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Ferragni in Tribunale a Milano per l’udienza sul caso truffa

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Ferragni in Tribunale a Milano per l’udienza sul caso truffa

È entrata con passo deciso nel palazzo di giustizia di Milano, cappotto scuro e volto concentrato, Chiara Ferragni, per la seconda udienza pre-dibattimentale del processo che la vede imputata per truffa aggravata. In aula, davanti al giudice Ilio Mannucci Pacini, ha scelto il rito abbreviato, il percorso rapido che si celebra sugli atti d’indagine, senza dibattimento, e che — in caso di condanna — prevede uno sconto di pena.

Ferragni in Tribunale a Milano per l’udienza sul caso truffa

L’udienza, in corso nella terza sezione penale, si tiene a porte chiuse. Si discute delle costituzioni di parte civile e, soprattutto, della strategia processuale. L’imprenditrice digitale è assistita dagli avvocati Giuseppe Iannaccone e Marcello Bana, che da settimane lavorano a una linea difensiva costruita sulla trasparenza: «Chiara vuole affrontare il processo con serenità — spiegano fonti vicine alla difesa — e chiarire punto per punto le accuse».

L’accusa: truffa aggravata per campagne solidali
Al centro del procedimento, due operazioni commerciali diventate un caso mediatico: il pandoro “Pink Christmas” e le uova di Pasqua Ferragni-Dolci Preziosi. Secondo la Procura di Milano, che contesta il reato di truffa aggravata ai danni dei consumatori, la comunicazione pubblica avrebbe fatto credere che una parte dei ricavi di vendita fosse destinata alla beneficenza, mentre — secondo i pm — la donazione alle associazioni benefiche era fissa e indipendente dal numero di prodotti venduti.

L’inchiesta nasce dalle verifiche dell’Antitrust, che nel 2023 aveva già sanzionato le società coinvolte per pratica commerciale scorretta. Da allora il fascicolo è approdato in procura, dove è stato approfondito il ruolo diretto della Ferragni nella pianificazione e nella promozione delle campagne.

Ferragni si dichiara innocente
Da parte sua, l’imprenditrice ha sempre respinto ogni accusa. In più occasioni ha ribadito di non aver mai voluto ingannare il pubblico e di aver agito in buona fede. «La beneficenza c’è stata e nessuno è stato tratto in inganno», aveva spiegato in una nota dopo la chiusura delle indagini.

La scelta del rito abbreviato — fanno notare ambienti giudiziari — non è una mossa difensiva di resa, ma un modo per evitare un processo lungo e mediaticamente pesante. Un segnale di fiducia nella magistratura e nella possibilità di una rapida definizione della vicenda.

Un caso simbolo dell’economia dell’immagine
Il “caso Ferragni” ha superato da tempo i confini della cronaca giudiziaria. È diventato un simbolo della fragilità dell’influencer economy, dove il confine tra comunicazione commerciale e solidarietà sociale è spesso labile.
L’inchiesta ha sollevato un interrogativo che va oltre la persona: quanto può essere trasparente un’operazione benefica condotta attraverso il marketing digitale?

Per molti osservatori, la vicenda segna un punto di svolta. «D’ora in avanti — commentano gli esperti di diritto dei consumatori — sarà necessario dichiarare con chiarezza quanto, come e quando una parte dei ricavi viene effettivamente devoluta. Il caso Ferragni farà scuola».

Un processo seguito dal Paese reale
In aula si avverte la tensione, ma non il clamore. Nessuna dichiarazione pubblica, nessuna passerella. Solo i cronisti accreditati e i legali, in un silenzio che restituisce la gravità del momento.
Chiara Ferragni ascolta, prende appunti, parla con i suoi avvocati. La sua presenza, discreta ma decisa, sembra voler dire: ci sono, affronto tutto.

Fuori, intanto, i riflettori restano accesi. Ogni sviluppo del processo viene commentato sui social, dove la figura dell’imprenditrice è diventata — da simbolo del successo digitale — oggetto di un dibattito nazionale sulla credibilità e la responsabilità delle celebrità online.

Le prossime tappe: sentenza a gennaio

Il giudice Mannucci Pacini deciderà nelle prossime settimane sull’ammissione delle parti civili e fisserà il calendario per la sentenza, attesa entro gennaio 2026.
Il rito abbreviato consente tempi più rapidi, ma non elimina la complessità di un processo che intreccia diritto penale, diritto commerciale e immagine pubblica.

Per la Procura, la prova chiave resta la comunicazione al pubblico, i testi promozionali e le modalità di diffusione del messaggio benefico. La difesa, invece, punta a dimostrare che nessun vantaggio illecito è stato ottenuto e che la campagna è stata «corretta, coerente e già verificata dalle autorità competenti».

La strategia del silenzio e l’attesa
Da settimane l’imprenditrice mantiene il silenzio pubblico. Nessuna dichiarazione, nessun post sul tema. Solo lavoro, famiglia, e un profilo basso in attesa dell’esito giudiziario. Una strategia consigliata dai legali, ma che segna anche un cambio di passo nella gestione della sua immagine: meno esposizione, più cautela.

L’udienza prosegue. Il Tribunale deciderà se ammettere le parti civili e confermare il rito abbreviato. Poi la parola passerà al giudice per la sentenza, attesa tra fine dicembre e gennaio.

Intanto, la Ferragni resta al suo posto. In silenzio. Convinta che, alla fine, “a parlare saranno i fatti”.

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