Fmi conferma stima crescita Italia 2024 a 0,7%, alza 2025 a 0,9%

- di: Barbara Bizzarri
 
Il Fondo Monetario Internazionale aggiorna le stime di crescita globali, confermando per l’Italia una progressione dello 0,7% quest’anno, sotto l’1% indicato come obiettivo alla portata recentemente dal ministro Giorgetti, ma tuttavia rafforzandola di 0,2 punti al +0,9% per il prossimo anno. Uno scenario in livellamento ma con alcuni campanelli d’allarme che riguardano in particolare gli Stati Uniti a causa del rischio di guerre commerciali e conti pubblici in disordine.

Fmi conferma stima crescita Italia 2024 a 0,7%, alza 2025 a 0,9%

Sull'economia dell'intero pianeta la previsione di crescita di quest'anno è stata confermata al 3,2%, mentre quella del 2025 è stata alzata di un decimale di punto al 3,3%. Per l'insieme dell'area euro il Fmi ha invece ritoccato al rialzo di un decimale di punto la previsione di crescita 2024, allo 0,9%, e confermato quella sul 2025 all'1,5%. Per la Germania le previsioni sono invariate a un 0,2% di crescita quest'anno e a un 1,3% il prossimo; per la Francia la stima sul 2024 è stata alzata di 0,2 punti allo 0,9% e quella sul 2025 tagliata di 0,1 punti all'1,3%. Infine per la Spagna, che tra le grandi economie dell'area euro era già quella con i tassi di espansione previsti più elevati, il Fmi ha alzato di ben 0,5 punti la previsione di crescita 2024 al 2,4% e confermato quella sul 2025 al 2,1%. La Germania è il paese con la crescita prevista più contenuta su quest'anno, l'Italia sul prossimo. Per l'economia degli Stati Uniti le attese dell'istituzione di Washington sono state limate di 0,1 punti su quest'anno, al 2,6% di crescita, e confermate all'1,9% sul 2025. Il Fmi ha poi operato consistenti revisioni a rialzo sulle previsioni di crescita della Cina, 0,4 punti percentuali in più sia sul 2025, ora indicata al 5%, che sul 2025, al 4,5%. Il Paese con la crescita più elevata tra le grandi economie globali resta l'India, con un 7% atteso quest'anno (alzata di 0,2 punti) e un 6,5% il prossimo, dato confermato.

Sull'economia dell'intero pianeta la previsione di crescita di quest'anno è stata confermata al 3,2%, mentre quella del 2025 è stata alzata di un decimale di punto al 3,3%. Per l'insieme dell'area euro il Fmi ha invece ritoccato al rialzo di un decimale di punto la previsione di crescita 2024, allo 0,9%, e confermato quella sul 2025 all'1,5%.

Le economie emergenti dell’Asia si confermano un autentico propulsore, con la crescita di Cina e India che viene rivista al rialzo e genera quasi metà del movimento globale. In ogni caso, Pechino è su una via di stabilizzazione che vede la crescita attorno al 3,3%, ben sotto i livelli attuali (ad oggi siamo a +5 e +4,5% previsti per quest’anno e il prossimo, in miglioramento di 0,4 punti).

Un possibile rischio sullo scenario, che resta bilanciato seppur con alcune criticità, riguarda il percorso di riduzione dell’inflazione. Nel breve termine si parla innanzitutto di “rischi di rialzo dell'inflazione derivanti dalla mancanza di progressi nella disinflazione dei servizi e le pressioni sui prezzi derivanti da nuove tensioni commerciali o geopolitiche”. La dinamica dei salari, in particolare, pesa sui servizi per l’incidenza della manodopera tra le voci di costo. Inoltre, “l'escalation delle tensioni commerciali potrebbe ulteriormente aumentare i rischi a breve termine per l'inflazione, aumentando il costo dei beni importati lungo la catena di approvvigionamento”: come in aprile, la stima dei prezzi è al +5,9% per quest’anno.

Se i prezzi lasciano ancora aperta qualche incertezza, il Fmi afferma che “le sfide fiscali devono essere affrontate in modo più diretto. Il deterioramento delle finanze pubbliche ha reso molti Paesi più vulnerabili di quanto previsto prima della pandemia”. I governi devono “ricostruire gradualmente e in modo credibile” i loro spazi di bilancio, “pur continuando a proteggere i più vulnerabili”: si tratta di una “priorità fondamentale” che riporta alla scrittura della manovra italiana, piena di promesse da mantenere ma anche di aspettative dalla Ue a causa del deficit. “In questo modo si libereranno risorse per affrontare emergenze quali la transizione climatica o la sicurezza nazionale ed energetica e, soprattutto, riserve più forti forniscono le risorse fiscali necessarie per affrontare shock inattesi”. Nonostante tutto, “si sta facendo troppo poco, amplificando l'incertezza della politica economica. I consolidamenti fiscali previsti sono largamente insufficienti in troppi Paesi”. A far paura, però, è che “un paese come gli Stati Uniti, in piena occupazione, mantenga una posizione fiscale che spinge il rapporto debito/PIL sempre più in alto, con rischi sia per l'economia interna che per quella globale”.

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