KIRweb, l’azienda emblema di come il digitale ha cambiato l’ecosistema della comunicazione

- di: Redazione
 

Riccardo Pirrone, Ceo e creativo di KIRweb, oltre che Presidente dell’Associazione nazionale Social media manager e noto al grande pubblico come il Social media manager di Taffo, la più irriverente agenzia funebre italiana, in questa intervista spiega le coordinate e le caratteristiche del profondo cambiamento in atto e avverte: “Le difficoltà le incontreremo con l’avvento dell’intelligenza artificiale”.

KIRweb, l’azienda emblema di come il digitale ha cambiato l’ecosistema della comunicazione

KIRweb, la digital agency di successo di cui è creativo e Ceo e che è specializzata in siti internet e web marketing (in particolare vive di social media e advertising online), è l’emblema di come il digitale abbia cambiato, stia cambiando e cambierà l’ecosistema della comunicazione. Ci può dare le coordinate di questo mutamento, le sue caratteristiche, i suoi aspetti positivi ma anche i rischi e le zone d’ombra?

Con KIRweb siamo partiti facendo siti internet, oggi realizziamo campagne di comunicazione sui social network e sul digital. Con l’avvento dei social, la comunicazione del web è cambiata molto. Le persone, infatti, oggi possono raggiungere e parlare con le aziende molto più facilmente rispetto a prima, quando la comunicazione avveniva quasi esclusivamente tramite il customer care. Le aziende si sono accorte di questo mutamento e hanno cominciato a investire sui nuovi canali, anche se abbandonare le vecchie modalità di comunicazione e di fare pubblicità non sarebbe neanche giusto. Bisogna creare, infatti, un giusto mix tra le parti. Le difficoltà le incontreremo con l’avvento dell’intelligenza artificiale, in quanto non sappiamo ancora gestirla pienamente e molte persone non riescono a distinguere un contenuto fake da un contenuto reale. Per questo motivo l’educazione digitale assume un ruolo sempre più fondamentale.

Quale sarà, a suo parere, l’impatto dell’intelligenza artificiale sull’ecosistema della comunicazione? In particolare, facendo un salto in avanti i dieci anni, come immagina sarà l’ecosistema della comunicazione digitale?

Nei prossimi dieci anni, sicuramente, l’intelligenza artificiale avrà fatto il suo corso: saremo permeati da queste nuove funzionalità e i social media muteranno e diventeranno delle galassie di federazioni. Non esisteranno più, infatti, piattaforme private e divise come oggi, ma diventeranno tutti canali interconnessi, da Meta a X, da Instagram a Tik Tok. Potremmo parlare con un utente di un canale interagendo tramite il nostro profilo presente su un altro canale ancora e questa soluzione potrebbe essere una grande svolta per chi svolge il mestiere di Social media manager.

Non molti conoscono quello che fanno Social media manager e influencer. Lei ha ribadito, anche di recente, che si tratta di professioni che richiedono competenze. Quali, in particolare? E quali sono quelle cruciali per sperare di avere successo?

Il Social media manager e l’influencer sono due mestieri completamente diversi: il Social media manager, per svolgere le sue funzioni, necessita di una serie di competenze e di studi non indifferente, mentre gli influencer, e in generale i content creator, sono persone che hanno elaborato dei contenuti online spontanei o sono diventati popolari perché hanno avuto visibilità tramite altre piattaforme come radio, tv o teatro, raccogliendo tanti follower. Io personalmente sono un formatore di Social media manager, oltre a essere il Presidente dell’Associazione nazionale Social media manager: questo lavoro, che può sembrare ad alcune persone poco professionale, in realtà necessità di studi, esperienze e di un aggiornamento costante.

Collegandoci alla domanda precedente, ha evidenziato che si tratta di professioni che necessitano anche di studio. In questo contesto, può parlarci di KIRAcademy, la scuola di formazione che ha creato (e che ad oggi vanta più di cinquemila studenti) con lo scopo, ha affermato, di “non diventare dei banali Social media manager”?

La mia scuola è nata proprio come uno spinoff della KIRweb, un’agenzia di comunicazione fuori dalle righe. Questo tipo di comunicazione, molto irriverente, la definirei assolutamente giusta e adatta per i social network che sono, per natura, disruptive e innovativi. Occorre rispettare questa natura e questo linguaggio se si vuole fare pubblicità sui social. I corsi che noi teniamo riflettono su questa filosofia. Non si diventa un bravo Social media manager con le sole competenze, ma perché si riescono a realizzare dei contenuti e delle creatività che vanno oltre. Per intenderci, il semplice post pubblicitario per creare una community social non basta più.

Che caratteristiche hanno le aziende più pronte a cogliere le potenzialità della comunicazione digitale, affidandosi ad agenzie specializzate per promuovere la commercializzazione dei loro prodotti e servizi? Quanto è diffusa, soprattutto nelle Pmi italiane, la consapevolezza della necessità di un cambio di marcia nella comunicazione?

L’importanza del ruolo dei social network è diffusa ormai nelle aziende. Molte di queste non hanno un’esperienza completa su tali canali perché non investono sui social come su altre fonti di comunicazioni. Ad esempio, ci sono aziende disposte a investire anche 300mila euro per partecipare a una fiera di pochi giorni dal vivo e poi, sui social, fanno fatica a stanziare anche solo 50mila euro per tutto l’anno. Esistono ancora queste differenze, che riguardano soprattutto le aziende storiche presenti in vari segmenti di mercato: alcune sono ancora scettiche in merito alle potenzialità dei social, anche se loro stesse sono state testimoni della crescita esponenziale di altre aziende tramite questi canali, con strategie mirate e funzionali. In Italia c’è sempre più consapevolezza da questo punto di vista, ma rispetto ad altri Paesi siamo un po’ indietro. Il ruolo del Social media manager, con il tempo, sta avendo sempre più valore grazie anche alle campagne di sensibilizzazione che sono avvenute e che hanno fatto ben comprendere l’importanza anche solo delle piccole attività all’interno di una più complessa strategia di marketing digitale.

Social media manager e influencer hanno accesso a tantissimi dati personali di utenti che gravitano intorno al mondo dei social media. Questi dati come vengono gestiti e chi li gestisce, chi ha la responsabilità del loro utilizzo? I proprietari delle pagine social, quindi le aziende, o anche i Social media manager? Cosa prevede in proposito la normativa e quanta consapevolezza c’è, nel mondo social, su questa normativa?

Il ruolo del Social media manager è di grande responsabilità sotto questi punti di vista in quanto, svolgendo la sua funzione, diventa automaticamente anche un responsabile esterno al trattamento dei dati ed è sottoposto a degli obblighi di legge. Il GDPR si applica, infatti, a tutti quei soggetti che trattano, in proprio per conto di terzi, alcuni dati sensibili degli utenti come nome, cognome, indirizzo e-mail, fotografie, geolocalizzazione e preferenze. Il proprietario o l’amministratore di una pagina Meta o Instagram è contitolare del trattamento di questi dati personali degli utenti che si manifestano anche tramite messaggi privati, commenti e altro. Il tutto deve essere necessariamente regolamentato e deve esistere un contratto tra il Social media manager e l’azienda che esplichi chi è il titolare del trattamento dei dati personali degli utenti, regolando tutti i limiti dello svolgimento delle attività del Social media manager.

Ha detto che, “in media, si stima la Generazione Z cambierà lavoro ogni 1/2 anni, i Millennials ogni 2/4 anni, mentre la Generazione X ogni 5 anni circa”. Quindi, si è chiesto, “come riuscire a far rimanere in agenzia i nostri migliori talenti?”, mettendo l’accento sull’importanza del welfare aziendale. Ci può parlare del Piano welfare di KIRweb e se tale piano, a suo parere, è paradigmatico di come debbono muoversi un po’ tutte le aziende che operano nella comunicazione digitale?

Le generazioni più giovani tendono a essere più instabili dal punto di vista professionale: si fa molta fatica, infatti, a tenere i più giovani in un posto di lavoro per molto tempo in quanto desiderano vivere più esperienze lavorative. L’unico modo per mantenere una persona il più tempo possibile all’interno di un’azienda, evitando o limitando un eccessivo turnover, molto oneroso in termini di risorse e formazione per le aziende stesse, è aumentare le possibilità e le attività di welfare aziendale. Non si tratta solo di incremento economico o di benefit vari, ma anche di una maggiore libertà nello svolgimento della propria attività lavorativa. In questo contesto, non per ultimo mi riferisco all’applicazione dello smart working: la pandemia ci ha offerto questa possibilità e, finito il periodo di emergenza, alcune aziende hanno deciso di far tornare i propri dipendenti in ufficio. Secondo le ultime statistiche, solo il 10% delle aziende ha mantenuto o sviluppato nuovi modelli di lavoro ibridi, offrendo la possibilità ai dipendenti di lavorare un po’ da casa un po’ dall’ufficio. Tramite la nostra agenzia, offriamo ai nostri dipendenti diverse opportunità, fra le quali lo smart working e possibilità di crescita professionale.

Lei è conosciuto dal grande pubblico come il Social media manager di Taffo, la più irriverente agenzia funebre italiana. Si aspettava il successo di questo tipo di comunicazione e cosa ha pensato la prima volta che ha notato come questa grande notorietà provenisse da un settore così particolare?

Il progetto con Taffo è nato nel 2016, con uno dei primi post pubblicati per Natale e, da quel momento, non ci siamo più fermati. Taffo era una media agenzia di Roma e, con varie campagne social continuative mese dopo mese, siamo riusciti a farla diventare un franchising. Taffo, ormai, è il primo franchising funebre italiano ed è considerata a tutti gli effetti una realtà influencer e opinion leader: spesso, infatti, con i nostri post, ci battiamo per delle cause sociali e civili. Siamo diventati una realtà unica nel mondo con questa modalità di comunicazione. Con il black humor, abbiamo trovato il modo giusto di parlare di un’agenzia funebre sui social. Altri esempi in passato c’erano stati, ma miravano soprattutto all’ironia e non comunicavano ciò che interessa davvero alle persone, ovvero temi di attualità, politica, spettacolo, economia e sociale.

Un’ultima domanda, stavolta sul piano personale. Lei fa un mucchio di cose, dove trova il tempo e la freschezza per fare tutto? E come si rilassa, se si rilassa?

Effettivamente sono impegnato in tanti progetti. Non sono una persona che sponsorizza il proprio lavoro sempre e comunque. Ogni tanto è giusto e sacrosanto prendersi dei momenti di pausa.

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