Il mesto ritorno in tv di Grillo, sconfitto dalla politica e da chi aveva scelto come erede

- di: Redazione
 
Forse per qualcuno doveva essere una rentrée in grande stile, per riproporsi come un leader, grazie anche all'opportunità concessa dalla platea di Fabio Fazio.
Un ritorno nell'agone della politica che, per Beppe Grillo, si è dimostrato solo un certificato, un timbro, un bollo su un documento che ne sancisce la fine politica. Che forse lui da tempo persegue, ma che non può ufficializzare sino a quando, in qualche modo (come, ad esempio, un contratto da qualche centinaio di migliaia di euro all'anno), è ancora legato alla sua creatura, a quel movimento dei Cinque Stelle che ormai lo considera come un corpo estraneo, un allegro vecchietto che straparla, ma che, come il nonno o lo zio sempre attaccato ai suoi ricordi, nessuno sta più a sentire.

Il mesto ritorno in tv di Grillo, sconfitto dalla politica e da chi aveva scelto come erede

Grillo ha fatto il suo comizio, anche se alla fine tutti hanno avuto l'impressione che, come sempre, il guitto abbia prevalso sul politico, perché non ha perso l'occasione di tradurre i suoi progetti, i suoi sogni, le sue utopie in qualcosa di cui cogliere l'aspetto comico. Anche quando gli argomenti erano molto seri.
Lui ha parlato, straparlato, torrenziale come sempre, e di persone e personaggi ha fatto oggetto delle sue considerazioni. Nulla di stravolgente, per carità, ma a qualcuno ha riservato delle stilettate niente male.
Saltando il giudizio su Luigi Di Maio (il migliore, a suo dire, che ha tradito perché abbagliato dal potere, come se non fosse stato lui a sceglierlo e ad imporlo), è stato interessante come Grillo ha parlato di Conte e della sua trasformazione da cattedratico in politico sic et simpliciter, diventando cioè simile in tutto e per tutto a quella ''casta'' che i Cinque Stelle si erano messi in testa di demolire, polverizzare, disperdendone le polveri nelle acque del mare. Conte invece, sembra pensare Grillo, più che cambiare è stato cambiato, come confermano i bizantinismi del suo parlare forbito, tanto che, ha chiosato, non si capisce quel che dice. Cioè, piuttosto che mangiarsi la politica, è stata la politica a mangiarsi colui che si era presentato fregiandosi del titolo di ''avvocato del popolo''.

Quindi, a volere essere precisi, Beppe Grillo ha ammesso i suoi fallimenti, sia nell'elaborazione delle strategie (che fine ha fatto l'apriscatole che doveva essere usato per sventrare il parlamento?), che nella scelta degli uomini che le avrebbero dovuto realizzarle.
Su una cosa Grillo è stato in effetti convincente, quando ha fatto capire di essere deluso, da tutto, da tutti.
Anche se forse qualche residuale consenso lo ha ottenuto quando ha fatto prevalere il suo essere padre di un ragazzo, forse scapestrato o forse cultore della violenza, che ha voluto difendere, prendendo come bersaglio la senatrice della Lega Giulia Bongiorno, non in quanto difensore della ragazza che dice d'essere stata stuprata, ma per mischiare il suo ruolo di avvocato con la politica. Una affermazione, forse la sola tra le tante, che potrebbe essere condivisa.

Ma, tornando al Grillo politico, lo strano comizio-spettacolo in casa Fazio ha restituito l'immagine di un uomo sconfitto. Dell'uomo che si era prefisso di guidare i peones, i descamisados, i reietti, gli ultimi, i poveri, oggi è rimasta una immagine stanca, imbolsita, caratterizzata solo dalla meccanica ripetizione di idee e concetti che la realtà dei fatti, quella rappresentata dai suoi seguaci in parlamento e nella politica, ha cancellato.
Certo la lingua resta tagliente, ma quelle parole che infervoravano la folla ora sembrano un soufflé che si è sgonfiato, un piatto che era bellissimo da vedersi, ma che poi dentro portava i semi dell'inconsistenza politica.
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