Imprese, l’allarme di CGIA: calano i prestiti e aumenta il rischio infiltrazione della criminalità

- di: Barbara Leone
 
Nell’ultimo anno gli impieghi vivi alle imprese sono diminuiti del 4,7  per cento (in termini assoluti -32,2 miliardi di euro), ma a Nordest la  contrazione è stata molto pesante, addirittura del 7,4 per cento (-14  miliardi). Continua, pertanto, la riduzione dei prestiti bancari alle  aziende che negli ultimi 12 anni a livello nazionale ha registrato una  caduta del 27 per cento, pari a -247 miliardi di euro di impieghi vivi in  essere. Per l’Ufficio studi della CGIA questo trend rischia di alimentare,  indirettamente, un fenomeno molto preoccupante che, ormai, non  riguarda solo le regioni del Sud, ma anche quelle del Nord: vale a dire la presenza sempre più diffusa nell’economia reale delle organizzazioni  criminali.

Imprese, l’allarme di CGIA: calano i prestiti e aumenta il rischio infiltrazione della criminalità

In questi momenti così particolari, infatti, sono gli unici  soggetti che dispongono della liquidità necessaria per “aiutare” chi si  trova in difficoltà economico-finanziaria, in particolare nei settori ad alta  intensità di contante (ristorazione, intrattenimento e sale giochi), in  quelli che richiedono il controllo del territorio (edilizia) e nei comparti  meno innovativi che non richiedono competenze specialistiche. Insomma, le attività economiche sono le principali “prede” di chi vuole  reinvestire i proventi ottenuti illecitamente. Un’ulteriore conferma viene dall’Europol; secondo questa Agenzia l’80 per cento delle  organizzazioni criminali attive in Europa utilizza le imprese nelle loro  attività illegali.

E’ vero, come sottolinea la CGIA, che il calo degli impieghi dell’ultimo  anno è sicuramente condizionato dalla diminuzione della domanda di  credito da parte delle imprese, dall’elevato costo del denaro e dalla  diminuzione degli investimenti in macchinari dovuta all’attesa delle  agevolazioni previste dalla nuova transizione 5.0, tuttavia i segnali di  una presenza stabile e consolidata della criminalità nel mondo delle  imprese del Nord risalgono almeno da 25 anni.  I reati spia ci segnalano il rischio infiltrazione Come dimostrano alcuni studi realizzati dalla Banca d’Italia, a livello  territoriale la presenza più diffusa delle organizzazioni economiche  criminali si registra nel Mezzogiorno, anche se ormai molte evidenze altrettanto inquietanti segnalano la presenza di queste realtà illegali  nelle aree economicamente più avanzate del Centronord. La letteratura  specializzata evidenzia che, storicamente, i territori dove l’economia  locale è fortemente condizionata dalla spesa pubblica e il livello di  corruzione della pubblica amministrazione è molto elevato sono più  vulnerabili dal potere corruttivo delle mafie. Induttivamente è possibile  riconoscere un’area geografica più a rischio di un’altra, anche dal  riscontro di una elevata presenza di reati spia. Nei territori dove il  numero di denunce all’autorità giudiziaria per estorsione/racket, usura,  contraffazione, lavoro nero, gestione illecita del ciclo dei rifiuti,  scommesse clandestine, gioco d’azzardo, etc. è molto alto, la  probabilità che vi sia una presenza radicata e diffusa di una o più  organizzazioni criminali di stampo mafioso è molto elevata. 

In uno studio realizzato verso la fine del 2021, secondo la Banca  d’Italia la penetrazione territoriale della Mafia Spa non riguarda solo il  Sud; purtroppo, come dicevamo più sopra, presentano un indice di  presenza mafiosa molto preoccupante anche realtà del Centronord, in  particolar modo le province di Roma, Latina, Genova, Imperia e  Ravenna. Meno colpite delle precedenti, ma comunque con forti criticità  si segnalano, sempre nella ripartizione centrosettentrionale, anche le  provincie di Torino, Novara, Verbano-Cusio-Ossola, Varese, Milano,  Lodi, Brescia, Savona, La Spezia, Bologna, Ferrara, Rimini, Pistoia,  Prato, Firenze, Livorno, Arezzo, Viterbo, Ancona e Macerata. Meno  investite da questo triste fenomeno sarebbero, invece, le province del  Triveneto (con leggeri segnali in controtendenza a Venezia, Padova,  Trento e, in particolar modo, Trieste). Anche la Valle d’Aosta e l’Umbria presentano un livello di rischio molto basso. Nel Mezzogiorno, infine,  secondo i ricercatori di via Nazionale gli unici territori verosimilmente  meno interessati dalla presenza del fenomeno mafioso sarebbero le  province di Matera, Chieti, Campobasso e le realtà sarde di Olbia Tempio, Sassari e Oristano.

Nell’ultimo anno a livello provinciale la contrazione degli impieghi vivi  erogati dalle banche alle imprese si è sentita maggiormente a Trieste  (-18,5 per cento pari a -756,9 milioni di euro), a Gorizia (-14,1 per  cento pari a -154,7 milioni), a Novara (-13,8 per cento pari a -460  milioni) e a Trento (-13,5 per cento pari a -1,6 miliardi di euro). Ad  eccezione di Gorizia, sono territori che nella Fig.1 registrano un rischio  di presenza mafiosa particolarmente elevato. Tra tutte le province  d’Italia monitorate dall’Ufficio studi CGIA, nell’ultimo anno solo quattro  hanno aumentato il volume dei prestiti. Si tratta di Messina (+1,1 per  cento pari a +24,6 milioni), Enna (+1,4 per cento pari a +6,4 milioni), Caltanissetta (+12,3 per cento pari a +91,3 milioni) e Lodi (+12,7 per  cento pari a +291,6 milioni di euro). A livello regionale, infine, sono le realtà del Triveneto quelle più  interessate dalla contrazione dei prestiti. Sempre nell’ultimo anno il  Trentino Alto Adige ha subito una diminuzione del 10,4 per cento (-3  miliardi di euro), il Friuli Venezia Giulia del -10,3 per cento (-1,6 miliardi  di euro), la Valle d’Aosta del -8,7 per cento (-155 milioni), le Marche  del -7,6 per cento (-1,2 miliardi) e il Veneto del -7,2 per cento (-5,1  miliardi di euro). Se, come dicevamo più sopra, nell’ultimo anno la riduzione dei prestiti  alle imprese italiane è stata del 4,7 per cento (-32,2 miliardi di euro),  le piccolissime imprese (quelle con meno di 20 addetti) hanno subito  una contrazione dell’erogato dell’8,3 per cento (-9,5 miliardi), mentre  quelle con più di 20 addetti hanno visto scendere il flusso del 4 per  cento (-22,6 miliardi di euro). Ancora una volta, nel rapporto tra  banche e imprese, le micro e le piccolissime risultano essere le più  penalizzate.

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