Francia, ira degli imprenditori: “Troppe tasse, così si scappa”

- di: Marta Giannoni
 

Da LVMH a Michelin, il malcontento cresce. Il governo risponde, ma l’incertezza paralizza l’economia.
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Un malcontento che non si placa
In Francia, il clima tra gli imprenditori è sempre più teso. La politica fiscale del governo di François Bayrou, caratterizzata da un forte inasprimento delle imposte per le grandi imprese, sta suscitando un’ondata di proteste senza precedenti. La situazione è diventata incandescente dopo l’annuncio di una sovrattassa sulle aziende con un fatturato superiore ai tre miliardi di euro.
Questa misura, pensata per raccogliere circa otto miliardi di euro e tamponare il deficit pubblico, comporterà un aumento delle imposte fino al 40% per le aziende più grandi. Una decisione che, secondo molti industriali, rischia di minare la competitività della Francia e spingere le aziende a delocalizzare le loro attività all’estero.

Arnault: “La Francia è una doccia fredda”
Uno dei critici più feroci è Bernard Arnault, presidente e Ceo di LVMH, il colosso del lusso francese. Dopo essere stato presente alla cerimonia di investitura del presidente statunitense Donald Trump, Arnault ha rilasciato dichiarazioni allarmanti:
Rientro dagli Stati Uniti dove ho potuto osservare il vento di ottimismo che soffia sul Paese. Quando torni in Francia, è un po’ una doccia fredda”. 
Il riferimento è al confronto tra il modello fiscale americano e quello francese. Negli Stati Uniti, Trump ha promesso di mantenere l’imposta sulle società al 15%, mentre in Francia il carico fiscale per i grandi gruppi è destinato a salire sensibilmente.
Non a caso, Arnault ha ammesso di stare valutando un’espansione della sua produzione proprio negli Usa:
È incredibile spingere per la delocalizzazione, è l’ideale! È la tassazione del Made in France”. Un’affermazione che suona come un campanello d’allarme per l’intero settore industriale francese.

La replica del governo: “Uno sforzo necessario”
L’esecutivo, dal canto suo, difende le proprie scelte. La portavoce del governo, Sophie Primas, ha risposto direttamente alle accuse di Arnault, pur riconoscendo il disagio espresso dal mondo imprenditoriale: “Capisco la collera del patron di LVMH, ma ognuno deve prendere parte agli sforzi”.
Il governo insiste sul carattere temporaneo della misura, ma nel mondo economico si teme che l’aumento possa diventare strutturale, come è già accaduto in passato con altre imposte “eccezionali” che poi non sono mai state revocate.

Un malessere diffuso tra gli industriali
Il malcontento non si ferma a LVMH. Altri giganti dell’industria francese hanno espresso preoccupazione per il peso crescente della burocrazia e della tassazione.
Florent Menegaux, Ceo di Michelin, ha lanciato un duro attacco: “Se gestissi le spese come viene gestita la spesa pubblica francese, verrei licenziato rapidamente”.
Anche Patrick Pouyanné di TotalEnergies e Luc Rémont di EDF hanno denunciato l’eccesso di regolamentazione, sostenendo che la Francia sta diventando sempre meno attrattiva per gli investimenti. 
Il presidente del Medef, Patrick Martin, ha lamentato l’assenza di ascolto da parte della politica:
“Ho suonato il campanello d’allarme già ad agosto ma la classe politica non ha sentito nulla, nemmeno ascoltano”.

L’economia francese in difficoltà
I timori del mondo imprenditoriale trovano conferma nei dati economici. La Francia sta attraversando una fase di rallentamento:
Il Pil si è contratto dello 0,1% nell’ultimo trimestre.
I fallimenti aziendali sono ai massimi livelli dal periodo pre-Covid.
La disoccupazione, che sembrava stabilizzata, ha ripreso a crescere.

L’incertezza politica derivante dalla dissoluzione dell’Assemblée Nationale da parte di Emmanuel Macron nell’estate scorsa e le successive elezioni anticipate hanno lasciato il Paese diviso in tre blocchi parlamentari, rendendo più difficile l’approvazione di misure economiche coerenti e stabili.

Il rischio di una fuga di capitali
Se la situazione non cambierà, il rischio è quello di un esodo delle grandi aziende. Molti imprenditori stanno valutando di spostare parte delle loro attività all’estero per beneficiare di un contesto più favorevole. Gli Stati Uniti, con la promessa di una tassazione più leggera e un ambiente meno regolamentato, appaiono come una meta sempre più attraente.
Arnault non è il solo a considerare questa possibilità, e se altri grandi gruppi seguiranno il suo esempio, le conseguenze per l’economia francese potrebbero essere pesanti.

Serve un nuovo patto tra politica e imprese
L’escalation dello scontro tra governo e mondo imprenditoriale dimostra la necessità di un nuovo equilibrio tra esigenze fiscali e competitività. Se la Francia vuole evitare un’emorragia di capitali e posti di lavoro, sarà fondamentale avviare un dialogo costruttivo con le aziende e ripensare il modello economico per renderlo più attraente per gli investitori.
L’incertezza politica e la pressione fiscale stanno soffocando la fiducia nel sistema economico francese. La domanda che resta aperta è: il governo Bayrou riuscirà a trovare una soluzione prima che le grandi aziende decidano di voltare definitivamente le spalle alla Francia?


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