Mentre la guerra in Ucraina continua, gli insulti di Biden 'aiutano' Putin

- di: Redazione
 
Sarà la consapevolezza che quella che si combatte in Ucraina si sta dimostrando tutto meno che la guerra-lampo che era nelle speranze dei russi. Sarà che si sta toccando con mano già oggi quale potrebbe essere lo scenario economico internazionale che il conflitto si lascerà comunque alle spalle, quale che sia il vincitore.
Ma, in queste ore, sembra manifestarsi nei commentatori e negli analisti una diversa visione di Putin, della sua azione, delle sue prospettive e, quindi, anche della possibilità che le sue strategie abbiano alla fine ragione.

Ucraina: le critiche a Biden favoriscono Putin

È come se, all'improvviso, lo scenario della guerra, agli occhi di chi la guarda dall'esterno, abbia cominciato a muoversi su due piani, entrambi inclinati e che tendono verso il baratro, in cui su uno scorrono le immagini esecrabili delle violenze e della distruzioni di cui è teatro l'Ucraina, mentre sull'altro si muovono soggetti e personalità politiche che devono essere giudicati alla luce del presente e del futuro, posto che il passato è stato abbondantemente vivisezionato.

E, se questa sensazione ha un minimo di fondamento, l'impressione è che la necessità di guardare all'essenza delle cose e alla realtà di quanto accade sul terreno lasci pensare che, alla fine, la lunghezza del conflitto contribuisca ad ammorbidire le condanne di principio all'operato di Vladimir Putin. Che resta censurabile, che appare, agli occhi del diritto internazionale e di quello dei popoli, da condannare. Ma che, a rifletterci, sta avendo una traduzione concreta in un conflitto che rischia di essere devastante, oltre che per gli ucraini, anche per il resto del mondo occidentale, che ora deve cominciare a contarsi e, quindi, a capire chi sta con chi, veramente.

Putin, peraltro, deve avere capito, forse, che le guerre non hanno mai un esisto scontato, soprattutto davanti alla dimostrata inefficacia della sua macchina bellica che avrebbe dovuto fare un sol boccone dell'esercito ucraino ed invece è finita nella peggiore situazione per un generale: un conflitto in stallo in cui l'aggressore, con linee di rifornimento lunghe e non sempre difendibili, è sempre sotto attacco da parte dei soldati e dei combattenti ucraini.
Ma, davanti alla condanna internazionale (anche se non globale perché, se pecunia non olet, Putin si è trovato accanto alleati interessati, come l'affamata di grano India di Modi), il presidente russo ha avuto modo di tirare il fiato per le stravaganti sortite di Joe Biden, che lo ha etichettato come un criminale di guerra, un macellaio e un candidato alla defenestrazione.

La diplomazia ha insegnato tante cose, ma di certo la principale è di evitare che le parole interpretino esattamente il pensiero. Cioè, tutti pensano che quella scatenata da Putin in Ucraina sia una guerra senza senso se non quello di saziare l'ego del presidente russo e il suo sogno di ridisegnare i confini della Russia su quelli dell'impero zarista. Ma un conto è pensare, un conto è dirlo chiaramente.
Questo - che non è il primo e probabilmente nemmeno l'ultimo degli incidenti di comunicazione di Biden - in un certo senso ha abbassato, di poco, ma significativamente, la durezza sui giudizi di Putin, che, bollato come ''macellaio'' e ''criminale'', ha registrato con soddisfazione le prese di distanza che i governanti occidentali hanno fatto rispetto alle esternazioni del presidente americano.

Non stiamo comunque assistendo ad un ribaltamento dell'atteggiamento generale nei confronti Putin (che potrebbe rispondere delle sue azioni, sia pure simbolicamente, davanti ad un organismo internazionale di giustizia, posto che non lo farà mai davanti alla sua coscienza) , ma ad una leggera correzione di rotta, quei lievissimi colpetti al timone di una barca che alla fine ne cambiano la direzione.
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