Mee too: Tariq Ramadan assolto dopo anni. Chi risarcirà gli accusati ingiustamente di stupro?

- di: Bianca Balvani
 
Le accuse, se ritenute fondate dal tribunale svizzero che lo ha giudicato, gli potevano costare una condanna a parecchi anni di reclusione. Così non è stato e lo studioso di studi islamici Tariq Ramadan, famoso in tutto il mondo, è stato ritenuto innocente dalle accuse di stupro e coercizione sessuale. Confesso di non avere mai letto libri scritti da lui (non è il mio campo) e la mia conoscenza del suo essere esperto di islam si riduce a qualche articolo, pubblicato soprattutto in Francia. Per il resto, a dirla tutta, per me, come per gran parte della gente, lui era probabilmente colpevole di avere abusato di una donna in un albergo di Ginevra nel 2008, perché era questo che, nel 2020, scrivevano i giornali per lettori che diffidavano aprioristicamente di lui per quel che scriveva di islam e anche per essere il nipote di Hassan al-Banna, il fondatore dei Fratelli Musulmani egiziani.

Mee too: Tariq Ramadan assolto dopo anni. Chi risarcirà gli accusati ingiustamente di stupro?

Ma il punto non è questo, ma il fatto che Ramadan (ma potremmo parlare anche di altri, che si sono trovati o si trovano ancora nella sua stessa condizione) è stato messo all'indice sulla base della denuncia di una donna che ha raccontato d'essere stata violentata, picchiata e insultata.
Fatti che, secondo lei (convertita all'islam e, per sua ammissione, fan dello studioso), si sono svolti in una stanza d'hotel, quindi senza testimoni, dove Ramadan, accademico di Oxford, l'aveva invitata per un caffè. Ramadan, che ha sempre respinto le accuse, per inciso rischiava fino a tre anni di reclusione. Ora, per evitare fraintendimenti, lo svolgimento dei fatti e come i giudici siano arrivati a convincersi dell'innocenza di Ramadan a me interessa poco, non conoscendo gli atti. Quello che però mi preme dire è che il moltiplicarsi di denunce del genere, per fatti anche vecchi di decenni, mostra a mio avviso una falla nel sistema giudiziario di molti Paesi che, dilatando a dismisura i termini per rivolgersi ad un magistrato, rendono la difesa dell'imputato difficile perché, a eventi spesso senza alcun testimone, tutto si riduce alla parola di una contro quella dell'altro.

Ramadan, prima di incappare in questa vicenda (che, ripeto, potrebbe essersi svolta nei tempi e nei modi della donna che ha denunciato), era inseguito dal topos di "rock star" del pensiero islamico, al punto che ogni evento pubblico che lo vedeva protagonista era affollato, alla stregua di un concerto pop. Anche perché, nonostante l'ingombrante (per l'Occidente) parentela con il fondatore dei Fratelli Musulmani, Ramadan è sempre stato visto come una voce contraria alle derive integraliste, condannando il terrorismo e anche dicendosi contrario alla pena di morte. Un dissenso che gli è costato il divieto di ingresso in parecchi Paesi islamici - non solo Egitto, Arabia Saudita, Libia e Siria, ma anche la ''laica'' Tunisia - che per lui avevano cancellato la democrazia.
Una parabola ascendente che lo ha portato, nel 2004, a essere celebrato da Time tra le cento personalità più influenti a livello planetario, a tenere conferenze in tutto il mondo e a essere nominato professore di studi islamici al St Anthony's College di Oxford, nonostante gli siano arrivate addosso accuse di antisemitismo.

Ma nel 2017 gli sono state mosse, in Francia, accuse di stupro, per le quali ha anche trascorso, in un carcere francese, nove mesi di reclusione, prima di essere ammesso alla libertà vigilata. Ora è arrivata la prima sentenza e la prima assoluzione. Ma, anche se dovessero seguirne altre per le accuse di stupro formulate contro di lui in Francia, Tariq Ramadan non riuscirà mai a scrollarsi di dosso l'etichetta di predatore sessuale. Per fatti che, risalendo a molti anni fa, poggiano solo su una denuncia e basta. Le schermaglie in aula sono state nel canovaccio di quasi tutti i processi, con accuse formulate e respinte, con il pubblico ministero a dipingere Ramadan come un indegno individuo, che si è approfittato della fragilità della vittima, e i difensori dello studioso a dire che l'imputato, che lo ha anche ripetuto in aula, ha ammesso il rapporto sessuale, che era però consenziente.

La vicenda, delicata di per sé, lo è diventata ancora di più perché da parte di Ramadan e dei suoi legali è stata sostenuto che il processo era nato da motivazioni politiche. A dirlo non sono stati solo Ramadan, la sua famiglia e i difensori, ma anche dozzine di personalità tra cui il filosofo americano Noam Chomsky e il regista britannico Ken Loach, che hanno firmato un appello affinché fosse sottoposto a un giusto processo legale. Il processo in Svizzera è stato il primo, ma non si esclude che possa anche essere l'ultimo, perché i giudici francesi, seppure a distanza di anni, stanno ancora valutando se le denunce meritino di essere discusse da un tribunale.

Ma, nel caso che Ramadan sia innocente e che i tribunali decidano in questo senso, per lui niente sarà come prima e questo dovrebbe aprire un dibattito su quali strumenti si concedono a chi deve difendersi da accuse ignominiose, ma datate, come quelle costate anche la galera allo studioso. Che se è responsabile delle cose che gli vengono contestate, deve finire in galera e comunque essere cacciato dalla comunità internazionale degli studiosi. I giudici svizzeri gli hanno dato credito, ma allo stesso modo, se convinti dalla deposizione della parte offesa, avrebbero potuto condannarlo. Ma, dopo 15 anni, quali sono gli strumenti per difendersi, se l'accusa principale i figlia della mancanza di buonsenso?
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