Ferrari, Jane Reeve: "Empatia e affinità col brand rendono il lavoro migliore"

- di: Redazione
 
La comunicazione che cambia volto e pelle sempre più veloce- mente, le regole d’oro da rispettare, le scelte e le strategie di un brand globale e apprezzatissimo in tutto il mondo come è quello del Cavallino Rampante. Intervista con Jane Reeve, Chief Commu- nication Officer di Ferrari.

Dottoressa Reeve, lei gode di grande reputation, capace di cogliere al meglio ogni evoluzione del settore. Quali sono oggi le doti essenziali, le competenze, le sensibilità che un comunicatore deve assolutamente avere? Quali sono le ‘regole d’oro’ di base per una comunicazione di successo? E, da questo punto di vista, cosa è cambiato rispetto ad esempio a 10 anni fa?

Direi che l’unica caratteristica che rimane immutata negli anni è la CURIOSITA’, un must nel settore della comunicazione. Siamo tutti soggetti agli effetti delle macro-tendenze, dei cambiamen- ti ambientali, di diverse abitudini e atteggiamenti sia nella sfera personale che professionale. Tutti questi fenomeni influenzano il modo in cui reagiamo alla comunicazione oltre che il modo in cui desideriamo riceverla. Aggiungendo all’equazione il com- portamento delle ultime generazioni, il risultato è la necessità di adattarsi e di evolvere costantemente il modo di comunicare. Le giovani generazioni entrano in sintonia con messaggi brevi, fre- quenti e personalmente rilevanti, rispetto a un passato in cui un dato target sarebbe stato molto più paziente e tollerante verso formati più lunghi e generalistici. Ovviamente il mondo digitale ha rivoluzionato il modo in cui comunichiamo, cosa comunichia- mo e dove. E la recente pandemia ha notevolmente accelerato questo processo.

Quando, nel 2019, lei arrivò al Cavallino Rampante la sua nomina a capo della comunicazione di Maranello faceva presagire un cambio di focus piuttosto netto: dall’automo- tive come centro esclusivo al mondo dei super brand del lusso. Era ed è questa la sua mission in Ferrari? Quanto ha a che fare tutto ciò con il ‘Brand Purpose’ di cui oggi tanto si parla?
Le credenziali della Ferrari, un brand che per due volte è stato nominato il più forte al mondo, sono state confermate ben prima del mio arrivo. Il mio è un ruolo di catalizzatore per promuovere ciò che è profondamente insito nella Casa: un’affinità, un senso di appartenenza, un’emozione che va ben oltre il semplice acquisto di una vettura. In effetti, il nostro programma di diversificazione del marchio, che si inoltra in nuove aree come l’entertainment e la moda, è credibile proprio perché costruito sui valori che sono sempre stati alla base dell’esistenza di Ferrari. Il nostro scopo come marchio include anche piani molto concreti e un impegno nei confronti delle nostre responsabilità aziendali e sociali, che hanno fatto parte del nostro DNA molto prima che le tematiche ESG diventassero sempre più pertinenti nei business di oggi.

La comunicazione è diventata globalizzata e Ferrari è un brand internazionale. Come si muove, in termini di stra- tegia, un capo della comunicazione come lei che deve con- frontarsi con persone, Paesi e culture diversi? E quanto è difficile vigilare su un brand globale e apprezzatissimo in tutto il mondo come Ferrari?

La coerenza è il collante che tiene tutto insieme. Coerenza nei valori che hanno fondato l’azienda sin dal suo inizio, coerenza nel tono di voce e nel linguaggio, coerenza nell’eccellenza e nell’in- novazione - anche nella comunicazione. Ma sia chiaro: coerenza non significa stare fermi. In effetti, gestire la comunicazione a livello globale significa creare le premesse per la coerenza ma consentire allo stesso tempo la possibilità di una sua espressione locale. Le diverse aree geografiche dovrebbero avere spazio per interpretare le piattaforme di comunicazione, ma mantenendo comunque la riconoscibilità del marchio. Per un brand globale come Ferrari questo significa essere rigorosi nel fornire attenzio- ne e guida centrale per garantire che tutti lavorino nella stessa direzione.

Nei corsi universitari di comunicazione aziendale si inse- gna che, dal punto di vista comunicativo, oggi ‘al centro non ci sono più le aziende ma il pubblico, i brand vengono scelti, non scelgono’. È d’accordo con questa affermazio- ne sia in generale che nel caso specifico di un brand come Ferrari?

Senza dubbio. Oggi ancor più che in passato. I nostri clienti oggi non vogliono solo sapere cosa produciamo, ma come ci compor- tiamo come azienda: come vengono trattati i dipendenti? Abbia- mo un approccio accettabile per la sostenibilità del futuro? La diversità e l’inclusione sono parte delle nostre pratiche lavorati- ve? Oggi spetta alle aziende l’onere di guadagnare la fedeltà dei clienti, senza darlo mai per scontato.

Un comunicatore deve essere sempre razionale nelle sue scelte, da cui possono dipendere le sorti del marchio per cui lavora. E però è inevitabile che, soprattutto nel caso di Ferrari, si crei un legame emozionale con il brand che si è chiamati a diffondere e a difendere. Quanto è forte il suo legame emozionale con il Cavallino Rampante e considera questo legame più un’opportunità o più un limite?
Un professionista può svolgere la sua attività anche se non c’è una naturale affinità con il brand per cui lavora. Senza dubbio un’em- patia e una forte affinità renderanno il lavoro ancora migliore. Tutti in Ferrari, me compresa, sono orgogliosi di far parte di quel- la che spesso, da molti, viene chiamata una famiglia: dipendenti, partner e clienti. L’energia positiva creata da questo rapporto è una parte fondamentale del successo della Società.

Durante la pandemia anche nella comunicazione si è assi- stito a una forte virata digitale. Cosa ha insegnato questa esperienza in termini di comunicazione? E la virata digitale quali segni lascerà nel post-pandemia?
La pandemia è servita ad accelerare un fenomeno già evidente. L’utilizzo della comunicazione digitale, continuamente accentuata dall’immancabile cellulare, ci ha portato a concentrarci sul modo migliore in cui creare contenuti di spicco che elevino il nostro mar- chio e raggiungano i nostri diversi target nel modo giusto e al momento giusto. Le possibilità si sono moltiplicate ma, allo stesso tempo, bisogna saper fare delle scelte e valutare delle priorità. Per noi, tuttavia, il digitale non ha sostituito la necessità di comunicare da persona a persona in un ambiente fisico. Un rapporto intimo e personale è al centro del modo di condurre il nostro business, quin- di in futuro immagino uno scenario ibrido in cui la presenza fisica venga amplificata e approfondita da un supporto di comunicazio- ne digitale, per essere così trasformata in una forma di espressione più forte, più perspicace e sempre più rilevante per il target.

Lei ha affermato: “L’evento è solo il punto di partenza di una più articolata strategia di amplificazione della con- versazione con il pubblico pre e post evento, e un brand sinonimo di emozione e passione come Ferrari impone di coinvolgere emotivamente il target anche in una di- mensione virtuale. I contenuti audiovisivi sono un driver fondamentale per vincere questa sfida...”. Alla luce di ciò, quale è la sua strategia comunicativa in termini di audiovisivi?
La comunicazione video non è mai stata così trainante. Se un’immagine vale più di mille parole, quanto può essere po- tente un video? La tecnologia sta nuovamente accelerando il potenziale del mezzo, in particolare quando si prende in consi- derazione il 3D sia per i media visivi che per quelli audio. Oggi un pubblico si aspetta di essere attratto emotivamente da ciò che vede o sente, una filosofia che fa parte della Ferrari e del suo potere come marchio. Continueremo a esplorare e spe- rimentare tutte le forme di comunicazione che ci aiutano in questa nostra ricerca. 

Viene affermato che una delle doti che si richiedono al co- municatore di oggi è sapere costruire, padroneggiare, in funzione di obiettivi prestabiliti, lo storytelling. Ma quan- to è veramente importante il ‘racconto’ in termini di effi- cacia comunicativa?
È essenziale. È possibile conoscere, capire, creare una relazione forte con qualcuno solo parlando, discutendo, scoprendo valori comuni. I marchi e i loro clienti non sono poi così diversi se l’o- biettivo è creare un rapporto significativo e duraturo col tempo.

Lei è arrivata in Ferrari con alle spalle un curriculum ec- cellente, pieno di esperienze internazionali di alto livello. Quale di queste le è risultata più utile nel suo lavoro in Ferrari? E perché?

Tutte le mie esperienze professionali si sono rivelate dei solidi pas- si verso il mio ruolo attuale in Ferrari. A prevalere su tutti è la mia nazionalità inglese abbinata alla mia permanenza in Italia per più di 25 anni. La mia esperienza globale supporta una forte consape- volezza di cosa significhi essere italiana: entrambi gli aspetti sono importanti quando si lavora in Ferrari.

Per concludere, una domanda e due curiosità. La domanda: alla luce di tutto quanto detto, lei considera la comunica- zione più un’arte o più una scienza? Le curiosità: cosa fa nel tempo libero, anche se certamente non ne avrà molto? Direi che la comunicazione non è né un’arte né una scienza: è entrambe le cose. Combina il razionale con l’irrazionale, il cervello destro con il cervello sinistro. La sfida è trovare il giusto equilibrio.

Sport, teatro, viaggi, buona tavola sono tutti nella mia lista per il tempo libero. Vivendo in Italia e con il poco tempo a disposizione riesco comunque a soddisfarli tutti bene.
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