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Golden power, svolta del governo: freno europeo prima dei poteri

- di: Jole Rosati
 
Golden power, svolta del governo: freno europeo prima dei poteri
Golden power, svolta del governo: freno europeo prima dei poteri
Roma riscrive le regole: più peso alla sicurezza economica, ma stop anticipato su banche e assicurazioni.

Il governo cambia passo sul golden power e lo fa mettendo nero su bianco una correzione attesa, ma politicamente delicata. Dopo settimane di tensioni con Bruxelles, arriva una revisione che rafforza i criteri nazionali di tutela, ma allo stesso tempo riconosce il primato delle autorità europee nei settori più sensibili.

La modifica entra nel decreto Transizione 5.0, attualmente all’esame parlamentare, e interviene direttamente sulla legge del 2012 che consente all’esecutivo di bloccare o condizionare operazioni societarie considerate strategiche per la sicurezza del Paese.

La prima novità: la sicurezza economica diventa legge

Il primo cambio di rotta è sostanziale. Tra i criteri che giustificano l’attivazione dei poteri speciali viene inserita esplicitamente la sicurezza economica e finanziaria nazionale. Un concetto che negli ultimi mesi il Ministero dell’Economia aveva più volte evocato, ma che ora trova finalmente una base normativa chiara.

Non si parla più soltanto di difesa, energia o infrastrutture critiche: l’equilibrio finanziario del sistema Paese entra a pieno titolo tra gli interessi da proteggere. Un messaggio forte, soprattutto in un contesto internazionale segnato da acquisizioni transfrontaliere sempre più aggressive.

Il secondo cambio: niente interventi prima del via libera Ue

La vera svolta, però, riguarda i tempi. Per il settore finanziario – banche, assicurazioni e grandi gruppi creditizi – il golden power non potrà più scattare prima che si concludano le valutazioni delle autorità europee competenti.

In concreto, l’esecutivo dovrà attendere il completamento dei procedimenti davanti alla Banca centrale europea e alla Commissione europea prima di esercitare qualsiasi potere speciale su operazioni che comportino cambi di controllo o acquisizioni rilevanti.

Una formula che recepisce le osservazioni comunitarie e chiarisce che le decisioni nazionali non possono sovrapporsi a quelle in materia di vigilanza prudenziale e concorrenza.

Perché Bruxelles aveva alzato il cartellino giallo

Le critiche europee erano arrivate nette. Secondo la Commissione, la normativa italiana rischiava di limitare la libera circolazione dei capitali e di interferire con competenze che i Trattati affidano in modo esclusivo alle istituzioni comunitarie.

Da qui l’avvio formale di una procedura preliminare d’infrazione, con una lettera inviata a Roma per chiedere chiarimenti e modifiche. Un segnale politico chiaro, che ha accelerato l’intervento del governo.

Il contesto: banche, fusioni e dossier sensibili

La revisione arriva in un momento tutt’altro che neutrale. Sullo sfondo restano le grandi operazioni bancarie che hanno animato il dibattito pubblico negli ultimi mesi e che hanno messo alla prova il confine tra interesse nazionale e regole europee.

In ambienti governativi si sottolinea che la norma ha carattere generale e non è costruita su misura per un singolo dossier. Tuttavia, la coincidenza temporale con alcune operazioni ad alto impatto ha reso il tema politicamente esplosivo.

Una linea di equilibrio tra sovranità e regole comuni

Il risultato è una mediazione complessa. Da un lato, lo Stato rafforza i propri strumenti di tutela introducendo la sicurezza economica come criterio esplicito. Dall’altro, accetta un vincolo temporale che riconosce il ruolo centrale delle istituzioni europee.

Una fonte governativa sintetizza così la filosofia dell’intervento: “Difendere gli interessi strategici resta una priorità, ma senza forzature che possano isolarci in Europa”.

Il golden power resta dunque un’arma a disposizione dell’esecutivo, ma con regole più chiare, più coordinate e – almeno nelle intenzioni – meno esposte a contenziosi.

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