Energia: la stella splendente dell'Eni si appanna

- di: Redazione
 
L'italiano medio ama vivere, si sa, di certezze: la mamma, la televisione, la Nazionale di calcio, il telefonino (ma in tempi più recenti).
Un'altra delle certezze è (ma ora bisogna riflette sul tempo: presente o imperfetto?) l'Eni, l'azienda energetica, gigante del settore in Italia e da sempre considerata come un irrinunciabile pilastro della nostra economia, ma anche della finanza, verso cui nutrire sempre e comunque fiducia.

Ma da qualche tempo - forse sarebbe il caso di dire da un tempo che comincia ad essere preoccupante - le certezze sull'Eni stanno perdendo di forza, e non solo per quell'alea che sembra circondare le sue ultime attività, che appaiono caratterizzate da una presunzione di onnipotenza che però continua a sfumare col passare degli anni.
Ma, in un campo delicato come quello che riguarda i giganti economici (e guai a non considerarla tale), l'Eni comincia ad essere in crisi di credibilità da parte degli investitori che, se prima puntavano sempre su di lei, come fosse un titolo sicuro e ad alta redditività, ora cominciano a mostrare dei dubbi, probabilmente legati non all'attività dell'azienda, quanto all'immagine che essa dà di sé.

Prova ne è che, nella seduta borsistica di ieri, già difficile di suo, il titolo Eni è stato letteralmente travolto da un fiume di vendite. Un dato di fatto superiore alla performance generale negativa del Ftse Mib, ma anche di molte altre blue chips.
Il titolo, quindi, sembra avere imboccato un sentiero molto pericoloso, che ha già registrato un consistente arretramento, che lo ha portato alle quotazioni di inizio marzo. Un segnale che definire preoccupante è riduttivo e che mette sotto il vetrino degli investitori le politiche del gigante energetico e del suo immarcescibile management, che
negli ultimi anni non è che brilli per grandi intuizioni o idee degne di lode.

Ma i segnali che arrivano dalla Borsa - perdere per tre sedute di fila dovrebbe pure fare riflettere - non sembrano scuotere la granitica certezza che i piani alti dell'Eni hanno riguardo alle loro politiche che danno l'impressione di non rendersi conto di quanto velocemente stia cambiando il mondo, a cominciare dal settore energetico, di cui gli eredi di Enrico Mattei dovrebbero pure capire qualcosa. Non molto o tutto, ma qualcosa sì...
Al di là della pesante giornata del Ftse Mib, il titolo Eni è andato malissimo di suo, subendo i contraccolpi dei forti volumi di scambio, che hanno riguardato 30 milioni di azioni, contro una media, negli ultimi trenta giorni, di 14 milioni.

Le perturbazioni di Borsa hanno il loro peso, ma quello che dà da pensare è che l'Eni sembra non mostrare segnali di vera apprensione per la crisi petrolifera, che la colpisce al centro del suo core business, senza che questo dia molte preoccupazioni.

Se la quotazione del petrolio torna ad avvicinarsi pericolosamente alla soglia dei 39 dollari al barile, con un crollo del 5 per cento rispetto alla precedente quotazione, ci sarebbe da essere preoccupati. Ma Eni di questa preoccupazione non sembra soffrire, e continua ad andare avanti per la sua strada, lungo la quale lascia perdite ingentissime sulle quali, prima o poi, qualcuno dovrà fare delle riflessioni.
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