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Grano, la rivolta delle campagne

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Grano, la rivolta delle campagne

Da Bari, cuore del “Granaio d’Italia”, a Palermo, passando per Cagliari, Rovigo e Firenze, ventimila agricoltori di Coldiretti hanno riempito le piazze con cartelli, cori e sacchi di grano vuoti avvolti nel tricolore. Un’ondata gialla per denunciare il crollo dei prezzi e le speculazioni che, accusano, stanno mettendo in ginocchio circa 140mila aziende agricole, soprattutto nel Mezzogiorno. Il grano duro è sceso a 28 euro al quintale, il 30% in meno rispetto a un anno fa, tornando ai livelli prebellici in Ucraina. Nello stesso periodo i costi di produzione sono cresciuti del 20%. Risultato: mentre un chilo di pasta al supermercato costa in media 2 euro, agli agricoltori restano appena 28 centesimi per ogni chilo di grano.

Grano, la rivolta delle campagne

“È ora di restituire dignità agli agricoltori – ha detto il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini –. Bisogna far rispettare la legge sulle pratiche sleali che vieta la vendita sotto i costi di produzione e superare il sistema opaco delle borse merci locali, sostituendolo con una Commissione unica nazionale per fissare i prezzi in modo trasparente. Non possiamo più svendere il nostro grano: servono controlli severi contro gli speculatori”.

Il segretario generale Vincenzo Gesmundo ha alzato il tiro: “Non è solo una questione economica ma di salute e sovranità alimentare. Non possiamo accettare che il nostro grano venga sottopagato e poi importare pasta fatta con grano canadese al glifosato. Servono invasi e stoccaggi per creare riserve strategiche e proteggere produttori e consumatori”.

Il piano in sette mosse
Coldiretti propone una strategia in sette punti per salvare la cerealicoltura italiana. In cima alla lista c’è l’istituzione immediata della CUN del grano duro, per archiviare le borse merci locali e garantire trasparenza. Altro tassello è l’obbligo per Ismea di pubblicare subito i costi medi di produzione, così da dare un riferimento certo alle autorità che vigilano contro la vendita sotto costo.
Sul fronte economico, l’organizzazione chiede di portare fino a 40 milioni di euro il sostegno pubblico ai contratti di filiera pluriennali, con l’obiettivo di coprire 400mila ettari su 1,2 milioni di coltivati e garantire un reddito equo.

Importazioni sleali e reciprocità
Altro fronte caldo è il commercio estero. Coldiretti vuole fermare le importazioni di grano prodotto con sostanze vietate in Europa, come il glifosato canadese o i pesticidi di Turchia e Russia. Il principio è la reciprocità: chi esporta in Europa deve rispettare le stesse regole ambientali, sanitarie e sociali imposte ai produttori comunitari.
Si chiede inoltre di estendere a tutta l’Unione europea l’obbligo di indicare l’origine del grano sulle confezioni di pasta, come già accade in Italia: “I consumatori devono sapere cosa mettono in tavola e chi produce qualità deve essere riconosciuto e premiato”.

Innovazione, ricerca e acqua
Il piano Coldiretti mette l’accento anche su ricerca e innovazione, coinvolgendo il Crea per sviluppare tecniche che migliorino rese, qualità e sostenibilità. Fondamentale, secondo l’associazione, un programma nazionale di stoccaggi e invasi per difendere le forniture nei momenti di crisi e stabilizzare i prezzi.
Gli investimenti in irrigazione e infrastrutture idriche, sostengono, servono a proteggere il settore cerealicolo dai rischi climatici e dalle speculazioni stagionali che troppo spesso tagliano i margini di chi coltiva.

La sfida per la sovranità alimentare
La battaglia per il grano, sottolineano i vertici di Coldiretti, non è una vertenza settoriale ma un tassello strategico per la sovranità alimentare nazionale. La mobilitazione nelle piazze vuole spingere governo e Unione europea a intervenire subito, per correggere le distorsioni del mercato e ridare dignità a un comparto che considera vitale per l’economia e l’identità del Paese.

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