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Incendi: Vigili del fuoco, i nostri silenziosi angeli custodi

- di: Redazione
 
Incendi: Vigili del fuoco, i nostri silenziosi angeli custodi
La fotografia di un gruppo di Vigili del fuoco, stremati dopo ore di impari lotta contro il mostro degli incendi, ha fatto il giro della rete e oggi viene pubblicata da parecchi quotidiani, quasi un omaggio a chi, nel silenzio, veglia sull'incolumità di migliaia di persone.
Nella foto si vedono non più dei vigili del fuoco, ma semplicemente degli uomini che, sfiancati dalla fatica dopo essere rimasti sul fronte delle fiamme ben più di turni prestabiliti e orari, cedono soltanto davanti alla stanchezza. Uno di loro, guardando la foto e riconoscendosi tra chi vi è ritratto, ha solo detto che gli sarebbe piaciuto che l'immagine mostrasse anche le persone che, riconoscenti per quello che avevano fatto e che, riassorbita la fatica, stavano per riprendere a fare, hanno portato loro delle bottiglie d'acqua, che li potessero aiutare a cancellare dalla loro gola l'acre sapore della combustione.

Incendi: Vigili del fuoco, i nostri silenziosi angeli custodi

Senza volere fare della retorica, in cui è facile cadere, i vigili del fuoco (i nostri come i loro colleghi che, in Europa, ma anche nel Nord America) sono piccoli eroi. E per piccoli intendiamo persone che hanno fatto una scelta di vita, ma senza sbandierarne i pericoli, perché quello è il loro mestiere. Per alcuni di loro è anche una missione, ma si guardano bene dal dirlo, per evitare che qualcuno ci possa fare sopra dell'ironia che sarebbe fuor di luogo.

In silenzio a combattere una guerra che altri hanno scatenato e davanti alla quale non possono indietreggiare, perché dopo la loro linea di difesa ci sono case, strade, persone, ci sono vite.
In fondo, i Vigili del fuoco sono soldati, solo che non vedono il nemico vero, quello che gli incendi contro i quali combattono hanno appiccato, con il più totale disprezzo per gli altri, uomini o natura.
Tutti sanno che gli incendi scoppiati per cause naturali sono pochissimi, anzi forse si possono definire rarissimi e che quindi dietro di essi ci sono individui che è difficile definire essere umani.
Questi signori, per fini diversi (ad eccezione di quelli che soffrono di turbe mentali, tutti riconducibili a motivi economici), appiccano fiamme laddove sanno che l'incendio sarà alimentato - dal vento, dalle stoppie - e correrà veloce. E sanno anche che per loro, se dovessero essere identificati, la pena sarà quasi ridicola rispetto al danno che hanno procurato.

E' una falla del nostro codice, perché, contestando l'incendio doloso, non si considera che quando esso viene appiccato in particolari condizioni (come, ad esempio, la vicinanza a centri abitati o strutture ricettive) è una potenziale causa di danni alle persone che, come è accaduto in questi giorni in Sicilia, per le loro condizioni fisiche non hanno potuto fuggire. Se questo pericolo provocato si ingigantisce per il numero delle persone potenzialmente minacciate dalle fiamme parlare solo di incendio doloso è limitativo e comunque inadeguato alla reale gravità dei fatti.
Parlare di elevare le condanne - come ha auspicato il ministro Salvini - è una risposta, ma di certo non un deterrente, come potrebbe essere adeguare l'evento ad una ipotesi di reato eguale a quella che viene contestata a chi, volontariamente, mette in pericolo l'incolumità pubblica. Come quella che è stata contestata, tanto per fare un esempio, all'anarchico Alfred Cospito, che non fece male a nessuno, ma avrebbe potuto farne a molti, sino alla morte.
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