Ma l'Italia merita questa campagna elettorale fatta di promesse e senza contenuti?
- di: Diego Minuti
Dovremmo sempre tenere su comodino, accanto al libro del nostro genere preferito, una copia della Divina Commedia. Non certo perché la sua lettura sia di qualche aiuto ad accompagnarsi verso il sonno, ma perché molte delle cose che lui, Dante, scrisse restano terribilmente attuali, potendosi la realtà dell'Italia del 1300 spesso sovrapporsi a quella di oggi.
Perché italiani erano quelli ed italiani siamo noi, portandoci dietro una pesante eredità di litigiosità, egoismi, presunzioni, ambizioni.
La campagna elettorale più brutta degli ultimi decenni, in termini di contenuti e protagonisti, dove non eccellono che pochissime personalità che si giovano della pochezza degli avversari, seppure cominciata da qualche settimana stenta a decollare, anche se qualcuno dei suoi protagonisti pensa di dire e fare cose strabilianti.
La campagna elettorale in vista delle elezioni continua a essere povera di contenuti
Davanti ad un Paese in crisi di valori, in cui la spregiudicatezza di una certa classe politica autorizza di speculare anche su morti e tragedie umane, si assiste ad una quotidiana ricerca del titolo, della citazione, sperando che generino consenso e quindi voti.
Non è uno schema originale, perché ricalca quelli precedenti, ma con una aggravante: questa volta le promesse sono formulate senza alcun rispetto per la realtà, quasi che i numeri - che in un Paese degno di tale nome sono il solo dato importante - siano materia da utilizzare o manipolare a piacimento, senza alcun rispetto per la verità.
Bisogna dire che, nella corsa a chi la spara più grossa, è una gara a due tra Matteo Salvini e Silvio Berlusconi, condizionati entrambi dalla competizione con Giorgia Meloni, che ormai vola verso la leadership della coalizione. Per cercare di colmare, sia pure in parte, il gap che divide i loro partiti da Fratelli d'Italia, Berlusconi e Salvini hanno ingaggiato una competizione a chi promette di più, a chi mostra maggiori certezze sul buon esito delle elezioni che li autorizzi a ricreare in terra in Giardino dell'Eden. Almeno il loro.
E' difficile, anzi impossibile, mettere in fila le cose che i leader di Lega e Forza Italia promettono agli italiani per rendere il Paese migliore, più bello, più verde, più vivibile, più ricco, più e più e ancora più (ci prova anche Enrico Letta, dicendo che entro il 2027 il Pd porterà la media delle retribuzioni degli insegnanti italiani eguale a quella del resto d'Europa, senza parlare di coperture).
La cosa stupefacente, ma fino a un certo punto perché la competizione è cosa insita nell'animo umano, è che all'udire la proposta di uno l'altro tira fuori una promessa ancora più d'effetto, in una spirale di illusioni della quale è difficile oggi prevedere una fine.
Prendiamo l'emergenza energetica, di grandissima attualità, con l'invasione russa dell'Ucraina (di cui, ''stranamente'', non si parla molto).
Salvini dice che l'Italia deve ripensare a quelle scelte del passato che il Paese paga oggi, pesantemente, anticipando che il giorno dopo la vittoria alle elezioni si dovrà partire con un piano che preveda le realizzazione di impianti nucleari che, nel giro di sette anni (d'altra parte Roma non è stata costruita in un giorno), ci renderà energeticamente autosufficienti.
Bene.
Proposta su cui ragionare, ma anche capace di scatenare Silvio Berlusconi che va ben oltre, parlando di nucleare pulito, i rigassificatori, il massiccio impiego di risorse per le energie rinnovabili, con un affondo degno del migliore spadaccino: la costruzione di impianti per dissalare l'acqua di mare, invasi per non disperdere l'acqua piovana, revisione delle reti di distribuzione dell'acqua. Con quali risorse economiche non si sa, ma sono cose d'un certo effetto.
L'invito fatto da Giorgia Meloni, all'inizio della campagna elettorale, a non fare troppe promesse è tragicamente caduta nel vuoto. Cosa in fondo comprensibile se si guarda a quanto miseri siano i contenuti della contrapposizione tra partiti e coalizione, ormai limitata a insulti e punzecchiature senza andare al cuore dei problemi veri, che sono solo sfiorati. La Giustizia, ad esempio, sembra essere d'attualità solo quando Berlusconi ne parla, ma, essendo un suo cruccio da trent'anni, lo fa come se fosse un problema personale e non invece una delle grandi ferite dello Stato. Un'amministrazione della Giustizia che non riesce a garantire (per problemi oggettivi) equità e velocità nei processi è problema generale (lo dice anche l'Ue) e non può essere ridotto alla crociata di Berlusconi contro ''i giudici di sinistra'', ai quali addebita i suoi problemi nelle aule di giustizia.
Che, ad onore del vero, frequenta raramente grazie a quelle garanzie che il sistema giudiziario - che tanto lui attacco - gli consente.