Hera: parla l’Ing. Claudio Anzalone, della Direzione Acqua

- di: Redazione
 
La questione idrica come tema cruciale dello sviluppo sostenibile, la resilienza idrica davanti al cambiamento climatico, la questione della doppia governance dell’idrico, il water service divide tra nord e sud del Paese, le strategie del Gruppo Hera e gli ottimi risultati raccolti, gli ostacoli culturali da superare e molto altro ancora nell’intervista all’Ing. Claudio Anzalone, della Direzione Acqua di Hera SpA.

Intervista all'ingegnere Claudio Anzalone, della Direzione Acqua di Hera

Può farci un quadro sintetico delle strategie sull’argomento acqua del Gruppo Hera, che è tra i leader nei servizi ambientali idrici ed energetici (secondo operatore nazionale per volumi di acqua erogata) e che nel 2021 ha segnato il ventesimo anno di crescita ininterrotta? Quali i punti cardini del servizio di successo che avete organizzato e quali, oggi, le regole d’oro di un buon water management efficace e sostenibile?
Alcune strategie applicate alla gestione del Servizio Idrico Integrato (SII) sono, di fatto, trasversali alle diverse aree d’attività del Gruppo Hera e, anzi, da ciò traggono forza per mole di esperienza e condivisione di best practice. Penso innanzitutto all’approccio multi-stakeholder fondato su un solido e trasparente sistema di accountability e alle principali direttrici di azione e sviluppo formanti una vera “cultura d’impresa” sempre più condivisa. Precursori nel mettere al centro i temi della sostenibilità, si è presto imposta come obiettivo primario del Gruppo la creazione di valore condiviso, ovvero quella parte di MOL derivante dalle attività connesse al perseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (SDGs).
Le strategie specifiche per il settore idrico che improntano il nostro Piano Industriale riguardano la resilienza infrastrutturale dei sistemi gestiti, l’efficientamento energetico e la decarbonizzazione, il riuso delle acque e il recupero di materia, l’ulteriore sviluppo delle smart water grid (automazione e telecontrollo, smart meters, digital analytics e applicazioni AI nella gestione e manutenzione delle infrastrutture). Un approccio integrato al controllo e contenimento delle perdite di rete - distrettualizzazioni e ottimizzazioni delle pressioni, piani di ricerca perdite e sostituzione condotte guidati da algoritmi avanzati, ricerca attiva delle perdite con sistemi classici e innovativi come quello da satellite - fa sì che le reti Hera presentino valori di perdite idriche lineari che sono circa un terzo di quelli medi nazionali e molto inferiori al valore limite indicato per la classe A del relativo indicatore di qualità tecnica (ARERA Del. 917/2017/R/IDR).
Lo sviluppo infrastrutturale e il suo mantenimento richiedono importanti investimenti: le gestioni Hera si connotano per valori di investimento pro-capite decisamente più elevati di quelli medi nazionali. Nel 2021 il Gruppo Hera ha investito nel SII quasi 170 milioni di euro e nel Piano Industriale al 2025 sono previsti investimenti complessivi per oltre 1 miliardo. Numeri e attività che possono essere garantiti solo da un gestore industriale, finanziariamente solido, dotato di elevate competenze tecniche e gestionali, in grado di programmare l’evoluzione infrastrutturale in funzione delle esigenze di medio e lungo termine, esigenze storicamente poste dallo sviluppo del territorio ma oggi anche da scenari più generali come quelli connessi al cambiamento climatico.

L’Italia è uno dei Paesi più idrovori d’Europa, sia a livello assoluto con oltre 9 miliardi di m3 di acqua prelevata ogni anno per uso civile (1° Paese dell’Unione Europea), sia in termini relativi, con 152 m3 di acqua prelevata ad uso potabile per abitante all’anno (2° Paese dell’Unione Europea, dopo la Grecia). In questo quadro, a suo parere è efficace l’organizzazione italiana basata su 2 livelli di Governance, una nazionale e l’altra locale, o c’è necessità di modificarla? L’Arera, l’Authority dei servizi pubblici, in merito al ‘water service divide’ tra nord e sud del Paese afferma che ‘le criticità ancora presenti evidenziano la necessità di un’azione di riforma per il rafforzamento della governance della gestione del servizio idrico integrato’…
Tutti gli operatori di settore riconoscono che la regolazione di primo livello sviluppata e affinata da ARERA negli ultimi anni ha consolidato il settore e migliorato le sue performance, sia in termini di investimenti sia nei livelli di servizio. Differenze territoriali significative possono tuttavia essere indotte anche dall’azione del legislatore regionale, delle agenzie regionali, del regolatore di secondo livello (l’Ente d’Ambito), di tutte le pubbliche amministrazioni e dalla qualità delle mutue relazioni fra questi soggetti e il gestore SII. Relazioni che devono essere basate su stretti vincoli di competenza e rispetto istituzionale, ma anche sulla collaborazione reciproca. Per fare un esempio, l’assenza di agglomerati emiliano-romagnoli nelle passate e attuali procedure d’infrazione sulla depurazione delle acque reflue è il frutto di una gestione di alto livello che poggia su una “rete” efficiente ed efficace che presidia tutte le fasi del servizio idrico: pianificazione, programmazione, attuazione, gestione, controllo. Il tutto a beneficio, in ultima istanza, dei cittadini, delle imprese e dell’ambiente di questi territori.
L’acclarata esistenza nel Paese di un consistente water service divide ritengo renda necessario aprire quanto prima uno spazio di riflessione aperta e coraggiosa riguardo ad un possibile corpo di leggi speciali e di regolazione specifica per aggredire questa situazione: condizioni di mitigazione del rischio e incentivazione specifica potrebbero spingere alcune aziende industriali strutturate e solide ad impegnarsi - direttamente o attraverso partnership - a risolvere problemi ormai secolari che non possono essere considerati accettabili per un Paese come il nostro che, a ragione, vuole continuare a sedere al tavolo G7.

Prendiamo il vostro esempio per una domanda su un aspetto culturale di grande rilevanza in Italia. Nel territorio servito da Hera l’acqua del rubinetto è controllata da circa 2mila 700 analisi al giorno, che dicono tutte la stessa cosa: l’acqua è non soltanto buona - ma è anche sicura – con valori di cloruro, nitrato e nitrito inferiori di oltre l’85% ai limiti di legge. Senza contare che, oltre a costare enormemente di meno di quella in bottiglia (460 euro il risparmio medio annuo per una famiglia di 3 persone), l’acqua del rubinetto è persino più comoda. Il 51% dei clienti che scelgono di berla, del resto, fanno bene anche all’ambiente, evitando il consumo di 284 milioni di bottiglie di plastica. Eppure, in tutta Italia ci sono ancora diffidenza e ostacoli culturali. Cosa fare?

Ci sono 4 ottimi motivi per sostenere la “rivoluzione culturale” di scelta dell’acqua di rubinetto: è buona, è sicura, è economica, è amica dell’ambiente.
Sulla sua sicurezza garantiscono la competenza e la professionalità di tutti coloro che ogni giorno curano la filiera di produzione e distribuzione, dalla captazione fino ai contatori di casa. Le sue caratteristiche e i controlli lungo tutta la filiera sono garantiti da una norma nazionale severa che recepisce una Direttiva Europea. I controlli sono effettuati sia dal gestore SII che dalle Aziende Sanitarie. Il progressivo sviluppo dei Piani di Sicurezza dell’Acqua (Water Safety Plans) - ispirati dall’OMS e declinati nella nuova Direttiva Europea di prossimo recepimento - alzerà ulteriormente il livello di sicurezza dei sistemi acquedottistici e le garanzie sulla qualità del prodotto finale. Anche su questo tema, Hera è stata pioniera sviluppando i primi WSP in Italia sotto la guida dell’Istituto Superiore di Sanità ed è attualmente fortemente impegnata in questa attività.
Dal punto di vista qualitativo, le differenze fra acqua di rubinetto e minerali sono generalmente minime, talvolta inapprezzabili. Le acque potabili distribuite da Hera hanno caratteristiche chimico-fisiche, microbiologiche ed organolettiche in linea con la stragrande maggioranza delle acque oligominerali in commercio. Un eventuale odore di cloro residuo - garanzia, peraltro, di sicurezza microbiologica - può essere eliminato tenendo l’acqua in caraffa per qualche decina di minuti. Consigliabile anche un passaggio in frigorifero: è esperienza comune che l’acqua risulti tanto più gradevole quanto più è fresca. Non serve utilizzare alcun sistema di “trattamento” domestico.
L’acqua di rubinetto costa pochissimo (10 litri costano da 1 a 3 centesimi). Il risparmio, oltre che certo, può essere significativo: una famiglia che beve 6 litri d’acqua al giorno in un anno può risparmiare da 260 a oltre 600 euro (il valore dipende dalla marca dell’acqua minerale sostituita).
Inoltre, è davvero una scelta eco-friendly: quella stessa famiglia evita la produzione e messa in circolo di 1100-1500 bottiglie di plastica; studi effettuati sul ciclo di produzione e distribuzione evidenziano che rispetto all’acqua in bottiglia, l’acqua di rubinetto richiede 30 volte meno energia e produce emissioni di CO2 50 volte inferiori. Un vero prodotto locale, a km zero, plastic free.
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