cui la Norvegia ha registrato un rendimento del 14,5% pari a 1.580 miliardi di corone norvegesi, 158,5 miliardi di euro, il più grande fondo sovrano al mondo, un fondo di risparmio a lungo termine per il popolo norvegese, ha perso 174 miliardi di dollari nella prima metà di quest'anno perché i mercati dei titoli sono diminuiti bruscamente: in sei mesi, sono stati cancellati quasi interamente i guadagni del 2021.

Norvegia: Norges Bank brucia 174 miliardi di dollari nel semestre

Il Government Pension Fund Global del Paese ha dichiarato di aver prodotto un rendimento degli investimenti del -14,4% nei sei mesi fino a giugno, anche se ha battuto il benchmark stabilito dal governo di poco più di un punto percentuale. È stata la più grande perdita semestrale da quando il fondo è stato istituito nel 1996 e la seconda più grande, in termini percentuali, per importi assoluti persi.

Le partecipazioni azionarie sono diminuite del 17% nel primo semestre, con i cali dei titoli tecnologici che hanno causato i maggiori danni, in diminuzione del 27,6%. Nicolai Tangen, di Norges Bank Investment Management, che gestisce il fondo, ha dichiarato: "Il mercato è stato caratterizzato da tassi di interesse in aumento, alta inflazione e guerra in Europa". Al 30 giugno il 68,5% del fondo era investito in azioni, il 28,3% in reddito fisso, il 3% in immobili non quotati e lo 0,1% in infrastrutture di energia rinnovabile non quotate.

Il comparto tecnologico, che post pandemia forniva la maggior percentuale di ritorno, è stato quello che ha determinato la perdita. La performance peggiore è stata quella dei titoli di Meta Platforms Inc., proprietario di Facebook e Instagram, le cui azioni finora sono diminuite del 48% e che hanno fatto perdere al fondo 38 miliardi di corone, seguiti da quelli di Amazon che hanno fatto registrare una perdita di 35 miliardi e di Apple con meno 30 miliardi: l’azienda è riuscita a mantenere una maggiore stabilità rispetto agli altri colossi tecnologici, ma ha in programma di rallentare le assunzioni e le spese l’anno prossimo. Dopo un’impennata dovuta all’aumento della domanda di acquisti e intrattenimento online, i titoli tecnologici e dei social media sono stati fortemente penalizzati dall’aumento dei tassi di interesse deciso dalla Fed. "Gli investimenti in azioni sono scesi del 17%. Inoltre, i titoli tecnologici hanno avuto una performance particolarmente negativa, con un decremento del 28%”, ha commentato Tangen.

La perdita del fondo sovrano norvegese è in linea con il mercato azionario statunitense che ha vissuto il peggior primo semestre dagli anni Settanta: l’inflazione, i rialzi dei tassi d’interesse e la guerra in Ucraina hanno messo in difficoltà i principali indici statunitensi, con il Dow Jones Industrial Average che ha perso oltre il 15% nei primi sei mesi dell’anno, l’S&P 500 che è sceso di oltre il 20% e il Nasdaq Composite di quasi il 30%. Le partecipazioni in titoli di Stato hanno prodotto un rendimento del -9,3%, mentre le attività immobiliari sono aumentate del 7,1%: il fondo detiene partecipazioni in circa 9.300 società in tutto il mondo di cui nessuna in Norvegia e controlla circa l'1,3% di tutte le azioni quotate.

Altre società che hanno prodotto perdite includevano ASML, il produttore olandese di apparecchiature per la produzione di chip di silicio, che ha prodotto un rendimento negativo di 21 miliardi di corone norvegesi e Netflix, che ha assestato un colpo da 15 trilioni di corone norvegesi. Tutti i settori di investimento del fondo hanno accusato perdite, ad eccezione di quello dell'energia (+13%) grazie all’aumento delle materie prime, soprattutto petrolio e gas, in seguito al conflitto tra Russia e Ucraina. Nel 2019, dopo aver guadagnato una fortuna dallo sfruttamento dei giacimenti nel Mare del Nord, era giunta la decisione di abbandonare in parte il petrolio, ma alla fine si è optato per tagliare gli investimenti su società dedite esclusivamente all’esplorazione e produzione di idrocarburi, salvando perciò quelli destinati a colossi come Exxonmobil, Total o British Petroleum, che diversificano la loro attività puntando anche su rinnovabili e idrogeno. Con il petrolio ai massimi, tuttavia, per il fondo sovrano norvegese è fuori discussione abdicare anche a questi investimenti, che di fatto sono quelli che hanno contribuito a ridurre le perdite. Il fondo è presente con i suoi investimenti in oltre 74 Paesi e in più di 9mila compagnie quotate in Borsa, di cui il 40% sono colossi americani come Microsoft, Apple, Google o Amazon.

Ma il fondo investe, poco, anche in Italia e in tutti i settori: dalle utilities come A2a, Hera, Saipem, Snam, Erg, Terna, Amplifon e Diasorin all’energia, con il 2,44% di azioni Eni, fino al 3,62% di Abitare In e lo 0,37% della Juventus, più altre piccole partecipazioni in Stellantis, Poste Italiane, Autogrill, Leonardo, Mondadori.
Il settore bancario è però quello più comprato dal fondo norvegese, che ha investito in Intesa Sanpaolo (1,31%) e in grandi player come Unicredit, Banca Generali (1,11%), Popolare di Sondrio (1,67%) e Bpm con l’1,24%, ma anche nel BFF Bank con l’1,57% e nella Banca di Desio e della Brianza con lo 0,02%. Il Nbim possiede inoltre quote in molti marchi del lusso italiani: Brunello Cucinelli, Ferragamo e Moncler (1,33%), e più di 14milioni in Falck Renewables, il 2,04% in Oviesse, e ancora Ferrari (0,60%), Nexi (1,30%) e il 2,32% di Prysmian.
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