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"La sicurezza è la base della libertà": intervista al Ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi

- di: Redazione
 
'La sicurezza è la base della libertà': intervista al Ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi

Il Ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, è stato intervistato nell'ambito del Premio Italia Informa 2024, dove ha ricevuto il premio "Rinascimento Italia".

"La sicurezza è la base della libertà": intervista al Ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi

Il Ministro analizza le sfide principali che il Paese affronta in tema di sicurezza. Si parla della gestione dell’immigrazione irregolare e delle sue ripercussioni sulla sicurezza delle città, del ruolo dell’Italia in Europa per rivedere le politiche migratorie e del contrasto alla criminalità organizzata, con particolare attenzione alla ‘ndrangheta e al riciclaggio internazionale. Piantedosi sottolinea quindi l’importanza di potenziare le risorse delle forze di polizia e di utilizzare la tecnologia per migliorare l’efficacia delle operazioni.

Ministro Piantedosi, gestire la sicurezza di un Paese come l’Italia comporta affrontare emergenze di ogni tipo. Quali sono state le sfide più critiche che ha dovuto affrontare come Ministro dell’Interno, e qual è oggi lo stato della sicurezza nel nostro Paese?
Occuparsi di sicurezza significa affrontare una tematica trasversale a diversi ambiti, i quali concorrono a definire ciò che intendiamo per sicurezza. È una questione fondamentale, una sorta di cornice o precondizione necessaria affinché i cittadini possano sentirsi più liberi e protetti.
Faccio questa premessa perché le attività di cui mi sono occupato negli ultimi due anni, come si è visto e sentito, non sono state dissimili da quelle dei miei predecessori. Tra queste, ad esempio, c’è stata la gestione del contrasto all’immigrazione irregolare, un fenomeno che presenta aspetti di insostenibilità e ha ripercussioni sulle condizioni delle nostre periferie e città. Questo si collega direttamente ai temi della sicurezza, come la commissione di reati e la percezione dei cittadini riguardo alla mancata gestione efficace di alcune situazioni.
Abbiamo lavorato per ripristinare un quadro normativo più efficace nella gestione di fenomeni complessi, che richiedono anche relazioni di carattere internazionale ed europeo. Parallelamente, ci siamo impegnati a migliorare le condizioni operative delle forze di polizia, aumentando le risorse destinate al personale e investendo significativamente nella strumentazione e nelle dotazioni tecnologiche.
In sintesi, il nostro intervento si è sviluppato su più fronti, con un’attenzione particolare al contesto europeo e internazionale, per garantire risposte adeguate e coordinate alle sfide che la sicurezza comporta.

L’immigrazione e il soccorso in mare continuano a generare polemiche e divisioni. Qual è il cuore del problema e come l’Italia si sta muovendo per affrontarlo, anche nei rapporti con l’Unione Europea?
Il cuore del problema può essere sintetizzato come una questione di natura epocale, che non riguarda solo l’Italia o l’Europa, ma l’intero mondo. I movimenti di persone a livello globale rappresentano una delle sfide principali, anche per il futuro.
Il punto di equilibrio consiste nella continua ricerca di una conciliazione tra due aspetti fondamentali: da un lato, gli imperativi umanitari, che richiedono di offrire accoglienza a coloro che scappano da guerre o da situazioni di difficoltà, in ossequio ai principi consolidati del mondo civilizzato; dall’altro, la necessità di evitare che tutto ciò diventi un meccanismo che comprometta una regola essenziale, ovvero che ogni Stato deve poter garantire il controllo minimo dei propri confini. Questo presidio è fondamentale per prevenire le ricadute negative a cui accennavo nella mia prima risposta.
Questo tema è cruciale, ed è per questo che sottolineo l’importanza di affrontarlo con grande attenzione. L’Italia si sta impegnando su diversi fronti, attraverso una serie di iniziative che sarebbe troppo lungo elencare in dettaglio. Tra queste, va menzionata non solo quella con l’Albania, che ha ricevuto molta attenzione, ma anche il lavoro più ampio che l’Italia sta portando avanti in Europa per rivedere le normative in materia.
Siamo consapevoli che questo è un fenomeno epocale e mondiale e che solo attraverso un rapporto adeguato e una collaborazione effettiva con gli altri Paesi sarà possibile affrontarlo con successo.

La mafia siciliana ha subito colpi durissimi negli ultimi decenni, ma altre organizzazioni come la ‘ndrangheta sembrano aver preso il suo posto al vertice del crimine organizzato. Come si sta muovendo lo Stato nella lotta alla criminalità organizzata e quali sono i punti di forza e le criticità di questa battaglia?
Quello a cui lei fa riferimento, ovvero il mutamento nei rapporti di forza tra le organizzazioni criminali storiche, è un fenomeno che si collega alla loro evoluzione. Le mafie, oggi, sparano di meno, sono meno cruente, ma si occupano sempre più di affari, in particolare del riciclaggio delle grandi risorse provenienti dal traffico internazionale della droga. Questo ha modificato anche la gerarchia delle organizzazioni: la ‘ndrangheta calabrese, secondo tutte le analisi degli esperti, è diventata una delle mafie più attrezzate e influenti a livello internazionale. L’Italia, però, può contare su un sistema normativo e operativo all’avanguardia. Grazie alla professionalità delle nostre forze dell’ordine e della magistratura, riusciamo a sequestrare e confiscare, mediamente, 1,5 miliardi di euro all’anno di beni illeciti.
Inoltre, stiamo adottando misure specifiche per monitorare e prevenire l’infiltrazione mafiosa nei grandi eventi e nelle opere pubbliche, come nel caso di Milano-Cortina. Stiamo potenziando le capacità tecnologiche e incrociando banche dati per individuare e bloccare il riciclaggio di denaro sporco. Certo, si tratta di una sfida complessa, ma siamo considerati un modello di riferimento a livello internazionale.

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