Elezioni 2022 - Centrodestra: tre leader, tre stili diversi di comunicare

- di: Diego Minuti
 
Continenza è una parola, ma insieme un concetto, una via da seguire, sempre che si abbia a cuore il rispetto verso gli altri, soprattutto in politica, quando alla gente interessa la realtà, fatti concreti e non un profluvio di promesse, ipotesi, utopie.
Questa campagna in vista delle elezioni 2022 sembra spaccata a metà, non tanto sul versante della politica, quanto su quello della comunicazione che, dal centro-sinistra sembra non essere ancora pervenuta perché ben altri sono i problemi, dopo che Carlo Calenda, non riconoscendosi più nell'accordo raggiunto con Enrico Letta, lo ha spezzato, lasciando il segretario Dem in evidenti difficoltà, anche all'interno del suo partito che, sebbene irritato dalla decisione del leader di Azione, cerca di metabolizzare la logica delle alleanze che si ha poi portato al ''tradimento''.

Il centrodestra si avvicina alle elezioni 2022 e le tre figure principali lo fanno in maniera diversa

Se il centro-sinistra oggi paga pesantemente le scelte e le speranze di Letta (se veramente si cerca di battere la destra, ha avuto un senso creare le condizioni perché il duo Bonelli-Fratoianni mettesse Calenda nelle condizioni di dovere sbattere la porta?) , sul fronte avverso le cose sembrano andare decisamente meglio.
Almeno sino a quando Matteo Salvini non apre la bocca per farne uscire promesse che, per essere onorate, costerebbero una marea di miliardi alle casse dello Stato.
La ''cortese richiesta'' agli alleati fatta da Giorgia Meloni affinché non si esageri con le promesse sembra essere caduta nel vuoto, segnando, semmai ce ne fosse stato bisogno, le differenze che marcano le strategie di comunicazione dei tre leader del centro-destra, che mai come oggi marcano un diverso approccio alla comunicazione politica.

Matteo Salvini parla, sempre, comunque, indipendentemente dal cotesto e della collocazione geografica, montando in sella ai suoi cavalli di battaglia, dalla lotta all'immigrazione clandestina alla politica fiscale. Niente di nuovo, perché si tratta dei soliti argomenti, cosa alla quale Salvini potrebbe rispondere che sono problemi irrisolti e quindi non scadono. Ma è la reiterazione delle frasi, dei gesti, degli ammiccamenti che è, insieme, la forza di Salvini, ma anche l'elemento frenante, perché può dare l'impressione che sono i soli argomenti che lo interessano.

Se ti concentri solo sulle tasse tocchi un tasto sensibile, ma non è il solo, anche perché Fisco significa Stato, significa il denaro necessario per fare camminare la complessa e costosa macchina della Amministrazione e delle sue articolazioni. Dire che la rottamazione delle cartelle di Equitalia è un obiettivo, significa mettere in dubbio l'essenza stessa della politica fiscale, che invece avrebbe bisogno di una riforma radicale e non di mettere all'indice chi si limita a farne rispettare le regole. Un argomento che, da sempre presente nelle intemerate del ''capitano'', sparisce quando la Lega va al governo.
L'irrefrenabile voglia di parlare di Salvini rischia però di tradursi, a lungo andare, in un handicap quando, magari dal 27 settembre, si dovrà sedere intorno ad un tavolo e magari battere i pugni per dare forza alle sue promesse in libertà.

E non è che Silvio Berlusconi sia da meno, solo che la strategia di comunicazione del presidente di Forza Italia sembra essere ancorata ai cliché di trent'anni fa, quando bastava apparire in televisione, in determinate fasce orarie (scrupolosamente studiate a tavolino) per accaparrarsi il voto di donne, pensionati, degenti, fedeli...
Fu il trionfo delle tecniche di Publitalia applicate alla comunicazione politica.
Ma oggi ha un senso replicarle pedissequamente? Quando fa le sue apparizioni in video il Berlusconi 2022 perde, come è normale che sia, clamorosamente il confronto con l'originale. L'odierno Berlusconi sembra ormai l'uomo del mattone, non ricordando il suo passato di immobiliarista, ma per l'innaturale colore arancione che ha sul viso (non sappiamo se per effetto di filtri o solo di qualche mano di troppo di cerone) e che, piuttosto che sottolineare la saggezza come conseguenza dell'accumularsi degli anni, ne danno un'immagine irreale, quasi un ologramma che, a dispetto di quello che vorrebbe rappresentare, rimanda ad un uomo di 85 e passa anni. Punto e basta.

Chi gioca di rimessa, perché se lo può permettere, è Giorgia Meloni che sta centellinando moltissimo le sue uscite, rispondendo anche con prudenza alle tante domande che le vengono poste e che potrebbero tramutarsi in piccoli autogol. Ma il rischio sembra minimo perché, sebbene incalzata, le sole cose che Meloni dice sono nei confini della ragionevolezza, anche se con qualche inciampo. Come il caso del blocco navale davanti alle coste dei porti da cui partono le imbarcazioni di migranti. Cosa di grande effetto da dire, ma che dovrebbe essere spiegata bene, perché è difficile pensare che la Tunisia accetti di vedere il proprio mare sigillato da navi straniere e che la Libia, d'incanto, trovi un governo credibile che possa dialogare con l'Europa.
Comunque Giorgia Meloni va avanti per la sua strada e non risponde nemmeno a chi le riferisce le parole di Salvini che si candida continuamente a Palazzo Chigi (pur accontentandosi del Viminale...).
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