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In 600 pronti a lasciare Stellantis Atessa: allarme nello stabilimento

- di: Jole Rosati
 
In 600 pronti a lasciare Stellantis Atessa: allarme nello stabilimento
Stellantis Atessa, 600 uscite incentivate: produzione rallenta
Le richieste di uscita dei dipendenti superano ogni previsione, produzione rallentata e sindacati in pressing: la “fuga” diventa un caso nazionale.

A fine agosto 2025 lo stabilimento Stellantis Europe di Atessa si trova di fronte a una situazione che nessuno aveva immaginato. Le richieste di adesione al piano di uscita incentivata, la cosiddetta separation, hanno toccato quota 600. Un numero che supera di gran lunga l’accordo raggiunto a giugno tra azienda e sindacati, che prevedeva 402 uscite volontarie su una forza lavoro di circa 4.800 dipendenti.

La notizia si è rapidamente trasformata in un caso nazionale, perché fotografa un disagio profondo non solo nello stabilimento abruzzese, ma nell’intero gruppo Stellantis in Italia.

Un effetto valanga inatteso

Gli incentivi, che variano in base all’età e possono arrivare fino a 33 mensilità più 30mila euro per chi ha superato i 55 anni, erano stati pensati per una platea limitata. In pochi mesi, però, si è verificato un vero e proprio effetto valanga: il 12% dei lavoratori ha manifestato l’intenzione di andarsene. Secondo stime interne, circa il 40% dei richiedenti è prossimo alla pensione, mentre il resto include chi cerca condizioni meno gravose, chi ha già una seconda occupazione e chi non regge più i ritmi serrati della catena di montaggio.

Non mancano le motivazioni personali: in molti casi si tratta di operai con limitazioni fisiche certificate, i cosiddetti titolari di “scheda medica”, che faticano a reggere turni scanditi al secondo. In altri casi, la spinta arriva dalla tradizione agricola della Val di Sangro: da decenni non è raro che i dipendenti Stellantis — già Sevel — integrino il salario con lavori nei campi, specie durante vendemmie e raccolti.

La produzione crolla

Il rientro dopo la pausa estiva ha mostrato subito gli effetti della contrazione. Il 19 agosto 2025 la produzione quotidiana è passata da circa 970 veicoli a 650, complice anche il taglio da tre a due turni. Nella fabbrica che realizza il Ducato, leader europeo tra i veicoli commerciali leggeri, si respira incertezza: mentre le versioni tradizionali restano richieste sul mercato, l’elettrico stenta a decollare, con appena 5 o 6 unità prodotte al giorno.

La voce dei sindacati

La reazione delle sigle sindacali è immediata. Nicola Manzi, coordinatore Uilm Abruzzo, ha dichiarato: “Siamo sorpresi, non ci aspettavamo numeri così alti. È l’effetto dell’incertezza che vivono i lavoratori in questa fase. Stellantis resta un sito leader in Europa, ma la competitività si indebolisce se il personale continua a scendere”.

Ancora più netto Amedeo Nanni, segretario Fim-Cisl Abruzzo e Molise: “Questi numeri sono la cartina al tornasole di un disagio accumulato in mesi di cassa integrazione e contratti di solidarietà. Le famiglie vedono stipendi ridotti di 300-400 euro al mese, mentre le spese restano le stesse. E l’indotto paga un prezzo persino più alto”.

Un problema nazionale

Il caso di Atessa non è isolato. A giugno 2025 il gruppo puntava a circa 2.500 uscite volontarie in Italia, con piani paralleli anche a Cassino, dove le adesioni hanno superato quota 250. Nel frattempo, sono state annunciate circa 200 stabilizzazioni di contratti precari: un segnale positivo, ma insufficiente a compensare il saldo negativo.

La situazione rischia dunque di diventare un problema politico oltre che industriale. L’Abruzzo, che con Stellantis Atessa conta sul più grande stabilimento metalmeccanico del Centro-Sud, teme un impatto diretto sull’economia locale. Ogni posto in meno nello stabilimento significa conseguenze immediate per l’indotto: trasporti, servizi, forniture, ristorazione.

Tra passato e futuro

L’impressione è che Atessa si trovi al crocevia tra due epoche. Da un lato, il successo storico del Ducato endotermico, che continua a trainare le vendite; dall’altro, la sfida della transizione ecologica, con un modello elettrico ancora marginale e incapace di garantire volumi e redditività.

Per ora, la separation appare più come una fuga disordinata che come un piano industriale calibrato. Resta da capire se Stellantis saprà trasformare questo esodo in un’opportunità di riorganizzazione, o se l’Abruzzo dovrà affrontare una lenta emorragia di occupazione.

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