Le inchieste di Italia Informa: oltre 300mila laureati hanno lasciato l’Italia in dieci anni

- di: Giuseppe Castellini
 

Negli ultimi dieci anni l’Italia ha assistito a un’emorragia significativa di laureati. Secondo i dati forniti dall’Istat, dal 2013 al 2023, ben 300.804 cittadini italiani con un titolo universitario hanno lasciato definitivamente il Paese per trasferirsi all’estero. Nello stesso periodo, solo 131.692 laureati sono rientrati in Italia, portando il saldo negativo a un impressionante -169.132. Questi numeri evidenziano un fenomeno sempre più preoccupante per il futuro del sistema economico e sociale italiano.

L’esodo dei laureati regione per regione
L’analisi regionale offre uno spaccato della situazione:
Lombardia: guida la classifica delle regioni con il maggior numero di laureati in uscita, con 65.849 partenze nel decennio.
Lazio: segue con 35.567 partenze, dimostrando che neanche la presenza della capitale è sufficiente a trattenere i giovani talenti.
Piemonte: registra 23.739 partenze.
Veneto: conta 29.158 laureati emigrati.
Campania: si attesta a 26.438 partenze.
Sicilia: 25.694 laureati hanno lasciato la regione.
Valle d'Aosta: la regione con i numeri più bassi, con 890 laureati emigrati.
Questi dati trovano conferma anche nel solo anno 2023, durante il quale si sono registrate ulteriori partenze significative, come le 8.927 dalla Lombardia e le 2.874 dal Piemonte.

Un saldo negativo che colpisce tutto il Paese
Il saldo netto (“iscrizioni meno cessazioni”) mostra l’entità del problema:
Lombardia: -34.611 laureati.
Lazio: -18.042 laureati.
Veneto: -14.157 laureati.
Campania: -14.061 laureati.
Sicilia: -13.811 laureati.

Anche regioni più piccole, come il Trentino-Alto Adige (-4.694), evidenziano un calo significativo rispetto alla loro popolazione. Nessuna regione italiana mostra un saldo positivo, a indicare una tendenza univoca di perdita di capitale umano qualificato.

Le cause dell’esodo
Le motivazioni dietro l’esodo sono molteplici. Tra le principali:
Opportunità di carriera limitate.
Salari mediamente più bassi rispetto ad altri Paesi europei.
Mancanza di politiche strutturate per valorizzare il capitale umano qualificato.

Questo quadro rispecchia il persistente “inverno demografico” italiano, che non solo vede un calo delle nascite, ma anche una perdita costante di giovani qualificati.

Destinazioni principali e motivazioni specifiche 
La maggior parte dei laureati italiani emigra verso Paesi dell’Europa occidentale, con la Germania e il Regno Unito tra le destinazioni principali. Anche gli Stati Uniti attraggono un numero significativo di talenti, grazie a opportunità di carriera, stipendi competitivi e ambienti lavorativi stimolanti. Secondo diversi studi, le principali motivazioni includono migliori prospettive occupazionali, possibilità di sviluppo professionale e condizioni economiche più favorevoli rispetto a quelle offerte dal mercato italiano.

Settori accademici e professionali più colpiti
I settori STEM (scienze, tecnologia, ingegneria e matematica) sono i più colpiti dall’esodo dei laureati, con giovani professionisti che trovano all’estero opportunità spesso assenti in Italia. Anche laureati in economia e medicina rappresentano una quota significativa degli emigranti, attratti da mercati del lavoro più dinamici e meglio retribuiti. Al contrario, i laureati in discipline umanistiche tendono a emigrare meno frequentemente, a causa di opportunità più limitate all’estero in queste aree.


Impatto economico e sociale
La fuga di laureati ha un impatto economico diretto sul sistema formativo italiano, che investe risorse significative nella formazione di giovani che poi contribuiscono al Pil di altri Paesi. Si stima che ogni laureato rappresenti un costo formativo di decine di migliaia di euro, un investimento che non viene recuperato. A livello sociale, la perdita di capitale umano qualificato compromette l’innovazione e la competitività delle imprese italiane, rafforzando il divario con altri Paesi europei.

Politiche di contrasto adottate in altri Paesi
Diversi Paesi europei hanno adottato politiche efficaci per contrastare la fuga di cervelli. La Germania, ad esempio, offre incentivi fiscali e agevolazioni per i giovani laureati che decidono di rientrare dopo esperienze all’estero. Il Regno Unito ha sviluppato programmi di mentorship e opportunità di carriera rapida per trattenere talenti nel settore pubblico. Questi modelli potrebbero ispirare nuove iniziative italiane per frenare l’esodo e incentivare il rientro.

Entro il 2035 il saldo migratorio negativo potrebbe superare i 200.000 laureati italiani
Se la tendenza attuale dovesse continuare, l’Italia rischia di perdere ulteriormente competitività sul piano internazionale, con conseguenze gravi per il suo sistema economico e sociale. Si prevede che, entro il 2035, il saldo migratorio negativo potrebbe superare i 200.000 laureati, aggravando la già fragile situazione demografica del Paese.
Per invertire questa tendenza, è necessario un intervento deciso su più fronti:
1. Rafforzare la transizione scuola-lavoro: migliorare i percorsi di orientamento e formazione.
2. Incentivare il ritorno dei cervelli: offrire incentivi concreti per riportare i talenti in Italia.
3. Investire in politiche per il lavoro giovanile: creare un ambiente lavorativo più attrattivo e competitivo.
La perdita di laureati non è solo una questione numerica, ma rappresenta un problema strutturale che rischia di compromettere la competitività del Paese. La sfida per il prossimo decennio è quella di trasformare l’Italia in un luogo dove i giovani talenti non solo vogliono rimanere, ma anche tornare.


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