La Lega usa le misure anti-Covid per restare di lotta e di governo

- di: Redazione
 
Dopo i tuoni arriva quasi sempre la pioggia. Vale per la vita di ogni giorno e vale anche in politica. Come dimostra il fatto che, appena poche ore dopo il Consiglio federale, che ha confermato la sua leadership nella Lega, Matteo Salvini ha cominciato a usare l'artiglieria pesante per spianare la strada ad una logorante campagna elettorale che, se non interverranno traumatiche chiusure anticipate dalla legislatura, potrebbe durare un anno o giù di lì.

La Lega usa le misure anti-Covid per restare di lotta e di governo

Lo spunto, a dire il vero, glielo ha fornito sul classico piatto d'argento Mario Draghi che, proseguendo lungo la strada della prudenza, ha messo insieme un pacchetto di misure che dovrebbero aiutare il Paese a uscire dalla crisi pandemica. Misure che però questa volta sono andate verso le aspettative dei ''rigoristi'', non aprendo il Paese, ma solo dandogli uno spiraglio, nella speranza di tornare a vivere normalmente. Il pacchetto, apparentemente, sembra di buon senso, alzando barricate intorno ai no-vax, ma consentendo a chi si è sottoposto all'intero ciclo vaccinale o ha già beccato il virus di riappropriarsi della propria vita. Però sarebbe bastato che il governo decidesse di avere più coraggio - abolendo, soprattutto, l'obbligo delle mascherine all'esterno, che molti medici e virologi considerano inutili, se non addirittura causa di danni soprattutto psicologici - e tutto sarebbe rimasto come prima. Invece oggi la Lega può ammantarsi delle vesti di chi vuole spezzare le catene che ancora, alla luce delle misure anti-coronavirus, avviluppano un popolo intero.

Mario Draghi deve andare avanti per la sua strada, ma forse dare un'occhiata a quello che si fa in altri Paesi potrebbe essergli utile, quanto meno in termini di esperienze altrui di cui magari tenere conto.
Una delle armi che la Lega si è ritrovata in mano riguarda quella parte del pacchetto di misure che concerne la scuola, soprattutto per la distinzione tra bambini vaccinati e no, ai quali ultimi è inibita la presenza in aula relegandoli nel limbo della didattica a distanza.

Una cosa che ai ministri leghisti (non interessa che lo pensino come frutto di una personale elaborazione o che abbiano agito per spirito di partito) non è proprio andata giù parlando di discriminazione che colpisce chi, di questa situazione, è vittima non avendo colpe dirette. Una tesi che può essere speciosa o strumentale, ma che porta in sé un elemento di verità perché i bambini costretti ad apprendere non direttamente, ma attraverso l'algido filtro di uno schermo, vivranno una condizione di confinamento mentale prima ancora che fisico.

C'è comunque un elemento che non può essere taciuto e che rimanda a colpe che non appartengono ai bambini e che riguardano i genitori che hanno fatto delle scelte di cui forse non hanno saputo calcolare la portata.
La Lega ha immediatamente capitalizzato questa situazione cavalcandola come elemento di diversità rispetto alle altre componenti politiche del governo e quindi eccependo dei distinguo sulla linea adottata dal Governo. Una strategia politica che solo tra qualche mese sapremo se ha pagato o no. Comunque resta sempre irrisolto il quesito sul perché la Lega, che ormai sembra condividere poco o nulle delle strategie di Mario Draghi, non decida di uscire dall'esecutivo. Si potrebbe pensare che Salvini e la Lega non possono lasciare a Draghi e agli altri la gestione del Pnrr. Ma forse non è solo questo. Matteo Salvini oggi, dopo i rovesci subiti nella questione del Quirinale, deve tornare a fare sentire la sua voce, cogliendo ogni singola occasione gli venga concessa per farlo.
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