La ‘boutique finanziaria’ per le Pmi è solida e macina risultati. Il Presidente e Ceo Massimo Gianolli fa il punto.
La ‘chicca’ della Collina dei Ciliegi’.
Generalfinance, ‘factor’ specializzato nella finanza alle Pmi e, in particolare, alle imprese ‘distressed’, è stata fondata nel 1982 da Armando Gianolli. Specializzata nel credito su misura alle imprese, è in grado di garantire interventi rapidi e personalizzati in base alle diverse esigenze delle imprese, sfruttando processi tecnici e organizzativi innovativi. I dati dei primi 9 mesi dell’anno sono eloquenti: Margine di intermediazione a 9,7 milioni di euro, (+20,3 % sullo stesso periodo 2018); Utile netto pari a 3,2 milioni (+45% sui primi 9 mesi del 2018); Roe annualizzato pari al 22% circa, il che testimonia l’elevata redditività del business model; Cet1 Ratio ‘proforma’ pari a 14,1%, rispetto al minimo regolamentare del 4,5%, a dimostrare la solidità patrimoniale del Gruppo.
Dott. Gianolli quali sono le caratteristiche essenziali del vostro ‘business model’ che determinano una crescita così pronunciata e solida?
Generalfinance è una boutique finanziaria specializzata nel mondo degli Utp e nelle imprese ‘distressed’. Questa specializzazione risale al 2006, in tempi non sospetti prima cioè della crisi iniziata nel secondo semestre 2008, poi il perdurare di una situazione complessa, sia sul fronte delle imprese che delle banche, ha determinato l’apertura di un mercato per noi molto importante.
I dati economici di Generalfinance al 30 settembre mostrano una crescita del turnover del 22,5% rispetto ai primi 9 mesi del 2018, attestandosi a quota 406,4 milioni di euro. Questa capacità di ‘execution’ del Piano industriale evidenziata nei primi nove mesi del 2019 le permette di confermare la ‘Guidance’ indicata a suo tempo al mercato sul raggiungimento del target di 1,2 miliardi di turnover fissato per il 2021, con la previsione oltre 13 milioni di utili?
Sì, i dati di chiusura di quest’anno, le previsioni per il prossimo e le attività in corso, lasciano presagire il mantenimento dei numeri del piano industriale, con possibili aree di miglioramento. Da sempre lavoriamo per rispettare e migliorare i piani triennali e queste previsioni di miglioramento, ovviamente, sono dettate dall’attuale situazione del mercato. Se ci dovessero essere, quindi, dei cambiamenti radicali nel 2020 o nel 2021, in questo momento non è dato saperlo. Attualmente i presupposti per un 2020 molto buono ci sono tutti.
Qual è, alla luce dei risultati dell’attività nei primi nove mesi del 2019 e di quello dopo tale data, l’andamento prevedibile della gestione? In particolare, con riferimento al 2019, prevede che saranno raggiunti gli obiettivi del business plan con riferimento al 2019, con un turnover superiore ai 600 milioni di euro e un utile netto annuo in area 4 milioni di euro?
Confermo questi obiettivi: il 2019 si chiude addirittura con qualche novità positiva e i numeri descritti, con un turnover superiore ai 600 milioni di euro ed un utile netto annuo di 4 milioni di euro, rispecchiano assolutamente la realtà, con qualche ulteriore margine di miglioramento.
Lei ha affermato che il Gruppo ha “significative possibilità di sviluppo in quanto il mercato di riferimento (Pmi ‘distressed’) è scarsamente presidiato da altri intermediari”, oltre al fatto che il Gruppo può contare su una “presenza concentrata e ben radicata nelle regioni italiane più ricche e dinamiche” e presenta una costante abilità nel generare profitti, con un Roe elevato negli ultimi 3 anni (Roe medio 2016-2018 pari al 23,2%). Quali sono a suo parere le prospettive a breve e medio termine del mercato italiano del factoring, che ha assunto un ruolo sempre più rilevante negli ultimi anni, registrando a fine 2018 un turnover complessivo pari a circa 240 miliardi di euro?
I 240 miliardi di euro registrati dal mercato del factoring italiano rappresentano un numero molto importante: il nostro Paese, infatti, è tra i primi tre Stati a livello mondiale con un turnover di questa entità e come numero di intermediari specializzati, ma occorre ricordare che questi miliardi sono dedicati alle grandi imprese e l’altra parte alle imprese in ‘bonis’. Se volessimo, quindi, spacchettare questo dato, possiamo dire che di questi 240 miliardi almeno 140 sono dedicati alle grandi imprese e 100 miliardi rimangono dedicati alla Pmi. Secondo i nostri calcioli e secondo la nostra visione, il mondo dei ‘distressed’ e degli Utp ha la necessità di circa 70 miliardi complessivi di turnover e, se ragioniamo su questi numeri, è evidente come Generalfinance rappresenti l’unico interlocutore specializzato in questa area ad avere questa peculiarità. L’organizzazione della nostra struttura è essenziale per un mercato così specifico ed inesplorato dalle dimensioni e potenzialità molto importanti. Il mercato del factoring riguardo le imprese in ‘bonis’ continuerà a crescere anche a causa delle difficoltà del sistema bancario e delle imprese; tuttavia questo segmento di mercato ha un trend di crescita inferiore rispetto all’andamento che stimiamo del mercato del factoring legato al settore Utp.
Generalfinance, come detto, è un ‘factor’ specializzato nella finanza alle Pmi e, in particolare, alle imprese ‘distressed’, dove gioca un ruolo riconosciuto di leadership (il 70% del business del Gruppo riguarda operazioni di factoring relative alle imprese formalmente in crisi, il 30% a quelle in ‘bonis’ con tensione finanziaria). Su quali dei due fronti vede la maggiore crescita del Gruppo nel futuro a medio termine?
La maggior crescita nel medio termine riguarderà senza dubbio il business legato al mondo degli Utp e delle imprese ‘distressed’.
Stimiamo che la crescita riguarderà soprattutto il 70% del business del Gruppo, piuttosto che il restante 30% e, per questo, ci concentreremo ulteriormente nel prossimo triennio su questa specificità.
Tornando ai dati di bilancio, Generalfinance presenta un’ottima qualità del credito, con un Npe ratio lordo pari al 2,4% e un Npe ratio netto all’1,6%. In sostanza, significa che la percentuale di crediti inesigibili su tutta la somma di crediti che il Gruppo vanta rispetto alla totalità dei suoi creditori è molto bassa. Cosa non frequente in realtà che presentano - come la vostra - una crescita a doppia cifra. Qual è il ‘segreto’ di crescere molto e mantenere la percentuale di crediti inesigibili così bassa? È per via dell’esclusivo sistema di ‘scoring’ e ‘rating’ di vostra proprietà?
La crescita costante è dovuta da un mix di fattori e sicuramente il sistema di ‘scoring’ e ‘rating’ rappresenta un elemento di essenziale importanza. Non dimentichiamo che quest’azienda nasce nel 1982 e che io la guido personalmente da 30 anni. L’esperienza del team e delle risorse umane, il sistema informativo proprietario e la capacità di muoversi e lavorare all’interno di un mondo apparentemente complesso, ma che al suo interno è più normato e definito, sono i nostri punti di forza. Sintetizzando, possiamo affermare che l’esperienza e l’organizzazione del team e il mondo legato alle procedure concorsuali sono le chiavi di svolta che ci permettono di mantenere alto il livello e continuare a migliorare le nostre performance.
Il bilancio al 30 settembre 2019 presenta un ‘Capital Buffer’ pari a circa 9,6 punti percentuali, un livello assai elevato. Su quali elementi strategici del vostro business intendete maggiormente utilizzare un tale ‘cuscinetto’ nei prossimi anni?
Questo ‘cuscinetto’ verrà indirizzato sicuramente nella crescita che riguarda l’ambito dei numeri già indicati nel piano industriale ed anche nella crescita dell’area nel settore Utp.
Generalfinance è operativa presso le due sedi di Milano e Biella con un team di oltre 50 professionisti. Recentemente avete acquisito tre nuovi manager di peso: Massimo Racca, già responsabile del credito anomalo in Banco Bpm, è il nuovo amministratore delegato di Ggh - Gruppo General Holding (si tratta della holding che detiene la maggioranza del capitale di Generalfinance); Stefano Biondini, prima responsabile dei sistemi Leasing e Factoring della Direzione Sistemi informativi di Intesa Sanpaolo, è ora alla direzione ‘Information Technology’ di Generalfinance; Ugo Colombo ha assunto il ruolo di Chief financial officer della società, dopo aver sviluppato una significativa esperienza di quasi 20 anni nel Gruppo bancario Credito Valtellinese. Cosa fanno presagire questi nuovi ingressi, che insieme agli altri già acquisiti configurano un vero e proprio ‘pieno’ di competenze?
Come già evidenziato precedentemente, l’esperienza e il valore del team sono fondamentali per la crescita della nostra azienda. Quando una struttura cresce da tanti anni e ha un piano industriale pari a 1,2 miliardi significa che, al proprio interno, ha delle figure manageriali esperte che fanno da guida ad un già validissimo staff.
L’inserimento nel team di Massimo Racca, per esempio, è dovuto proprio a questo: il Dott. Racca è un esperto del settore Utp e rispecchiava in pieno le caratteristiche che ci servivano.
Sempre in precedenza abbiamo evidenziato l’importanza che ricopre il sistema informativo e la creazione di una Generalfinance 4.0: abbiamo deciso di investire maggiormente in questo ambito e Stefano Biondini risponde esattamente a queste nostre esigenze. Infine, tenuto conto dell’accordo per lo sviluppo di una partnership strategica con Creval, nostro socio di minoranza e in vista di una futura probabile quotazione, non poteva mancare un inserimento mirato e fondamentale di una figura che avesse già ricoperto un ruolo di grande importanza nel settore: ecco perché ci siamo rivolti ad Ugo Colombo.
Se una squadra vuole giocare nella Coppa dei Campioni deve pensare di attrezzarsi ed essere pronta per affrontare sfide di questo calibro, e Generalfinance, con questi ultimi inserimenti all’interno dell’organico, è sicuramente all’altezza delle sfide che la attendono.
Tra queste la quotazione in Borsa, ipotizzabile tra il 2021 ed il 2022 nel segmento STAR. Prima di compiere questo grande passo, occorre ancora attrezzarci e programmare bene le sfide future.
Il mercato globale del factoring è cresciuto velocemente negli ultimi anni. In Italia la crescita è stata ulteriormente favorita dalle difficoltà nell’accesso al credito delle aziende italiane durante la Grande recessione e non è un caso che l’importanza del mercato italiano nel contesto di mercato europeo si sia affermata nel periodo 2009-2012, con un incremento del turnover superiore al 50%, in coerenza con la tipica anti-ciclicità del business. Il factoring, infatti, risponde ai fabbisogni di liquidità delle aziende dovuti ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, in aumento nelle fasi di crisi economica. Come cambierà il volto del factoring quando, prima o poi, anche in Italia arriverà una vera ripresa?
Io sono una persona ottimista di natura, ma purtroppo gli indicatori, per i prossimi anni, non sono confortanti da questo punto di vista.
Credo che questo periodo abbia comunque fatto bene alle aziende, alle grandi imprese e alle Pmi, perché ha permesso loro di scoprire il meraviglioso strumento del factoring.
In un momento di recessione, questo strumento ha saputo supportare e lenire le situazioni di crisi ma può essere utile anche in un momento di ripresa: poter contare, infatti, su degli interlocutori più snelli e veloci, con uno strumento così specifico e raffinato, conviene sempre.
Anche in un momento di ripartenza questo settore potrebbe mantenere un alto trend di crescita per le ragioni opposte per cui è stato chiamato in causa: la necessità, infatti, di avere ulteriore finanza dedicata al circolante, potrebbe vedere in questo strumento un alleato performante.
Faccia un salto in avanti di dieci anni: come immagina sarà Generalfinance?
Generalfinance sarà ancora più matura e strutturata e mi vedrà ancora presente. Quest’azienda, ormai, per me è come una figlia e prevedo una struttura ancor più specializzata ad hoc per le imprese. Il nostro obiettivo è di non spersonalizzare i rapporti tra i vari soggetti consulenti che si occupano delle imprese ma, anzi, di potenziare costantemente il rapporto diretto con le aziende, con le imprese e con gli stakeholder. Tale rapporto non verrà mai lasciato in balìa di algoritmi o piattaforme che creano solo distanze e divisioni tra le varie imprese e i soggetti interessati.
“La Collina dei Ciliegi”
E' una vera e propria ‘case history’ in tema di marketing e di comunicazione nel settore del vino italiano di eccellenza “La Collina dei Ciliegi”, l’azienda vitivinicola in Valpantena (a 17 Km da Verona) nata nel 2010 come start-up e guidata da Massimo Gianolli (imprenditore della finanza, Presidente e Ceo di Generalfinance). La“Collina dei Ciliegi” è espressione di una ‘brand identity’ che include ospitalità e turismo, ricerca e innovazione, unitamente alla rivalutazione socioeconomica in chiave sostenibile di un territorio altamente vocato: la Valpantena.
Gianolli, appassionato di vino, nel 2005 esordisce con una piccola produzione di uva destinata al primo Amarone nella tenuta di Erbin (Valpantena, zona Doc Valpolicella), da 50 anni di proprietà della famiglia. La “Collina dei Ciliegi” vanta 53 ettari, di cui 24 a vigneto, che diventeranno 32 entro la primavera 2020 (la totalità della superficie vitabile), 17 etichette suddivise in tre collezioni (Classica, Emporium e Riserve), 218 riconoscimenti internazionali tra concorsi e guide, 350.000 bottiglie prodotte e un fatturato complessivo di circa 2 milioni di euro nel 2018.
È questa l’istantanea de La Collina dei Ciliegi, una vera e propria case history in tema di marketing e di comunicazione nel settore del vino italiano. Con una quota export che pesa attorno al 50% del fatturato totale, il brand La Collina dei Ciliegi ha saputo imporsi sulle più importanti piazze internazionali conquistate, soprattutto, attraverso il canale ho.re.ca. (hotellerie, restaurant, catering/café).
Nella mappa dell’export dell’azienda, è l’Asia a fare da traino (quasi il 66% del valore delle esportazioni) con la Cina primo mercato estero di sbocco per “La Collina dei Ciliegi”, che in 5 anni ha registrato un incremento delle vendite in valore del 1000%. Un risultato unico ed eccezionale se inserito nella geografia delle esportazioni italiane di vino, reso possibile da campagne di comunicazione ispirate all’Italian style e a strategie di co-branding fortemente impattanti sul pubblico cinese.
Ed è nato il ‘Wine Retreat Ca’ del Moro’, la nuova proposta di ospitalità firmata “La Collina dei Ciliegi”, con 6 esclusive suite che portano nomi dei 4 grandi Rossi veronesi e dei vitigni del generoso ‘terroir’ di collina che circonda la bella Verona: Amarone, Valpolicella, Recioto, Ripasso, Garganega e Corvina.
E poi calcio e vino: le due grandi passioni degli italiani si intrecciano a San Siro, dove da 7 anni La Collina dei Ciliegi è presente nelle Skylounge Vip del primo anello rosso, gestite da Hospitality Milano in occasione delle partite di Inter e Milan.