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Giornata mondiale dell'Ambiente: piccoli gesti quotidiani, grandi responsabilità collettive

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Giornata mondiale dell'Ambiente: piccoli gesti quotidiani, grandi responsabilità collettive

Il 5 giugno si celebra in tutto il mondo la Giornata dell’Ambiente, un appuntamento istituito dalle Nazioni Unite nel 1972 e diventato negli anni un punto di riferimento globale per riflettere sullo stato del pianeta. Ma nel 2025 questa ricorrenza non è un’occasione simbolica né un appuntamento da calendario civile: è, sempre di più, un grido d’allarme. Il cambiamento climatico, il degrado ambientale, l’inquinamento e la perdita di biodiversità non sono scenari futuri ma cronaca quotidiana. E la domanda che si impone è la più semplice e radicale: cosa possiamo fare, adesso?

Giornata mondiale dell'Ambiente: piccoli gesti quotidiani, grandi responsabilità collettive

L’edizione di quest’anno è dedicata al ripristino del territorio, alla lotta alla desertificazione e alla resilienza contro la siccità. Temi che non riguardano soltanto i Paesi del Sud globale, ma sempre più da vicino anche le zone mediterranee, il Sud Europa e vaste aree dell’Italia. Una sfida che unisce dimensione geopolitica e responsabilità individuale, macro e micro.

Non è più questione di emergenza, ma di urgenza

Se fino a pochi anni fa la questione ambientale era percepita come una preoccupazione distante, oggi è diventata parte integrante della vita di ognuno. Le alluvioni che hanno colpito l’Emilia-Romagna nel 2023, le ondate di calore sempre più prolungate, i fiumi in secca e i campi bruciati dal sole non sono anomalie, ma il nuovo standard climatico.

Il concetto stesso di “crisi climatica” appare quasi superato: non si tratta di una crisi passeggera, ma di un cambiamento profondo e strutturale, che impone una riformulazione dei modelli economici, agricoli, urbani. E se la politica internazionale fatica a trovare accordi vincolanti, sono sempre di più le amministrazioni locali e i cittadini che cercano risposte pratiche e immediate.

Ogni gesto quotidiano ha un peso reale

Nel dibattito spesso polarizzato tra responsabilità sistemiche e scelte individuali, la verità sta nel mezzo. È vero che il cambiamento strutturale richiede azioni globali e riforme istituzionali. Ma è altrettanto vero che ogni comportamento quotidiano incide: dalla gestione dei rifiuti alla riduzione della plastica, dal risparmio energetico alla mobilità sostenibile.

Spegnere una luce, evitare l’uso dell’auto per brevi spostamenti, consumare meno carne, privilegiare prodotti locali e di stagione, utilizzare contenitori riutilizzabili: sono tutti gesti minimi, ma moltiplicati per milioni di persone, fanno la differenza. E soprattutto producono un cambiamento culturale che spinge le istituzioni ad agire.

La pressione dal basso – quella che parte dalle famiglie, dalle scuole, dalle associazioni – si rivela spesso più efficace dei grandi summit internazionali. È dal comportamento collettivo che nasce il consenso politico per le transizioni ecologiche.

La sfida educativa e il ruolo delle nuove generazioni

Uno degli aspetti più evidenti della Giornata dell’Ambiente è il protagonismo delle nuove generazioni. Dalle mobilitazioni globali di Fridays for Future ai progetti scolastici diffusi in tutto il Paese, i più giovani mostrano una consapevolezza ambientale che spesso manca ai decisori.

L’educazione ambientale, oggi più che mai, non è un accessorio del curriculum scolastico, ma un pilastro fondamentale. Comprendere l’impatto dell’attività umana sugli ecosistemi, sviluppare senso di responsabilità verso le risorse naturali, immaginare nuovi modelli di convivenza tra uomo e natura non è più facoltativo. È l’unica via.

Eppure, in Italia, i percorsi formativi in materia ambientale sono ancora frammentati e disomogenei. Serve una strategia nazionale, stabile, capillare. Serve che l’ambiente entri non solo nei programmi, ma nella pratica quotidiana della scuola.

Dalla difesa alla cura, un cambio di paradigma

Oggi l’ambiente non va più soltanto “difeso”. Deve essere curato. La differenza non è semantica, ma concettuale. La difesa presuppone un’aggressione, un nemico esterno. La cura, invece, implica un’assunzione di responsabilità, un rapporto continuo.

Prendersi cura del territorio significa rigenerarlo, rammendarlo, immaginarlo come qualcosa che non appartiene a nessuno in particolare ma riguarda tutti. Significa pensare alle città come organismi vivi, ai boschi come risorse strategiche, al paesaggio come bene comune.

E in questa prospettiva, anche l’Italia – con le sue fragilità idrogeologiche, le sue coste in pericolo, le sue riserve d’acqua compromesse – ha il dovere di essere laboratorio, non solo paziente.

La politica alla prova della coerenza


Il 5 giugno non può essere un giorno di retorica. Non può bastare un post sui social, una dichiarazione istituzionale, una campagna di sensibilizzazione. Serve coerenza. Serve che alle parole seguano i fatti: investimenti nella transizione ecologica, sostegno alle energie rinnovabili, revisione dei modelli agricoli, piani per le città verdi.

Troppo spesso l’ambiente viene sacrificato nel bilanciamento tra interessi economici, industriali, energetici. Ma la realtà climatica non negozia: o si cambia adesso, oppure le conseguenze non saranno più evitabili, ma solo gestibili.

La Giornata dell’Ambiente ci ricorda questo: non abbiamo più tempo. E proprio perché ogni gesto conta, ogni responsabilità è chiamata a rispondere.

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