Museimpresa, una rete unica a livello europeo dove fare impresa è fare cultura: parla il presidente Calabrò
- di: Redazione
La mission e le numerose iniziative di MUSEIMPRESA, rete unica a livello europeo, le sue originali caratteristiche per valorizzare la cultura d’impresa, creando un ponte permanente tra passato e futuro, evidenziando la sinergia tra cultura, ricerca e visione industriale; la bellissima realtà della Fondazione Pirelli, il suo ruolo, le sue attività, i suoi obiettivi. Questo ed altro nell’intervista ad Antonio Calabrò, Presidente di MUSEIMPRESA e Direttore della FONDAZIONE PIRELLI.
Intervista al presidente di Museimpresa, Antonio Calabrò
MUSEIMPRESA, l’Associazione Italiana Archivi e Musei d’Impresa, fondata a Milano nel 2001 per iniziativa di Assolombarda e Confindustria, rappresenta un rete unica a livello europeo. Dottor Calabrò, qual è la mission di MUSEIMPRESA e quale il bilancio dei suoi primi 20 anni di attività?
Museimpresa è nata per valorizzare la cultura d’impresa delle aziende italiane, fondata sulla capacità di “fare cose belle che piacciono al mondo”, per usare la definizione di Carlo Maria Cipolla, uno dei più grandi storici europei dell’economia. È una sapienza della manifattura e dei servizi fondata su un’originale relazione tra memoria e innovazione, cui abbiamo dato voce e spazio, insistendo su una crescente attitudine delle imprese a fare, della propria storia, una leva di orgoglio identitario essenziale soprattutto in stagioni di crisi e incertezze, di fratture profonde nelle relazioni geopolitiche, come dimostra l’attuale guerra in Ucraina. È necessario riscrivere le mappe delle relazioni internazionali. E rafforzare, nel contesto dell’incertezza e dei cambiamenti, la competitività su mercati internazionali sempre più esigenti, severi, selettivi. Gli iscritti e i sostenitori istituzionali di Museimpresa, adesso, sono quasi centoventi, quaranta in più negli ultimi tre anni. Aumenta rapidamente, appunto in tempi recenti, la consapevolezza dell’importanza del rapporto tra radici e futuro.
Lei afferma che ‘impresa è cultura’ e in un’intervista ha anche dichiarato che ‘ il tema della cultura e dell’industria 4.0 sono fortemente complementari’. Può entrare nel dettaglio di questa affermazione che lega insieme la cultura, la ricerca e la visione industriale? C’è, in questo intreccio sinergico tra impresa e cultura, uno specifico tutto italiano? Che cos’è insomma la cultura d’impresa?
Una cultura politecnica che lega i saperi umanistici con le conoscenze scientifiche, secondo una tradizione radicata nelle stagioni dell’Umanesimo e del Rinascimento, dell’Illuminismo milanese della ragione produttiva e del buon governo e in quello napoletano dell’economia civile, nell’Ottocento delle prime grandi iniziative industriali e poi nel Novecento della “civiltà delle macchine” e dell’impresa come attore sociale positivo secondo la lezione di Olivetti, Pirelli, Eni, Finmeccanica dell’Iri: un’impresa progressiva, protagonista di sviluppo, lavoro, benessere, inclusione sociale. Ieri e oggi, il gusto per la qualità e per la bellezza si unisce alle competenze tecnologiche. E possiamo dunque radicare la cultura d’impresa non solo nelle relazioni con letteratura, pittura, cinema e teatro, musica, ma anche nelle conquiste scientifiche, nei teoremi matematici, nei brevetti, nell’architettura della “fabbrica bella”, nei composti chimici non inquinanti, negli algoritmi che guidano la “meccatronica”. Cultura d’impresa come relazione tra l’inclinazione umana alla scoperta e al racconto e la forza delle trasformazioni scientifiche, economiche e sociali.
Si intitola #unmuseoalminuto l’installazione permanente che i visitatori possono ammirare all’ingresso DELL’ADI DESIGN MUSEUM di Milano e seguire sui social grazie a un’iniziativa di ASSOLOMBARDA e MUSEIMPRESA. Rispondendo a una domanda su questa installazione permanente, lei ha detto che si tratta del ‘tempo della storia e il tempo del futuro. Scandisce il tempo e annuncia il tempo’. Ossia, senza identità che fornisce la storia non c’è futuro?
“Essere stati è condizione per essere”, ci ha insegnato un grande storico, Fernand Braudel. E le imprese vivono il tempo delle prime scelte al momento della loro fondazione, il cambiamento delle culture produttive e delle tecnologie, l’evoluzione dei mercati, il cambiamento sociale dei costumi e dei consumi. Hanno una storia da difendere e raccontare. E un futuro da costruire. Ecco perché l’orologio di Museimpresa e Assolombarda, con #unmuseoalminuto le rappresenta bene.
La cultura d’impresa per troppo tempo in Italia è restata sommersa. Perché? E perché di recente è emersa la volontà di raccontarla, di diffonderla? Forse perché negli ultimi 40 anni la vita economica e sociale ha avuto una potente trasformazione, con l’emergere dell’economia finanziaria e la messa in ombra di quella reale, con dinamiche economiche e sociali inedite, spiazzando un po’ tutti e creando disorientamento, facendo emergere una certa nostalgia di quello che era stato, quando il lavoro non era solo una merce, come invece oggi appare in molte situazioni?
La crisi finanziaria del 2008 ha messo finalmente in ombra il primato della finanza speculativa e ci ha spinti a tornare alla centralità dell’economia reale, dell’industria, della fabbrica. E per noi italiani questo processo ha comportato il risveglio del nostro orgoglio industriale, la riscoperta dei valori delle buona manifattura, l’apprezzamento per la “morale del tornio”, della responsabilità sociale dell’impresa stessa. Resta l’impegno del fare profitti. Ma puntando sull’importanza degli stakeholders values, i valori che riguardano le comunità in cui l’impresa vive, i lavoratori, i fornitori e i clienti, le persone che consentono all’impresa di crescere e creare lavoro, benessere, progresso.
Qual è, in generale, la reazione delle nuove generazioni native digitali - soprattutto la ‘Generazione Z’ - davanti alle sollecitazioni a conoscere, in forme nuove al passo con i tempi, la cultura d’impresa? La considerano suggestiva ma un po’ roba dei tempi andati, o la percepiscano come una fonte di valori utili, di orientamento, di ponte tra passato e futuro e che quindi li riguarda?
L’esperienza delle “fabbriche aperte”, degli incontri con gli studenti, delle relazioni tra scuole e associazioni imprenditoriali ed economiche ci dice che le nuove generazioni sono molto affascinate dall’insieme delle tecnologie e delle varie dimensioni culturali che vivono in un’impresa, tra processi digitali, intelligenza artificiale, nuovi linguaggi. Sono relazioni importanti, da intensificare, per raccontare ai nostri giovani, fin dalla stagione delle scuole elementari, che fare impresa è una bella condizione umana, che l’impresa è un luogo ideale per affermare le proprie passioni, il proprio desiderio di conoscenza, costruzione, cambiamento.
Durante i vari lockdown provocati dalla pandemia l’attività di MUSEIMPRESA non si è fermata e il progetto ‘Nel Tempo di Una Storia’, promosso da Assolombarda e Museimpresa e realizzato con il fotografo Simone Bramante, in arte Brahmino, ha vinto il primo posto nella categoria evento educational/formazione ai BEA - Best Event Awards 2021. Come avete reagito alle limitazioni imposti dalla pandemia, quali messaggi avete cercato di inviare con le vostre iniziative?
L’impresa è per sua natura innovazione continua, che riguarda i prodotti e le strutture di produzione e servizio, i materiali, i rapporti con i mercati, i contratti di lavoro, la sicurezza, i linguaggi della comunicazione e del marketing. Ecco il punto: gli aderenti a Museimpresa hanno fatto proprie le tecniche dell’economia digitale, dialogando a distanza con i vari interlocutori e costruendo viaggi virtuali, dibattiti, confronti telematici. E hanno imparato che ci si può muovere meglio integrando la fisicità delle relazioni nei musei e archivi con le interazioni digitali. Un’esperienza che use-remo anche in futuro. Anche questa è innovazione, no?
È anche Direttore della Fondazione Pirelli, Gruppo che nel 2022 festeggia i 150 anni di storia e che è un brand fortissimo nell’immaginario collettivo in primis degli italiani, ma non solo. Quali sono le principali iniziative della Pirelli per valorizzare questa ricorrenza?
Tante attività. Tra cui un racconto teatrale della nostra storia, il 28 gennaio (proprio il giorno in cui, nel 1872, fu firmato davanti a un notaio milanese, l’atto di nascita della società), al Piccolo Teatro di Milano, con testimonianze, letture, immagini. Una serie di incontri istituzionali ed economici, in Italia e in altri paesi del mondo in cui ci sono stabilimenti Pirelli. Un francobollo e un trittico di monete d’argento commemorative, a cura della Zecca e del Poligrafico dello Stato. Un libro curato dalla Fondazione Pirelli e pubblicato da Marsilio, “Una storia al futuro”, per parlare di tecnologie, innovazione industriale e ricerca scientifica. Iniziative con i nostri dipendenti. E un’affascinante campagna pubblicitaria che aggiorna, con immagini suggestive, il nostro slogan storico, “Power is nothing without control”, particolarmente d’attualità nei tempi difficili che stiamo vivendo.
Tornando al rapporto tra cultura e impresa, all’integrazione fra cultura, ricerca e visione industriale, quale specifico segnale arriva dal notevole impegno di Pirelli sul fronte dell’investimento nell’arte contemporanea? Non sembra essere solo mecenatismo…
Il rapporto tra Pirelli e la cultura è antico, originale, sempre solido. Dall’iniziativa della Rivista Pirelli su cui hanno scritto, negli anni Cinquanta e Sessanta, tutti i principali intellettuali italiani al Calendario Pirelli firmato dai maggiori fotografi internazionali, dalle attività della Fondazione Pirelli (mostre, pubblicazioni, iniziative con le scuole) all’HangarBicocca, luogo cardine dell’arte contemporanea. E proprio il rapporto con l’arte ci aiuta a cogliere tempestivamente i segnali del cambiamento, delle evoluzioni delle sensibilità culturali e sociali. E dunque a interpretare meglio le evoluzioni delle comunità e dei mercati. Una dimensione essenziale, per un’impresa che vive con lo sguardo al futuro.
Ha affermato che ‘fare impresa vuol dire costruire una cultura politecnica green e blue, con sintesi originali tra sostenibilità e innovazione’. Un benchmark che si attaglia perfettamente a Pirelli. Cos’è per lei l’innovazione e come gestirla nel suo profondo?
Le nostre imprese sono profondamente radicate nei territori, ricavandone la lezione, sempre aggiornata, del “saper fare”, con un’attenzione profonda per i valori delle comunità, le persone, l’ambiente. Si conferma così un’inclinazione particolare delle imprese italiane per la sostenibilità, ambientale e sociale. Le nostre aziende sono, più che altrove in Europe, produttive, innovative e inclusive. Il “cambio di paradigma” in corso riguarda l’impegno sui valori della green economy, usando pienamente gli strumenti e le conoscenze dell’economia digitale. Con una “twin transition” che punta alla qualità dei prodotti e dei processi produttivi e a migliori equilibri economici e sociali. Seguendo le indicazioni del Recovery Plan della Ue, pensando dunque a un avvenire migliore per la “Next Generation”. Le imprese ne sono protagoniste responsabili.