L’ops avanza tra addii al patto, dubbi sul valore e scontro di visioni. Nagel prepara il no, Lovaglio gioca d’anticipo: “Abbiamo già i numeri per il controllo”.
Promozione a sorpresa: Fitch riporta Mps nell’élite
Monte dei Paschi di Siena torna ufficialmente nel club degli investment grade. A sancirlo è Fitch, che il 4 luglio ha alzato il rating da BB+ a BBB-, promuovendo la banca toscana grazie ai “miglioramenti strutturali” e a una “redditività operativa sostenibile nel medio termine”.
È la seconda agenzia, dopo DBRS, a riconoscere i progressi targati Luigi Lovaglio. La capitalizzazione di Mps è ora “adeguata” e la banca ha “rafforzato il suo modello di business”, con benefici che potranno crescere se l’acquisizione di Mediobanca sarà portata a termine “senza scosse”.
Una nota che arriva nel cuore della battaglia per il controllo di Piazzetta Cuccia, dove Lovaglio ha lanciato un’ops ostile puntando a una quota del 66,7%. Ma il banchiere si dice tranquillo anche con un 35%, soglia “sufficiente per esercitare il controllo di fatto”. “Siamo certi che gli azionisti di Mediobanca apprezzeranno la logica industriale e finanziaria dell’operazione”, ha dichiarato.
Il fronte del no: Nagel prepara il verdetto
Di tutt’altro avviso il consiglio di amministrazione di Mediobanca, che si prepara a respingere l’ops. Il board guidato da Alberto Nagel si riunirà entro la prossima settimana (forse già giovedì 11 luglio) per formalizzare il “no” in un comunicato ufficiale.
L’operazione, secondo Mediobanca, è “fortemente distruttiva di valore” e non reggerebbe il confronto con gli obiettivi del proprio piano industriale stand-alone. Un indebolimento dei “punti di forza” storici di Piazzetta Cuccia potrebbe costare un downgrade: se l’identità e la stabilità di Mediobanca vacillano, il taglio al rating è dietro l’angolo.
Ops al via il 14 luglio: Lovaglio in vantaggio ai blocchi
Il mercato inizierà a parlare il 14 luglio, giorno d’apertura dell’offerta pubblica di scambio che si chiuderà l’8 settembre. Ma Lovaglio può già contare su alleati solidi: Delfin e Caltagirone, insieme, controllano circa il 30% del capitale di Mediobanca e sostengono l’offerta.
A questi potrebbero aggiungersi le casse di previdenza (5,5%), i Benetton (2,2%) e – tra gli incerti – anche Unicredit (3,9%). In totale, una coalizione potenziale che sfiora (e forse supera) il 40%. Se così fosse, il target del 35% sarebbe abbondantemente superato. Ma la soglia decisiva resta quella del 50%, necessaria per sbloccare le sinergie previste.
Secondo il prospetto Mps, sotto quella soglia i benefici si dilaterebbero nel tempo: 2030 invece che 2028 per le sinergie operative, dieci anni anziché sei per l’uso dei crediti fiscali da 2,9 miliardi (dta), con un impatto annuo che scenderebbe da 500 a 300 milioni.
Addii al patto: si sgretola il bastione di Nagel
Il fronte difensivo costruito negli anni da Nagel si sta disgregando. Il patto di consultazione, un tempo perno dell’indipendenza di Mediobanca, perde pezzi: dopo l’uscita di Mediolanum (3,49%) e la vendita di quote da parte del gruppo Gavio (0,23%), anche FerFin, Gavio e Monge hanno ridotto la propria esposizione, per un totale di oltre 800.000 azioni.
Il patto è ora sotto l’8%, svuotato di potere e senso strategico. Molti preferiscono monetizzare, piuttosto che schierarsi con Lovaglio o battersi per la bandiera di Mediobanca. È un segnale chiaro: l’unità del fronte interno si è rotta.
Il titolo continua a risentirne, con un calo costante dai massimi di 21,3 euro registrati a metà maggio, quando l’ipotesi Banca Generali sembrava dare ossigeno al progetto stand-alone. Ora siamo a 18,61 euro (+0,1% il 4 luglio), ma con un’aria di stallo che pesa come un macigno.
Il mercato è scettico, gli analisti chiedono un rilancio
Mps ha chiuso il 4 luglio in calo del 2%, a 6,92 euro, con uno sconto sull’offerta che si è allargato al 5,8%, pari a circa 900 milioni di euro.
Per Equita “è nell’interesse di Mps superare almeno il 50% e a tendere il 66,7%”, obiettivo che però appare “difficilmente raggiungibile senza un rilancio”.
Lovaglio, per ora, tiene il punto: “Il corrispettivo di 2,533 azioni è corretto ed equo”, ha detto. Ma la storia delle ops in Italia – da Ubi a Sondrio, passando per illimity – racconta che il rilancio cash è un’arma spesso usata per convincere gli indecisi e ridurre l’impatto sul capitale. Nessuna mossa ufficiale è ancora arrivata, ma i mercati restano in attesa.
Una sfida a due visioni: rendimenti contro sistema-Paese
In ballo non c’è solo un’aggregazione bancaria, ma una visione opposta del sistema finanziario italiano. Da un lato, Lovaglio punta a un polo bancario in grado di sostenere le imprese, rafforzare il wealth management e competere a livello europeo.
Dall’altro, Nagel difende l’autonomia di un player strategico che ha sempre agito come ago della bilancia nel risiko bancario nazionale.
Per ora non ci sono vincitori. Ma c’è una certezza: con il ritorno all’investment grade, Mps ha rialzato la testa. E, per la prima volta dopo anni in trincea, guida il gioco.