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Verso le europee: la deriva di ultradestra della Lega cancella il pensiero di Umberto Bossi

- di: Redazione
 
Verso le europee: la deriva di ultradestra della Lega cancella il pensiero di Umberto Bossi
Sembrano passati secoli da quando Umberto Bossi rivendicava la radice anti-fascista della Lega.
Lo faceva con i toni che gli erano congeniali (come quando, nel 2008, per vantare di avere anche lui le sue legioni, disse alla sinistra che poteva schierare ''300 mila uomini, sempre a disposizione''), mischiando il giusto delle ideologie che non amava (lui, che politicamente, era nato comunista prima di essere baciato dall'illuminazione indipendentista e padana) per coniarne una sua. Originale, ma spesso piegata alle necessità politiche del momento, come confermato dall'irrequieto rapporto con Silvio Berlusconi.

Verso le europee: la deriva di ultradestra della Lega cancella il pensiero di Umberto Bossi

Ma, in fondo, Umberto Bossi, quello che qualcuno a lui molto vicino ha sempre definito come uno che in vita sua non aveva mai avuto la ''disavventura'' di incontrare il lavoro, ha visto il suo cuore sempre battere a sinistra.
La ''sua'' sinistra, ma comunque quella.

Oggi l'Umberto è un leone che è invecchiato male, perché il suo fisico da tempo non sta al passo con il suo cervello. Quindi, anche se ci sono ancora occasioni per conoscere il suo pensiero, di lui mancano le sottolineature, scandite con il suo vocione e la forte cadenza dialettale, ai più ostica. Però le sue idee restano ed è difficile sovrapporle a quella della Lega degli ultimi dieci-undici anni, a quella che Matteo Salvini ha traghettato in luoghi delle spirito lontanissimi dall'afflato indipendentista del Senatur.
E non solo lontani dal sogno di una Padania libera e indipendente, perché la Lega odierna è intrisa di messaggi diversi e inquietanti, in cui prevale una deriva che sfiora, fino a superarlo, il confine tra ragionevolezza e provocazione.

Affidare oggi il compito di rappresentare l'aspetto muscolare della Lega al generale Roberto Vannacci - le cui idee e le cui esternazioni non ci interessano più di tanto, almeno sino a quando non offendono e discriminano - significa fare una scelta di campo precisa; significa cercare di attingere a quel serbatoio di voti, sebbene residuale, che vuole uno Stato forte anche rischiando di essere discriminatorio. Uno Stato dove non c'è confronto, ma imposizione.
Quando ci riferiamo al ''modello Vannacci'' parliamo di un approccio ai problemi sociali che pensavamo essere ormai cancellato dall'evoluzione del pensiero comune, inteso come quello della maggioranza che vince per la legge dei numeri. Ma questo deve essere oggetto degli studiosi del linguaggio, non nostro, che ci limitiamo a formulare una domanda, una sola, per cercare di capire come la pensino i leghisti di conio vecchio.

Qual è la vera Lega?
Quella del generale Roberto Vannacci che cita la Decima Mas (pur se getta fumo negli occhi dicendo che si riferisce a quella ante 8 settembre, quella degli incursori eroi, e non all'altra dei tagliagole al servizio dei nazisti) o quella di Luca Zaia, che del suo essere profondamente e convintamente antifascista ha fatto una bandiera, tanto da celebrare il 25 aprile, cosa che altri leghisti non fanno?
E la Lega non di destra estrema accetterà d'essere rappresentata in Europa da un Vannacci, le cui idee sugli omosessuali sono state rigettate persino da Jordan Bardella, candidato di punta, in Francia, del Rassemblement national di Marine Le Pen?

Quale che sia il risultato delle europee, la Lega del dopo non sarà più la stessa e se il suo volto ''spendibile'' sarà quello del generale Vannacci è probabile che qualcuno si chieda, per rispetto delle sue antiche idee, se abbia un senso farne ancora parte.
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