David Lazzari: "Sanità, salute e psicologia temi centrali per ogni Governo"
- di: Redazione
La Scuola Politica "Vivere nella Comunità", nata con l'obiettivo di dare una formazione ai giovani che non riguarda solamente la sfera politica ma anche le competenze manageriali, economiche e sociali, può contare su un corpo docenti composto da diverse eccellenze del mondo accademico italiano.
Fra esse figura anche David Lazzari, Presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi, a cui Italia Informa ha rivolto alcune domande.
Prof. Lazzari, lei è Presidente del CNOP ma fa anche parte del prestigioso corpo docenti della Scuola politica ‘Vivere nella Comunità’. Cosa significa per lei questo progetto formativo?
È un onore ed anche una responsabilità essere stato scelto dal supervisory board della Scuola Politica "Vivere nella Comunità" nella quale, come è noto, compaiono alcune fra le migliori personalità del nostro Paese, vale a dire servitori dello Stato, accademici, grandi professionisti e amministratori delegati di aziende pubbliche e private. Sono convinto di come la formazione dei nostri giovani sia quanto mai centrale per il rilancio del Paese, specie in questo frangente storico di grande incertezza. Sappiamo che nel privato la formazione continua aumenta il valore dell'impresa, migliora l'immagine aziendale e accresce la motivazione del personale. Allo stesso tempo nel settore pubblico è fondamentale aumentare i livelli di preparazione poiché sempre più, i manager e i dirigenti chiamati ad occuparsi della cosa pubblica devono essere in grado di governare cambiamenti epocali.
Per questi motivi una iniziativa così significativa per il Paese, come la Scuola Politica "Vivere nella Comunità", merita un plauso particolare. L'impegno di grandi personalità come Cassese, Profumo, Mattarella, Capaldo, Garofoli, Cartabia, Messina, insieme a dei docenti di rilievo, di cui mi onoro di far parte, è un messaggio concreto di impegno a favore della formazione dei giovani. Occorre anche sottolineare, a mio modesto avviso, il segnale di attenzione da parte delle aziende e dei vari rilevanti partner verso questo prestigioso progetto formativo. Non è affatto scontato e testimonia l'autorevolezza, la serietà e l'importanza della Scuola, un’iniziativa utile ad aumentare il livello di preparazione della nostra futura classe dirigente. Sono lieto quindi di poter apportare il mio contributo alla Scuola.
Quanto è importante, in un programma multidisciplinare come quello della Scuola politica ‘Vivere nella Comunità’, affrontare i temi legati alla psicologia?
Credo che uno dei punti di forza di questo progetto formativo sia stata la scelta di strutturare un programma multidisciplinare, includendo i temi afferenti la sanità, la salute e la psicologia, temi centrali nell’agenda di ogni governo. Nello specifico, come è noto, lo psicologo valuta, comprende e interviene sul modo di essere e di fare non attraverso il senso comune bensì con l’uso di metodi scientifici. La Psicologia è tra le sette aree scientifiche “hub”, cioè più influenti sulle altre scienze, ma non ha una considerazione adeguata dal punto di vista applicativo. In Italia è vista in modo antiquato e poco e male utilizzata, viene considerata spesso come una scienza evanescente oppure come una sorta di psichiatria che si interessa solo di patologia mentale. In realtà le scienze psicologiche si occupano di capire come funziona l’essere umano in tutto ciò che lo riguarda più da vicino come persona: i suoi pensieri, i suoi schemi mentali, le sue emozioni, i suoi comportamenti, le sue relazioni, il modo con cui costruisce i suoi equilibri adattivi e affronta il mondo. E’ la disciplina che studia proprio ciò che va oltre la pura biologia e ci caratterizza come sapiens sapiens. E’ evidente quindi che va intesa come scienza della salute nel senso più ampio della parola. Aggiungo che la dimensione soggettiva viene studiata in relazione al contesto e quindi a tutte le dinamiche psicologiche dei gruppi e delle organizzazioni oppure della società nel suo complesso. E’ quindi una chiave fondamentale per capire la realtà ed i processi che la caratterizzano.
Parlando di psicologia, qual è la fotografia attuale del Paese da suo punto di vista? La popolazione ed i giovani nello specifico sono stati messi a dura prova negli ultimi 12 mesi
Già prima della pandemia avevamo il problema di un disagio psicologico diffuso nei paesi occidentali, talmente elevato che il World Economic Forum nel report 2019 lo ha incluso tra i maggiori rischi per le ricadute che questo “psychological strain” ha sulla società (fragilità delle reti e della coesione sociale), sull’economia e sulla politica. “Una società di “soli e arrabbiati” è minata nelle sue basi, a cominciare dai rischi per la democrazia poiché la libertà – anche quella individuale – non può scaturire che da un progetto comune e condiviso” scrive il WEF (Global Risks Report 2019). Affermazioni confermate dai dati che ci dicono che il voto dei cittadini è influenzato dal senso di soddisfazione per la vita, un fattore psicologico, in misura doppia rispetto al reddito (Ward, 2015). Lo sviluppo di una società si basa non solo su fattori economici primari, come la disponibilità di materie prime, di risorse naturali, di manifatture ed imprese, ma anche sulle modalità di gestione e promozione del capitale umano e sulle infrastrutture sociali. Capire ed agire sulle connessioni e interdipendenze di questi due ambiti è strategico per la competitività di un Paese, per la qualità del suo modello di sviluppo. E l’Italia è molto indietro su questo. Ha una visione arretrata di questi aspetti, nel migliore dei casi assistenzialistica, non si comprende il nesso tra diritti sociali e sviluppo. Questo gap che penalizza il “sistema Italia” rischia di ingigantirsi con il post pandemia.
Qui si inserisce il tema della Psicologia che è il campo più direttamente connesso con il capitale umano – tema centrale della nostra Scuola Politica - perché si occupa di studiarlo e promuoverlo. Si è parlato molto e con chiarezza di questo aspetto durante la pandemia, ovvero che la necessità di rispondere al disagio psicologico diffuso, per promuovere risorse adattive e di resilienza, non ha trovato una rete psicologica pubblica in grado di fare quello che serviva. Noi oggi abbiamo seri problemi nell’infanzia e negli adolescenti, abbiamo situazioni di grave fragilità psicologica diffusa, si pensi solo ai reduci dal Covid, e non ci sono strumenti di intervento pubblici minimamente adeguati. Chi può permetterselo si fa aiutare dallo Psicologo privatamente ma sono tanti, e sempre di più, coloro che non possono. E questo uso solo privato della Psicologia aumenta il divario sociale che già esiste, con il paradosso che spesso sono coloro che andrebbero più aiutati che non ottengono questo aiuto.
La proposta dei voucher psicologici del CNOP, ad esempio, è nata per colmare questo vuoto in tempi rapidi e in una situazione di emergenza, ora io spero che venga presa in seria considerazione e al contempo si metta mano ad un uso trasversale ed intelligente delle competenze psicologiche nei punti cruciali di una rete di servizi pubblici da rinnovare e potenziare.
Collegandoci alla domanda precedente, lei ha scritto al Presidente del Consiglio, Mario Draghi (fra gli ex-allievi di Pellegrino Capaldo, fondatore della Scuola Politica “Vivere nella Comunità”) sulla questione del benessere psicologico. Cosa gli ha chiesto di preciso, quali interventi ad hoc ha sollecitato?
Draghi è un grande esperto di economia e una persona che ha sempre valorizzato le competenze. Quindi gli ho scritto proprio sul tema del valore e dell’uso sociale delle competenze psicologiche per le persone e la società.
In questi mesi il CNOP, che io rappresento, ha presentato proposte puntuali per attrezzare i grandi contenitori sociali - la sanità, la scuola, il mondo del lavoro, il welfare – con la presenza adeguata dal punto di vista costi-benefici di competenze psicologiche, per dare ascolto e sostegno e al contempo attuare programmi – individuali e collettivi – di empowerment. Abbiamo anche proposto misure di emergenza come i voucher psicologici per dare un aiuto immediato alle situazioni più delicate. Tante parole ma pochi fatti concreti. La speranza è che ci sia più attenzione a questi temi, che si comprenda la loro importanza per la ripresa. Un segnale molto positivo è stato il protocollo che il CNOP ha sottoscritto con il Ministero dell’Istruzione e che ha portato alcune migliaia di psicologi nelle scuole in questi mesi, però sono ancora insufficienti e con poche ore a disposizione, è necessario potenziare questa presenza e renderla strutturale.
La Scuola politica si rivolge ai giovani under 40 e alla loro formazione. Sui temi inerenti la salute, la psicologia e in generale il nostro sistema sanitario, qual è la sua idea? C’è una conoscenza approfondita delle varie tematiche oppure ci sono dei buchi da colmare?
L’innovazione richiede una visione diversa della salute. Oggi abbiamo una visione statica e dicotomica, cioè la vediamo come uno status che c’è oppure no, sei sano o sei malato. Ma le cose non funzionano così, lo vediamo tutti i giorni. La salute deve essere vista come un processo dinamico, dove i protagonisti sono la persona, il contesto e le relazioni persona-contesto. Così si comprendono i fattori in gioco e perché la dimensione psicologica conta così tanto, sia per aumentare la salute che per fronteggiare la malattia. L’idea di un corpo che si ammala o guarisce per conto suo, indipendentemente dalla persona che abita quel corpo è a dir poco riduttiva, direi che è fuorviante e limita fortemente la capacità di agire efficacemente. La genetica più recente ci dice che l’attività dei geni – che regola gran parte di ciò che accade nelle nostre cellule e nel nostro corpo – è modulata dalle nostre esperienze e dai nostri vissuti. In sostanza psiche e geni dialogano. Se non partiamo da qui facciamo come quei fisici classici che hanno rifiutato per anni di vedere i dati della fisica quantistica.
La salute è quindi strettamente legata con le caratteristiche psicologiche della persona e con lo sviluppo e l’evoluzione di queste, delle capacità di costruire equilibri adattivi e di fronteggiare costruttivamente le situazioni della vita. Allora si comprende perché l’inserimento di competenze psicologiche nei servizi di supporto alle persone con malattie fisiche mostra un risparmio di 2,5 euro per ogni euro speso per la psicologia. Perché in quei contesti più integrati si lavora sulle persone e non semplicemente sui loro corpi.
Se non abbattiamo i muri che tengono separate realtà che invece comunicano e sono interdipendenti noi siamo destinati a subire la complessità piuttosto che governarla. Sia a livello personale che di sistema questo è un fattore cruciale, perché consente di capire gli snodi degli scenari, gli hub, i dati che contano, altrimenti la complessità diviene solo complicazione. Ora non vorrei tirare in ballo gli studi sui processi di pensiero e di decisione ma avere una mente aperta è fondamentale. Non è la quantità dei dati ma il loro utilizzo che deciderà il successo adattivo. E tutto questo ha un grande valore economico, non a caso gli Psicologi hanno diversi premi Nobel per l’economia.
Per diversi anni lei è stato amministratore pubblico nel campo della cultura e coordinatore nazionale delle politiche giovanili delle Province Italiane. In questa veste ha promosso il Progetto delle Agenzie Giovani. Cosa possono fare oggi secondo lei, in concreto, per aiutare i giovani?
L’approccio italiano, per usare il noto adagio cinese, è quello di puntare a dare un pesce ai giovani anziché insegnargli a pescare. Sono le competenze di vita che dobbiamo aiutare a sviluppare, ed in questo l’educazione alla psiche ha un ruolo fondamentale: noi siamo sistemi che si autoregolano e la psiche modula questa regolazione. Un tempo tutto questo era scontato, come l’attività fisica, la scelta del lavoro o l’alimentazione. Oggi invece dobbiamo investire in processi nei quali i normali percorsi “naturali” non sono più sufficienti. Ecco che le infrastrutture sociali devono servire ad aiutare i giovani in un processo di crescita che non è più naturale e spontaneo ma ha bisogno di adeguati supporti e segnali di orientamento. La scuola non può essere vista come un luogo di trasferimento delle informazioni, perché se fosse così finirebbe per essere sostituita da internet, è un luogo di crescita psicologica strategico per una società, perché deve aiutare a sviluppare menti non solo sane ma flessibili, creative, aperte. Andrebbe insegnata Psicologia come materia nelle scuole ma soprattutto va messa a servizio della scuola per intercettare il disagio e sviluppare le potenzialità dei giovani. Solo così peraltro si riduce il gap sociale e si valorizza il merito, che è un aspetto fondamentale non solo di equità ma anche di competitività del Paese.
Teniamo conto, come dicono autori come Jeremy Rifkin o Klaus Schwab, pensatori molto influenti, che ora tutto verrà accelerato, abbiamo davanti una transizione ecologica e digitale che avrà un impatto uguale o superiore alla rivoluzione industriale. E il fattore umano sarà centrale, perché questo richiede una inedita capacità adattiva, non solo passiva ma proattiva.
I giovani dovranno non solo inserirsi ma essere protagonisti in questo scenario di vera e propria “transizione umana”, sia a livello individuale che di sistema. Il nostro Paese ha dato al mondo il Rinascimento, una transizione fondamentale che ha generato la modernità. Abbiamo ancora l’uomo vitruviano di Leonardo sulle nostre monete e questo deve essere un riferimento: siamo quelli che più di tutti possono far valere il capitale umano, se riusciremo a recuperare una visione più integrata. Per questo è importante investire in formazione, cercando di aumentare le competenze dei nostri giovani così come sta facendo la Scuola Politica “Vivere nella Comunità”.